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L’obbligazione risarcitoria affonda le sue radici nella verifica della sostanziale spettanza del bene della vita ed implica un giudizio prognostico in relazione al se, a seguito del corretto agire dell’amministrazione, il bene della vita sarebbe effettivamente o probabilmente (cioè secondo il canone del “più probabile che non”) spettato al titolare dell’interesse. Cosicché, ove il giudizio si concluda con la valutazione della sua spettanza, certa o probabile, il danno, in presenza degli altri elementi costitutivi dell’illecito, può essere risarcito, rispettivamente, per intero o sotto forma di perdita di chance.

La positivizzazione dell’istituto della responsabilità per c.d. danno da ritardo, come evidenziato, è avvenuta in un primo tempo attraverso l’introduzione dell’art. 2 bis l. n. 241 del 1990, aggiunto dall’art. 7 della l. n. 69 del 2009. In tal modo, il legislatore ha previsto un nuovo strumento di tutela delle posizioni giuridiche soggettive contro l’inerzia della pubblica amministrazione, strumento che trova la sua collocazione nell’ambito del rito ordinario, affiancandosi in posizione autonoma a quello rappresentato dal rito speciale in camera di consiglio contro il silenzio rifiuto.

L’espresso riferimento al “danno ingiusto”, contenuto nell’art. 2 bis della legge n. 241/1990 così come nel secondo comma dell’art. 30 c.p.a. – secondo cui può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal “mancato esercizio di quella obbligatoria” – induce a ritenere che per poter riconoscere la tutela risarcitoria in tali fattispecie, come in quelle in cui la lesione nasce da un provvedimento espresso, non possa in alcun caso prescindersi dalla spettanza di un bene della vita, atteso che è soltanto la lesione di quest’ultimo che qualifica in termini di ingiustizia il danno derivante tanto dal provvedimento illegittimo e colpevole dell’amministrazione quanto dalla sua colpevole inerzia e lo rende risarcibile.

L’ingiustizia del danno e, quindi, la sua risarcibilità per il ritardo dell’azione amministrativa, pertanto, è configurabile solo ove il provvedimento favorevole sia stata adottato, sia pure in ritardo, dall’autorità competente, ovvero avrebbe dovuto essere adottato, sulla base di un giudizio prognostico effettuabile sia in caso di adozione di un provvedimento negativo sia in caso di inerzia reiterata, in esito al procedimento. In altri termini, il riferimento, per la risarcibilità del danno, al concetto di “danno ingiusto”, ove la posizione considerata e tutelata sia quella avente ad oggetto il bene della vita richiesto con l’istanza che ha dato origine al procedimento, non può che postulare la subordinazione dell’accoglimento della domanda risarcitoria all’accertamento della fondatezza della pretesa avanzata, altrimenti si perverrebbe alla conclusione paradossale e contra legem di risarcire un danno non ingiusto.

ALLEGATO:

 

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