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Modalità di calcolo delle indennità di funzione spettanti agli amministratori comunali
 
Comune di San Donà di Piave (VE) – L’ente, in relazione alle modalità di calcolo delle indennità di funzione spettanti agli amministratori comunali, ha chiesto: 1) conferma circa lo specifico procedimento di calcolo di tali indennità; 2) se sia legittima la riduzione del 10% delle indennità di funzione spettanti agli amministratori comunali, disposta dall’art.1, comma 54, della legge n. 266/2005, alla luce del comma 552 della legge n. 160/2019; 3) conferma circa le modalità di recupero delle somme eventualmente corrisposte in eccesso agli amministratori comunali, al lordo ovvero al netto delle ritenute.Parere reso parzialmente ai sensi dell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003 n. 131 solo per il quesito n. 2 concernente la riduzione del 10% delle indennità di funzione spettanti agli amministratori comunali, disposta dall’art. 1, comma 54, della legge n. 266/2005, alla luce del comma 552 della legge n. 160/2019. Il 1° quesito, infatti, manca di generalità ed astrattezza ed il 3°, oltre a provocare un intervento consultivo della Corte per la soluzione di una questione specifica dell’Ente, in modo tale da configurare possibili forme concrete di “cogestione”, attiene a profili estranei al perimetro della contabilità pubblica e più propriamente riferibili al diverso ambito del diritto tributario.
 
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Deliberazione n. 53/2020/PAR/San Donà di Piave (VE)
 
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL VENETO
Nell’adunanza del 24 marzo 2020
composta dai magistrati:
Salvatore PILATO Presidente
Elena BRANDOLINI Consigliere
Maria Laura PRISLEI Consigliere
Amedeo BIANCHI Consigliere
Maristella FILOMENA Referendario
Marco SCOGNAMIGLIO Referendario
Fedor MELATTI Referendario Relatore
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VISTO l’art. 100, secondo comma, della Costituzione;
VISTO il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;
VISTA la legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;
VISTO il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti modificato da ultimo con deliberazione del Consiglio di Presidenza n. 229 del 19 giugno 2008 con il quale è stata istituita in ogni Regione ad autonomia ordinaria la Sezione regionale di controllo, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000;
VISTA la legge 5 giugno 2003, n. 131 recante “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3”, ed in particolare, l’art. 7, comma 8;
VISTI gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva approvati dalla Sezione delle Autonomie nell’adunanza del 27 aprile 2004, come modificati e integrati dalla delibera n. 9/SEZAUT/2009/INPR del 3 luglio 2009 e, da ultimo dalla deliberazione delle Sezioni Riunite in sede di controllo n. 54/CONTR del 17 novembre 2010;
VISTA la richiesta di parere inoltrata dal Sindaco del Comune di San Donà di Piave (VE) prot. n. 6871 del 10/2/2020, acquisita al prot. C.d.c. n. 990 del 10/2/2020;
VISTA l’ordinanza del Presidente n.09/2020 di convocazione della Sezione per l’odierna seduta;
UDITO il Magistrato relatore, Referendario Fedor Melatti;
FATTO
Il Sindaco del Comune di San Donà di Piave (VE) ha inviato alla Sezione una richiesta di parere chiedendo:
1) relativamente alle modalità di calcolo delle indennità di funzione spettanti agli amministratori comunali, se sia corretta la procedura delineata nella stessa richiesta, ovvero, una volta determinata la misura base spettante per il Sindaco ai sensi della Tabella A di cui al D.M n. 119/2000, sommare, ove ne ricorrano i presupposti, la quota di “incremento cristallizzato” alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 112/2008, nonché applicare la percentuale di aumento del 3% prevista dall’art. 2, comma l, lettera b) del D.M. 119/2000, la percentuale di aumento del 2% prevista dall’art. 2, comma 1, lettera c) del D.M. 119/2000 ed, infine, la riduzione disposta dall’art. 1, comma 54, della legge 266/2005;
2) relativamente a tale ultima riduzione, se l’orientamento contenuto nella pronuncia delle Sezioni Riunite n. 1/2012, che avevano ritenuto strutturale tale riduzione, sia da ritenersi ancora attuale, anche alla luce delle norme emanate successivamente, non ultima la legge n. 160/2019, che “al comma 552 interviene sulle indennità anche se non specificatamente sull’incremento”;
3) con riferimento alle modalità di recupero di somme eventualmente corrisposte in eccesso agli amministratori comunali, se sia applicabile l’orientamento giurisprudenziale formatosi in riferimento al recupero di somme indebitamente corrisposte al personale dipendente, ai sensi del quale detto recupero deve effettuarsi “al netto delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali” ovvero se si debba provvedere al recupero al lordo di tali ritenute.
DIRITTO
I. In via preliminare rispetto all’esame nel merito della questione, la Corte è tenuta a verificarne l’ammissibilità, ovvero la concomitante sussistenza del presupposto soggettivo ed oggettivo richiesto dalla legge.
A tal riguardo devono richiamarsi innanzitutto l’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2013, n. 131, secondo il quale “le Regioni possono richiedere ulteriori forme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché pareri in materia di contabilità pubblica. Analoghe richieste possono essere formulate, di norma, tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, anche da Comuni, Province e Città Metropolitane” ed, altresì, i criteri elaborati dalla Corte dei conti con atto di indirizzo approvato dalla Sezione delle Autonomie nell’adunanza del 27 aprile 2004, nonché con successive deliberazioni n. 5/SEZAUT/2006 del 10 marzo 2006, n. 54/CONTR/2010 (Sezioni riunite in sede di controllo) e, da ultimo, con deliberazione n. 3/SEZAUT/2014/QMIG.
La Corte dei conti ha stabilito, infatti, che ai fini dell’ammissibilità della richiesta devono sussistere contestualmente le seguenti condizioni:
– la richiesta deve essere formulata dall’organo politico di vertice e rappresentante legale degli Enti legittimati alla richiesta (Regione, Provincia, Comune);
– il quesito deve rientrare esclusivamente nella materia della contabilità pubblica, che può assumere un “ambito limitato alla normativa e ai relativi atti applicativi che disciplinano, in generale, l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo in particolare la disciplina dei bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli” (Sez. Autonomie, deliberazione n. 5/AUT/2006) e non può ampliarsi a tal punto da ricomprendere “qualsivoglia attività degli Enti che abbia, comunque, riflessi di natura finanziaria, comportando, direttamente o indirettamente, una spesa, con susseguente fase contabile attinente all’amministrazione della stessa ed alle connesse scritture di bilancio” (SS.RR. deliberazione n. 54/CONTR/2010);
– il quesito deve avere rilevanza generale e astratta, non deve implicare valutazioni di comportamenti amministrativi o di fatti già compiuti né di provvedimenti formalmente adottati ma non ancora eseguiti, non deve creare commistioni con le altre funzioni intestate alla Corte, né contenere collegamenti con le funzioni giurisdizionali e requirenti della Corte dei conti o con eventuali giudizi pendenti innanzi alla magistratura penale, civile o amministrativa. Costituisce ius receptum il principio secondo il quale la richiesta di parere, pur essendo senz’altro di norma originata da un’esigenza gestionale dell’Amministrazione, debba essere finalizzata ad ottenere indicazioni sulla corretta interpretazione di principi, norme ed istituti riguardanti la contabilità pubblica.
È esclusivo onere dell’Amministrazione, infatti, applicare le norme al caso di specie, non potendo, al contrario, la richiesta di parere essere diretta ad ottenere indicazioni concrete per una specifica e puntuale attività gestionale, e dunque ogni valutazione in merito alla legittimità e all’opportunità dell’attività amministrativa resta in capo all’ente.
In altri termini, ai fini dell’ammissibilità dell’esercizio della funzione consultiva, il parere non deve indicare soluzioni alle scelte operative discrezionali dell’ente, ovvero, determinare una sorta di inammissibile sindacato in merito ad un’attività amministrativa in fieri, ma deve individuare o chiarire regole di contabilità pubblica (cfr., ex multis, Sezione Lombardia n. 78/2015, Sezione Trentino-Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, n. 3/2015).
Alla luce di quanto sopra premesso, pertanto, dovranno ritenersi inammissibili le richieste di parere concernenti valutazioni su casi o atti gestionali specifici, tali da determinare un’ingerenza della Corte dei conti nella concreta attività dell’Ente e, in ultima analisi, configurare una compartecipazione all’amministrazione attiva, incompatibile con la posizione di terzietà e di indipendenza della Corte nell’espletamento delle sue funzioni magistratuali, anche di controllo.
Del pari, non potranno ritenersi ammissibili richieste di parere per la cui soluzione “non si rinvengono quei caratteri – se non di esclusività – di specializzazione funzionale che caratterizzano la Corte in questa sede, e che giustificano la peculiare attribuzione da parte del legislatore” (cfr. Sezione delle Autonomie delibera n. 3/2014), né istanze che, per come formulate, si sostanzino in una richiesta di consulenza di portata generale in merito a tutti gli ambiti dell’azione amministrativa.
L’ausilio consultivo, inoltre, deve essere preventivo rispetto all’esecuzione da parte dell’Ente di atti e/o attività connessi alla/e questione/i oggetto di richiesta di parere. Non è, quindi, ammissibile l’esercizio ex post della funzione consultiva.
II. Tutto ciò premesso, sotto il profilo soggettivo, la richiesta deve ritenersi ammissibile, in quanto sottoscritta dal Sindaco dell’ente, organo politico e di vertice, rappresentante legale del medesimo.
Si precisa, a tal proposito, che la stessa è stata trasmessa direttamente dall’Ente richiedente e non già per il tramite del Consiglio delle autonomie locali, organo previsto dal vigente art. 123 della Costituzione.
Ciò comunque non inficia l’ammissibilità della richiesta, posto che la formulazione dell’art. 7, comma 8, della legge 131/2013, nella parte in cui prevede che le richieste possono essere formulate “di norma” tramite il Consiglio delle autonomie locali, non preclude un rapporto diretto tra le amministrazioni e le Sezioni Regionali di controllo della Corte dei conti.
III. Dal punto di vista oggettivo, questa Sezione ritiene di poter dichiarare ammissibile la richiesta limitatamente al quesito n. 2.
III.1. Il quesito n. 1, infatti, concernente le modalità di calcolo delle indennità di funzione spettanti agli amministratori comunali, deve essere dichiarato inammissibile, in quanto diretto a chiedere conferma circa lo specifico procedimento di calcolo di tali indennità.
Come già precisato nei citati atti di indirizzo, nonché in numerose delibere di questa Sezione (cfr. ex multis Sezione contr. Veneto n. 192/2018/PAR), possono costituire oggetto della funzione consultiva della Corte dei conti le sole richieste di parere di carattere generale e astratto, non rientrando in tali fattispecie le richieste concernenti valutazioni su casi o atti gestionali specifici.
Ne consegue che, come rilevato di recente dalla Sezione Lombardia nella deliberazione n. 108/2018, “la funzione consultiva non può avere ad oggetto fattispecie specifiche, né può estendersi sino ad impingere, in tutto o in parte, nell’ambito della discrezionalità, nonché nelle specifiche attribuzioni e delle responsabilità, degli Enti interpellanti e dei loro organi ove nel caso di specie è palese che la finalità della richiesta di parere non è esclusivamente ottenere chiarimenti sulle normative e sui relativi atti applicativi che disciplinano, in generale, l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore (cit. Sezioni Riunite in sede di controllo, deliberazione n. 54/CONTR/10 del 17 novembre 2010), bensì anche di ricevere indicazioni circa la soluzione gestionale prospettata per risolvere il rappresentato caso concreto, in una prospettiva, non conforme a legge, di apertura ad una consulenza generale della Corte dei conti”.
Ora, nel caso di specie, la richiesta di parere potrebbe essere compresa nell’ambito della contabilità pubblica, non potendosi tuttavia non rilevare che essa è sottesa a determinare, qualora accolta, un coinvolgimento diretto di questa Sezione di controllo nella sfera dell’amministrazione attiva, incompatibile con le funzioni alla stessa attribuite dal vigente ordinamento e con la sua fondamentale posizione di indipendenza e neutralità.
Inoltre, se la Sezione si esprimesse sulla legittimità della richiamata attività amministrativo-gestionale, interpreterebbe la funzione consultiva intestata alla Corte dei conti come funzione “consulenziale” (generale) sull’attività dell’Amministrazione locale; ciò, come detto, determinerebbe un’impropria ingerenza della Corte nell’amministrazione attiva.
Sulla base di quanto sopra evidenziato, la richiesta di parere del Sindaco di San Donà di Piave, con riferimento al quesito n. 1, dev’essere considerata oggettivamente inammissibile in quanto il quesito, invece di porre una questione generale ed astratta riguardante aspetti di contabilità pubblica, prospetta la soluzione ad un concreto episodio di amministrazione attiva, tuttora in corso, concernente, come detto, la conferma circa l’esattezza del procedimento di calcolo delle indennità degli amministratori comunali.
III.2. Il quesito n. 2, concernente la riduzione del 10% delle indennità di funzione spettanti agli amministratori comunali, disposta dall’art. 1, comma 54, della legge n. 266/2005, è invece da ritenersi ammissibile, poiché la nozione di “materia di contabilità” comprende non solamente gli atti e le operazioni di bilancio in senso stretto ma anche le gestioni finanziarie ed economico-patrimoniali secondo una “visione dinamica dell’accezione di contabilità pubblica” che sposta l’angolo di visuale dal tradizionale contesto della gestione del bilancio a quello inerente ai relativi equilibri di finanza pubblica.
A tal riguardo le Sezioni Riunite della Corte dei conti in sede di controllo hanno chiarito che la funzione consultiva svolta dalle Sezioni regionali di controllo nei confronti degli enti territoriali sarebbe “senz’altro incompleta se non avesse la possibilità di svolgersi nei confronti di quei quesiti che risultino connessi alle modalità di utilizzo delle risorse pubbliche, nel quadro di specifici obiettivi di contenimento della spesa sanciti dai principi di coordinamento della finanza pubblica- espressione della potestà legislativa concorrente di cui all’art. 117, comma 3, della Costituzione- contenuti nelle leggi finanziarie , in grado di ripercuotersi direttamente sulla sana gestione finanziaria dell’ente e sui pertinenti equilibri di bilancio” (cfr. SS. RR. in sede di controllo n. 54/CONTR/2010).
Il quesito è dunque da ritenersi ammissibile in quanto pone una questione di portata generale ed astratta, concernente una disposizione normativa espressamente dettata da esigenze di coordinamento della finanza pubblica, quale è quella contenuta nell’art. 1, comma 54, della legge n. 266/2005.
III.3. Il quesito n. 3, concernente le modalità di recupero delle somme eventualmente corrisposte in eccesso agli amministratori comunali, al lordo ovvero al netto delle ritenute, si prospetta anch’esso come inammissibile per due ordini di motivi.
In primo luogo la richiesta appare volta a provocare un intervento consultivo della Corte per la soluzione di una questione specifica dell’Ente, in modo tale da configurare possibili forme concrete di “cogestione”. Trattasi, pertanto, di iniziativa che contrasta con il consolidato orientamento di questa Corte, volto ad assicurare l’esercizio della funzione consultiva esclusivamente con riferimento alla materia della contabilità pubblica, da riguardare, sul piano generale ed astratto, senza riferimento di sorta alle fattispecie gestionali specifiche.
In secondo luogo il quesito, nella parte in cui si riferisce alle modalità di recupero delle somme eventualmente corrisposte in eccesso agli amministratori comunali (al lordo ovvero al netto delle ritenute fiscali), attiene a profili estranei al perimetro della contabilità pubblica e più propriamente riferibili al diverso ambito del diritto tributario.
La Sezione richiama, al proposito, il prevalente orientamento delle diverse Corti regionali, in base al quale il diritto tributario, che ha ad oggetto le regole concernenti l’istituzione e la riscossione dei tributi, la disciplina del rapporto che si instaura tra il soggetto attivo (l’Ente impositivo) ed il soggetto passivo (il contribuente), nonché la relativa prestazione obbligatoria, attiene ad aspetti del diritto finanziario nettamente distinti dalla contabilità pubblica ed esula, perciò, dall’ambito oggettivo suscettibile di costituire oggetto di parere ad opera di questa Corte ex art. 7, comma 8, della legge n. 131 del 2003 (Sez. Veneto n. 402/2011 e n. 353/2014; idem, Sez. Sardegna, delib. n. 17/2018, Sez. Lombardia, delib. n. 117/2013, Sez. Veneto, delib. n. 228/2012; Sez. Piemonte, delib. n.109/2019).
IV. Nel merito, con riferimento al quesito n. 2, dichiarato ammissibile, il Collegio ritiene di dover ripercorrere brevemente la disciplina normativa relativa all’indennità di funzione spettante agli amministratori locali, nonché i principali orientamenti della giurisprudenza contabile in materia.
La norma di riferimento è costituita dall’art. 82 del TUEL, il cui comma 8 prevede che “la misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo è determinata, senza maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica”.
La regolamentazione attualmente vigente è stata adottata con D.M. del 4 aprile 2000, n. 119 (approvato ai sensi dell’art. 23, comma 9, L. 265/1999, norma successivamente trasfusa nell’art. 82 del TUEL).
Su tale base normativa è intervenuto l’art. 1, comma 54, della legge n. 266/2005 (Legge finanziaria 2006), il quale ha previsto che per “esigenze di coordinamento della finanza pubblica” sono rideterminate “in riduzione nella misura del 10 per cento rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005” (tra l’altro) le indennità di funzione spettanti ai Sindaci e ai componenti degli organi esecutivi (lett. a).
Riguardo alla latitudine applicativa di tale disposizione, in considerazione delle normative medio tempore intervenute, sono intervenute le Sezioni Riunite in sede di controllo che, con deliberazione n. 1/2012 (pronuncia resa ai sensi dell’art. 17, comma 31, del D.L. n. 78/2010), hanno rilevato come “in mancanza di un limite temporale alla vigenza della predetta disposizione, limite peraltro contenuto in altre disposizioni analoghe della medesima legge finanziaria, il taglio operato può ritenersi strutturale, avente, cioè, un orizzonte temporale non limitato all’esercizio 2006”.
Sul punto è successivamente intervenuta anche la Sezione delle Autonomie, la quale nella deliberazione n. 24 /SEZAUT/2014/QMIG, adottata in funzione “nomofilattica” ex art. 6, comma 4, del d.l. 174/2012, ha affermato che “le coordinate interpretative rese dalle Sezioni Riunite risultano ancora attuali…giova evidenziare come, in tal senso, deponga il quadro normativo già posto dall’organo nomofilattico a fondamento del proprio percorso argomentativo (cfr. in particolare art. 61 comma 10 D.L. 112/2008 convertito in Legge 133/2008 che ha sospeso la possibilità di adeguamento delle indennità previste dall’art. 82 comma 10 TUEL ed art. 76 comma 3 della stessa legge che ha espunto la possibilità di incremento di cui al successivo comma 11 dell’art. 82) nonché la normativa sopravvenuta che, informata ad una logica di costante riduzione dei costi della rappresentanza politica, offre argomenti positivi a sostegno del carattere strutturale, e non meramente transitorio o eccezionale, delle riduzioni previste dall’art. 1 comma 54 della Legge Finanziaria 2006”.
Tale orientamento è stato ribadito dalla Sezione delle Autonomie nella deliberazione n. 35/SEZAUT/2016/QMIG (anch’essa adottata in funzione “nomofilattica” ex art. 6, comma 4, del d.l. 174/2012), ove si afferma che “l’indennità di funzione del sindaco da considerare è quella massima prevista dalla Tabella A del D.M. 4 aprile 2000, n. 119, che sarebbe spettata al sindaco medesimo in relazione alla classe demografica del proprio ente, indipendentemente da eventuali situazioni personali che possono averlo riguardato.
A tale importo deve applicarsi la decurtazione del 10% prevista dall’art. 1, comma 54 della l. n. 266 del 2005, alla stregua anche dei principi affermati dalle SS.RR. della Corte nella deliberazione n. 1 del 2012”.
A tali principi di diritto risultano essersi conformate le Sezioni regionali di controllo (si rinvia a titolo esemplificativo alla deliberazione di questa Sezione n. 428/2018/PAR ed alla deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 297/2019/PAR).
Tali conclusioni non mutano anche alla luce della normativa medio tempore intervenuta, richiamata dal Sindaco del Comune di San Donà di Piave nella richiesta di parere in esame, rappresentata dall’art. 1, comma 552, della legge n. 160/2019, il quale dispone che “le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 25, lettera d), della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e all’articolo 76, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono da intendersi riferite al divieto di applicare incrementi ulteriori rispetto all’ammontare dei gettoni di presenza e delle indennità spettanti agli amministratori locali e già in godimento alla data di entrata in vigore delle suddette disposizioni, fermi restando gli incrementi qualora precedentemente determinati secondo le disposizioni vigenti fino a tale data”, non incidendo tale norma sulla perdurante vigenza dell’art. 1, comma 54, della legge n. 266/2005, il quale non risulta espressamente abrogato; né si può ravvisare alcuna abrogazione tacita o implicita di tale norma, poiché l’art. 1, comma 552, della legge n. 160/2019 si limita a cristallizzare gli incrementi alle date di entrata in vigore delle disposizioni all’interno di essa richiamate, mentre la normativa in esame dispone una riduzione strutturale degli importi spettanti a titolo di indennità di funzione.
P.Q.M.
La Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per il Veneto dichiara parzialmente ammissibile la richiesta di parere del Comune di San Donà di Piave e si pronuncia nel merito nei termini dianzi precisati.
Copia della presente delibera sarà trasmessa, a cura del Direttore della Segreteria, al Sindaco e al Segretario Comunale del Comune di San Donà di Piave (VE).
Così deliberato in Venezia, nella Camera di consiglio del 24 marzo 2020.
Il Magistrato relatore Il Presidente
F.to Melatti Fedor F.to Pilato Salvatore
 
 
Depositata in Segreteria il 27 marzo 2020
IL DIRETTORE DI SEGRETERIA
F.to Dott.ssa Letizia Rossini

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