04/12/2020 – Il Tar impone la partecipazione ai concorsi di chi ha la febbre, in tempi di pandemia. Ennesima prova che non è la “burocrazia” il solo problema

Il sito NT plus del 3.12.2020 informa (Pietro Alessio Palumbo, Concorsi e Covid, il Tar Friuli dice «sì» all’ingresso in aula del candidato con 37,5° di febbre) che per il Tar Friuli Venezia Giulia, Sezione I di Trieste, sentenza 1 dicembre 2020, n. 415, una pa ingiustificatamente esclude da una prova concorsuale quel candidato la cui temperatura rilevata all’ingresso sia risultata maggiore di 37,5°.

Secondo il Tar, non si tratta di una causa di esclusione espressamente prevista per legge e non espressamente regolata da norme finalizzate al contrasto con l’emergenza virus.

Insomma, una pubblica amministrazione non può “respingere” un candidato che provi ad accedere ad una sede di concorso, come se si trattasse di un utente/clienti che provi ad entrare in un ufficio o un negozio.

Secondo il Tar la pubblica amministrazione, vista la pandemia in atto, doveva prevedere l’ipotesi e, quindi, organizzare sessioni di recupero dedicate al caso specifico.

Per carità, tutto giusto sul piano strettamente astratto. Ma, questa sentenza dimostra, per l’ennesima volta, che non è la “burocrazia”, o non da sola, il problema della pubblica amministrazione. 

I Tar giudicano dall’alto di una torre d’avorio. Certo, è tutto possibile, anche prevedere prove suppletive. E’ possibile rinviare, fare ulteriori sessioni, è possibile riconvocare le commissioni, pagare altri gettoni, affittare nuovamente sedi per lo svolgimento delle prove. 

E’ sempre, quindi, possibile immaginare tutto, prevedere tutto, consentire, rifare, prolungare, spendere ulteriori soldi. 

Poi, questi rinvii, queste ulteriori spese, sono magari giudicate come danno erariale da una giurisdizione diversa, la Corte dei conti, secondo la quale prevedere tutto, rinviare, prolungare, spendere ulteriori soldi, non va bene. 

E, magari, se qualche candidato contrae il virus perché si ammette qualcuno al concorso con la febbre in considerazione della non piena affidabilità dei sistemi di misurazione da parte di personale non sanitario, potrebbe, questo candidato, rivolgersi al giudice penale o civile, per chiedere condanne per violazione delle norme della sicurezza e risarcimento dei danni. 

Contestualmente, pensosi commentatori sguainerebbero la spada contro la PA che se rinvia, spende maggiormente, finisce per perdere tempo, non effettuare i concorsi per tempo, sperperare denaro. 

Non se ne esce. Se non viene chiarito che la discrezionalità amministrativa, specie in tempi di pandemia, deve essere considerata inscalfibile quando sia dimostrato un percorso logico-giuridico-economico che abbia un senso, non è possibile che magistrature senza responsabilità di gestione intervengano per sostituirsi nel processo decisionale, lasciando ogni procedimento in balìa dell’alea. 

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