09/04/2020 – Il rogante ci serve distante

Il rogante ci serve distante
di Luigi Oliveri
Egregio Titolare,
Il dibattito sul dopo coronavirus si è aperto e, in linea generale, condivisibilmente è orientato verso la conservazione e sviluppo del salto in avanti organizzativo al quale l’emergenza ci ha abituato. Il lavoro agile e le risorse della telematica, per anni dimenticati, guardati con diffidenza e conseguentemente lasciati senza investimenti e al palo, dovranno diventare un pilastro irrinunciabile.
Il problema, quindi, non è tanto “quando” riaprire (per quanto presto si possa fare, finché saremo senza vaccino tantissime attività risentiranno comunque del rischio contagio, basti pensare solo a turismo e ristorazione), quanto “come”.
E non sarebbe male prendersi cura di questo “come” anche e soprattutto adesso, mentre la crisi è in atto e non solo quando sarà possibile un rientro verso condizioni di maggiore “normalità”.
Dunque, Titolare, non sarebbe male se si prendesse bene atto della necessità di garantire ogni tipo di negoziazione economica da remoto, utilizzando pienamente tutte le risorse telematiche. In questi giorni si è dimostrata la concreta fattibilità di riunioni da remoto di consigli di amministrazione di società, di consigli e giunte comunali, di sessioni negoziali per la contrattazione nelle aziende.
Restano, però, ancora nell’ordinamento, tracce di sistemi di incontro della volontà di parti contrattuali, svolti attraverso l’obbligatoria opera degli “ufficiali roganti”, notai o altri pubblici ufficiali delle amministrazioni pubbliche, basati su sistemi organizzativi antiquati e non certamente adeguati alle necessità del “durante” la crisi e meno che mai del “dopo” crisi.
Alludiamo, titolare, a quei contratti da sottoscrivere nella forma dell’atto pubblico ricevuto da notaio o altro pubblico ufficiale. Si tratta, per lo più, dei contratti individuati dall’articolo 1350 del Codice Civile e della gran parte dei contratti della Pubblica Amministrazione, per i quali la forma scritta è obbligatoria. La forma pubblica di questi contratti è garanzia della loro produzione e formazione da parte di un professionista specializzato, come il notaio, che cura la redazione degli atti in modo completo e corretto, sì da assicurare alle parti che la loro prestazione di consenso reciproco è sorretta da un contratto solido, valido, conforme alla normativa.
Ma, Titolare, c’è un problema: la sottoscrizione di contratti in forma pubblica, come anche l’autenticazione delle scritture private, richiede necessariamente la compresenza delle parti (ed eventualmente di testimoni quando necessario) e del notaio, davanti al notaio o pubblico ufficiale.
Circostanza ben nota a chiunque e che non poche volte, nel caso di distanza logistica rispetto al luogo di stipulazione implica uno di quei tanti problemi latamente “burocratici”, da cui derivano spese in termini non solo di costi finanziari, ma di tempo da destinare a trasferte; quando non costi ulteriori, derivanti dal rilascio delle procure (sempre davanti al notaio) per evitare spostamenti e delegare ad altri la sottoscrizione di contratti in luoghi “remoti”.
Questi sistemi, Titolare, si fondano su leggi, la Legge Notarile, ed il Codice Civile (nelle norme poste a regolare appunto l’atto pubblico formato da notaio o pubblico ufficiale) che hanno rispettivamente 107 e 78 anni, dunque redatte e pensate quando non era nemmeno lontanamente immaginabile un contatto da remoto.
Qui e adesso, quindi, è necessario adottare regole nuove, tali da superare i vincoli di norme letteralmente di altre ere geologiche del diritto.
Come dice, Titolare? Le pare un sogno irrealizzabile? In Italia, forse. In Francia è esattamente quel che è già stato fatto.
Per chi non abbia voglia di utilizzare un traduttore on line, ecco qua il testo dell’articolo 1 della norma francese:
Fino alla scadenza di un periodo di un mese dalla data di cessazione dello stato di emergenza sanitaria dichiarata alle condizioni dell’articolo 4 della suddetta legge del 23 marzo 2020, il notaio può, in deroga alle disposizioni dell’articolo 20 del suddetto decreto del 26 novembre 1971, redigere un atto notarile su supporto elettronico quando una o tutte le parti o qualsiasi altra persona che contribuisce all’atto non sono né presenti né rappresentati.

Lo scambio di informazioni necessarie per l’istituzione dell’atto e la raccolta, da parte del notaio, del consenso o della dichiarazione di ciascuna parte o persona che contribuisce all’atto è effettuato mediante un sistema di comunicazione e trasmissione di informazioni che garantiscano l’identificazione delle parti, l’integrità e la riservatezza del contenuto e approvate dal Consiglio superiore dei notai.

Il notaio raccoglie, contestualmente al consenso o alla dichiarazione di cui al secondo comma, la firma elettronica di ciascuna parte o persona che contribuisce all’atto mediante un processo di firma elettronica qualificato conforme ai requisiti del decreto del 28 settembre 2017 di cui sopra.

L’atto è perfetto quando il notaio appone la sua firma elettronica sicura ad esso.

Come dice, Titolare? Non siamo in Francia?

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