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E’ legittima la valutazione numerica unica usata dalla Commissione anche se si era data tre criteri diversi di valutazione
di Vincenzo Giannotti – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone, Gianluca Popolla – Dottore in giurisprudenza – esperto enti locali
 
La vicenda
Il Tribunale Amministrativo per il Lazio ha ricevuto da parte di più partecipanti al concorso per la qualifica di vice direttore del ruolo dei direttivi del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco un ricorso per l’annullamento degli atti di non ammissione dei ricorrenti alla prova orale del concorso.
I ricorrenti hanno specificato in cosa consistesse il concorso così come previsto dal bando: a una prima prova preselettiva avrebbero fatto seguito due prove scritte e, in seguito al loro superamento, una prova orale, tutti gli argomenti relativi alle materie delle prove scritte erano specificati in un apposito programma d’esame allegato al bando. In particolare hanno sottolineato come l’ammissione alla prova orale fosse consentita solamente ai soggetti che avrebbero raggiunto o superato la valutazione di 21/30 e che, una volta superate le prove preselettive, sono stati respinti proprio nella fase delle prove scritte, non avendo raggiunto la valutazione minima per il superamento delle prove.
Hanno quindi fatto ricorso contro gli atti di non ammissione alla prova orale e hanno dedotto diversi motivi per la censura dell’intero iter di svolgimento delle prove.
Le ragioni dei ricorrenti
In primis i ricorrenti hanno censurato i criteri di valutazione delle prove scritte che sarebbero, a loro dire, inutili, generici e oscuri, in quanto non valutativi della fattura delle prove ma meramente distributivi dei punteggi: mancherebbe pertanto qualsivoglia criterio guida nell’attribuzione dei punteggi e una motivazione idonea a esplicare il mancato superamento della prova. Inoltre, sebbene vi fosse una griglia con punteggi minimi e massimi, l’amministrazione non ha scomposto il voto per ciascuno dei criteri scelti, impedendo così la formazione di una serie di voti parziali che avrebbero composto e giustificato la valutazione finale complessiva: perciò, a dire dei ricorrenti, la scelta dell’amministrazione è stata incomprensibile e in tal senso hanno presentato una perizia tecnica di parte sul contenuto di alcuni degli elaborati che avrebbero ottenuto un punteggio positivo.
I ricorrenti hanno dedotto come motivo di ricorso la violazione dell’art. 12D.P.R. n. 487 del 1994 per cui la Commissione avrebbe dovuto stabilire i criteri di valutazione nella prima seduta del ricorso, circostanza non avvenuta e soprattutto non dimostrabile perché i verbali redatti non avrebbero numero di protocollo e pertanto sarebbero inidonei ad attestare la data esatta dei fatti in essi contenuti e ad avere valore di piena prova. Altra violazione riscontrata dai ricorrenti è quella del principio di anonimato (art. 97 della Costituzione e art. 14D.P.R. n. 487 del 1994): la Commissione infatti avrebbe comunicato ai partecipanti, nell’allegato 6 ai verbali di concorso, di “compilare il cartoncino con i propri dati anagrafici e inserirlo nella busta piccola senza chiuderla”, inoltre il Presidente della stessa non avrebbe apposto trasversalmente la firma sulle buste e le operazioni di sistemazione e numerazione dei compiti non sarebbero state effettuate nell’immediata vicinanza della conclusione della prova (come prescritto dal D.P.R. già citato) ma soltanto tredici giorni dopo la fine della stessa.
I ricorrenti hanno quindi chiesto l’annullamento degli atti del procedimento concorsuale relativi soltanto alla parte del procedimento afferente allo svolgimento delle prove scritte, con obbligo dell’amministrazione resistente di ripetere tale svolgimento in conformità a quanto prescritto dalla normativa di settore, successivamente con motivi aggiunti si sono gravati avverso la graduatoria finale del concorso e hanno motivato più dettagliatamente i motivi già esplicati col ricorso introduttivo.
Il Ministero dell’Interno, costituitosi nel presente giudizio, ha richiesto il rigetto del ricorso poiché infondato nel merito.
Le precisazioni del Collegio
Il Collegio ha ritenuto infondato il ricorso in esame per molteplici motivazioni.
In via principale l’analisi del Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio si è incentrata sulle censure relative alla mancanza e/o inadeguatezza dei criteri di valutazione, proprio in questo ambito ha fatto riferimento a orientamenti consolidati della giurisprudenza amministrativa per cui “anche successivamente all’entrata in vigore della L. 7 agosto 1990 n. 241 il voto numerico esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della commissione stessa, contenendo in sé la motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni o chiarimenti (da ultimo, Consiglio Stato, Sez. V, 11 dicembre 2015) e ciò in quanto la motivazione espressa numericamente assicura la necessaria chiarezza e graduazione delle valutazioni compiute dalla commissione nell’ambito del punteggio disponibile e del potere amministrativo da essa esercitato (così, ex multis, C.d.S., IV, 5 settembre 2013, n. 4457) senza che necessiti, ai fini della legittimità dei verbali di correzione e dei conseguenti giudizi, l’apposizione di glosse, segni grafici o indicazioni di qualsivoglia tipo sugli elaborati in relazione agli eventuali errori commessi” (Cons di Stato, Sez. IV, 16 aprile 2012, n. 2166). Il Collegio ha successivamente analizzato la censura relativa ai criteri di massima per la valutazione dei titoli e ha affermato come la propria possibilità di intervento, in sostituzione, sia limitata ai soli casi in cui le decisioni dell’Amministrazione fossero illogiche, irrazionali e irragionevoli, non configurandosi nessuna di tali circostanze nessun intervento le è consentito: la censura deve pertanto considerarsi infondata.
In relazione alla contestazione effettuata dai ricorrenti sulla valutazione dei singoli elaborati, così come compiuta dalla Commissione, il Tribunale Amministrativo ha rimandato al consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa per cui il giudizio della Commissione, affidato alla discrezionalità tecnica dello stesso organo, può essere censurato solamente nel caso in cui dalla documentazione risulti un’evidente superficialità, incompletezza, incongruenza o manifesta disparità, tali da configurare un palese eccesso di potere (e in questo caso il giudice non potrebbe comunque entrare nel merito della valutazione): ha pertanto considerato infondata una censura volta ad ottenere una diversa valutazione dell’elaborato in quanto il giudizio della Commissione non è stato ritenuto affetto da profili di illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà o travisamento manifesti, in relazione alle carenze su cui si è fondata la non ammissione alla prova orale.
Sono state poi definite come “destituite di giuridico fondamento” le censure volte a contestare la violazione dell’art. 12D.P.R. n. 487 del 1994, sollevate dai ricorrenti in quanto la Commissione non avrebbe prestabilito i criteri di valutazione nella prima seduta, infatti pronunce recenti hanno inteso la normativa in questione nel senso che i criteri “devono essere stabiliti dalla commissione esaminatrice, nella sua prima riunione – o tutt’al più prima della correzione delle prove scritte” (T.A.R. Lazio, Sez. II, 20 aprile 2015, n. 5763), la fissazione degli stessi “non è soggetta a una pubblicazione antecedente lo svolgimento delle prove” e “si dovrà ritenere legittima la determinazione dei predetti criteri anche dopo l’effettuazione delle prove concorsuali, purché prima della loro concreta valutazione” (T.A.R. Emilia-Romagna Bologna, Sez. I, 19 giugno 2015, n. 597). Ha poi osservato il Collegio che i verbali, in quanto atti interni della Commissione concorsuale, non sono assoggettati alla disciplina dell’art. 53D.P.R. n. 445 del 2000 che impone a “registrazione obbligatoria i documenti ricevuti e spediti dall’amministrazione e tutti i documenti informatici” e che al fine della validità del verbale basti che da esso risulti la verità storica, non essendo richiesta la contestualità con gli atti registrati.
Infine, il TAR ha ritenuto infondate le censure inerenti alla violazione del principio dell’anonimato: infatti la chiusura della busta, se pur impedita ai candidati, avveniva al momento della consegna dei compiti e in presenza dei candidati stessi e la regolarità dell’operazione è ravvisabile dal primo verbale di correzione degli elaborati: nonostante la mancata verbalizzazione di singole operazioni il Tribunale non ha ravvisato elementi probanti un’effettiva manipolazione della documentazione di gara.
La sentenza del TAR
Per quanto sopra esposto, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come integrato da motivi aggiunti, lo ha respinto.

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