28/08/2020 – Opere di urbanizzazione a scomputo – applicazione del codice dei contratti – Limiti (art. 1, art. 77 D.LGS. N. 50/2016)

Opere di urbanizzazione a scomputo – applicazione del codice dei contratti – Limiti (art. 1, art. 77 D.LGS. N. 50/2016)
26.08.2020
 
2) Con il secondo motivo (proposto, come anche il successivo, in via graduata rispetto al primo e al quarto motivo), viene denunciata la violazione dell’art. 77, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016, secondo cui la valutazione delle offerte è affidata, nelle gare da aggiudicare sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ad una commissione “composta da esperti nello specifico settore cui afferisce l’oggetto del contratto”.

Sostiene la ricorrente che, nel caso di specie, un solo componente della Commissione risulterebbe in possesso di competenze tecniche che consentono di qualificarlo “esperto”.

Gli altri due componenti sarebbero privi dei necessari requisiti: il primo è un avvocato e, in quanto tale, non sarebbe competente a giudicare gli aspetti tecnici rilevanti ai fini dell’assegnazione dei punteggi per gli aspetti qualitativi dell’offerta; l’altro è in possesso di titoli di studio (scienze politiche e geografia) e professionali (già Capo divisione presso la Direzione dei lavori pubblici nel Principato di Monaco) non conferenti allo specifico ambito tecnico.

A prescindere dall’eccezione di tardività sollevata dalla difesa della controinteressata, la censura non è fondata.

Ha precisato la giurisprudenza amministrativa, infatti, che il codice degli appalti “non richiede una perfetta corrispondenza tra la competenza dei membri della commissione, anche cumulativamente considerata, ed i diversi ambiti materiali che concorrono alla integrazione del complessivo oggetto del contratto: ciò anche sul presupposto, del resto, che all’esperienza nel settore primario, cui si riferisce l’oggetto del contratto, si accompagna una analoga esperienza nei settori secondari che con quell’oggetto interferiscono o si intersecano” (Cons. Stato, sez. III, 28 giugno 2019, n. 4458 e 24 aprile 2019, n. 2638).

La presenza di componenti portatori di diverse esperienze professionali, di natura sia tecnica sia gestionale e amministrativa, risponde, pertanto, “in un rapporto di complementarietà, alle esigenze valutative imposte dall’oggetto della gara d’appalto” (Cons. Stato, sez. VI, 10 giugno 2013, n. 3203).

In applicazione di tali condivisi principi, deve ritenersi che i requisiti di esperienza siano stati adeguatamente soddisfatti nel caso di specie, posto che le incontestate competenze tecniche del Presidente della Commissione giudicatrice si integrano con quelle giuridiche e gestionali degli altri due componenti.

3) Non risultano violati i principi di trasparenza e imparzialità nella scelta dei componenti della Commissione giudicatrice.

Con l’art. 216, comma 12, del d.lgs. n. 50/2016, il legislatore ha previsto che, nel periodo transitorio fino all’adozione della disciplina in materia di iscrizione all’albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni giudicatrici nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici, le stazioni appaltanti nominano la commissione giudicatrice secondo regole di competenza e trasparenza preventivamente individuate.

Ha precisato condivisa giurisprudenza, tuttavia, che tale disciplina non deve essere interpretata in maniera meccanica e formalistica, ma sulla base di una valutazione che tenga conto della ratio ad essa sottesa, sicché la mancata formalizzazione delle regole predette costituisce una inosservanza meramente formale e non idonea ad inficiare la legittimità degli atti di formazione della commissione giudicatrice, laddove non sia dimostrata in concreto la violazione dei principi di competenza e di trasparenza (Cons. Stato, sez. III, 10 luglio 2019, n. 4865; T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 21 ottobre 2019, n. 625; T.A.R. Veneto, sez. I, 7 giugno 2018, n. 613).

Del resto, l’odierna resistente è un’impresa privata che realizza in modo occasionale opere a scomputo e, come tale, non può ragionevolmente ritenersi soggetta all’obbligo di approvare un regolamento interno per la nomina dei commissari.

Tanto precisato, le censure sollevate con il terzo motivo di gravame paiono destituite di fondamento, poiché non supportate da elementi atti a dimostrare che la scelta dei commissari non sia stata presidiata dalle necessarie garanzie di trasparenza e imparzialità.

Parte ricorrente allega, altresì, che si trattava della stessa Commissione giudicatrice nominata per l’affidamento della precedente fase dei lavori, ma tale rilievo non sembra configurare una censura di legittimità che, in ogni caso, sarebbe inammissibile in ragione della mancata individuazione della disposizione normativa che avrebbe eventualmente imposto la rotazione dei commissari.

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