27/08/2020 – Esercizio del diritto di accesso e corretta delimitazione del potere di differimento

Esercizio del diritto di accesso e corretta delimitazione del potere di differimento
di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale
 
Istanza di accesso agli atti e diritto di impresa
Un’attività commerciale titolare di uno stabilimento balneare marittimo, era interessata ad esercitare il diritto di accesso nei confronti di tutti i titoli edilizi, autorizzatori e concessori dell’attività confinante. A tal fine, ha presentato istanza allo Sportello unico del Comune, che con successiva nota, consentiva l’accesso a parte degli atti richiesti, in particolare a copia della Scia balneare presentata dalla controinteressata.
Dall’ostensione degli atti, si è ricavato che l’attività adiacente esercitava in un immobile sottoposto a domanda di condono edilizio, non ancora definita. Pertanto, l’istante rivendicava di poter accedere anche a tali atti. In riferimento a tale richiesta, il Comune, ha fatto ricorso al proprio potere di differimento, argomentando che tali documenti, in quanto detenuti presso un archivio inaccessibile per motivi attinenti al rispetto dell’igiene e della sicurezza nei luoghi di lavoro, non potevano essere esibiti fintanto che perduravano le condizioni di inaccessibilità di tali spazi.
Di fronte a tale risposta, e al silenzio serbato rispetto alla domanda di accesso agli atti con riferimento alle concessioni demaniali marittime, la società istante ha presentato ricorso al competente Tribunale amministrativo regionale, lamentando l’erronea applicazione della normativa in materia di accesso agli atti.
L’Amministrazione comunale ha controdedotto ritenendo il ricorso inammissibile, in quanto l’istanza denegata in parte, si sostanziava in una forma di accesso generalizzato sulla legittimità dell’azione amministrativa. L’ente ha poi rimarcato l’impossibilità oggettiva di recuperare gli atti stanziati presso una sede non accessibile fisicamente.
Il giudizio del T.A.R. Campania
Di fronte alla pretesa azionata dalla società istante, il Collegio ha accolto il ricorso con la Sentenza n. 3363 del 28 luglio 2020. Il Giudice si è soffermato in premessa sulla strumentalità del diritto di accesso, che di per sé non assicura beni della vita, ma si atteggia a strumento preordinato al positivo soddisfacimento di altri interessi giuridicamente rilevanti, da qualificarsi come diritti o interessi, qui specificamente connessi alla libertà di fare impresa. La conoscenza dei documenti amministrativi deve essere correlata – in modo diretto, concreto e attuale – ad altra “situazione giuridicamente tutelata” (art. 22, comma, 1, L. n. 241/1990 e la definizione di “interessati” ivi contenuta): non si tratta, dunque, di una posizione sostanziale autonoma, ma di un potere di natura procedimentale, funzionale alla tutela di situazioni strettamente sostanziali, abbiano esse consistenza di diritto soggettivo o interesse legittimo.
Nel merito, dopo aver riconosciuto l’interesse al ricorso, il Tribunale ha ritenuto insostenibile l’argomento del Comune centrato sull’infondatezza della domanda di accesso per il suo carattere sostanzialmente esplorativo, essendo preordinata ad un controllo generalizzato dell’azione amministrativa.
In linea di principio, l’istanza di accesso non può essere generica, eccessivamente estesa o riferita ad atti non specificamente individuati, ovvero formulata in modo tale da costringere l’Amministrazione ad attività di ricerca ed elaborazione dati. Sarebbe dunque improponibile un’istanza di accesso “al buio”, al fine dichiarato di eventualmente reperire ed individuare nei documenti richiesti, elementi potenzialmente idonei al soddisfacimento dei fini “investigativi” (e perciò esplorativi) perseguiti dall’istante. Tuttavia, ha rilevato il Giudice, la ricorrente ha superato tale eccezione, essendo l’istanza puntualmente presentata quanto alla tipologia di documenti (titoli edilizi e concessioni demaniali relativi ad altra impresa individuata) e quanto alla sezione temporale di riferimento (rilasci antecedenti al 1985).
I corretti margini del potere di differimento
Per legge, l’ambito nel quale si muove ed opera di potere di differimento è definito dall’art. 24L. n. 241/1990 e dall’art. 9D.P.R. n. 184/2006 come segue: “l’accesso ai documenti amministrativi non può essere negato ove sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento”, mentre l’art. 9D.P.R. n. 184/2006 dispone che “Il differimento dell’accesso è disposto ove sia sufficiente per assicurare una temporanea tutela agli interessi di cui all’art. 24, comma 6, della legge, o per salvaguardare specifiche esigenze dell’Amministrazione, specie nella fase preparatoria dei provvedimenti, in relazione a documenti la cui conoscenza possa compromettere il buon andamento dell’azione amministrativa. L’atto che dispone il differimento dell’accesso ne indica la durata”. Il Tar ha chiarito che il potere di differimento:
– implica una temporanea “sospensione” del giudizio sulla fondatezza dell’accesso, in relazione alla esigenza di preservare sostanzialmente gli altri interessi -pubblici e/o privati- che vengono in giuoco, potenzialmente suscettibili di essere lesi o compressi in ragione della ostensione;
– presuppone la traslazione nel tempo del divisamento degli interessi;
– integra, perciò, un tertium genus – oltre al diniego e all’accoglimento – di riscontro alla domanda di accesso.
Così tratteggiati i confini dell’istituto, se ne comprende il carattere meramente interinale e transeunte, destinato a venir meno con la conseguente riespansione del potere di definitiva regolazione degli interessi tipico dell’Amministrazione. Per quanto riguarda il caso concreto, non si è mai verificata l’evenienza che giustifica l’esercizio del potere di differimento, in quanto l’unico elemento che l’Amministrazione ha frapposto all’ostensione è di carattere operativo-esecutivo: la non accessibilità dei locali per ragioni igieniche. Mancano dunque fattori in grado di giustificare il differimento, da intendersi quali interessi particolarmente protetti, esigenze dell’Amministrazione, ecc.
La materiale e supposta inaccessibilità per motivi sanitari della sede è stata risolta dal Tar suggerendo il prelievo puntuale dei documenti e il loro successivo esame in sede diversa.
Diritto di accesso e contratti pubblici: la recente posizione dell’Adunanza plenaria
Il tema del diritto di accesso, sempre ben presente sui tavoli giurisprudenziali, è stato recentemente affrontato dall’Adunanza plenaria con la pronuncia n. 10/2020 rispetto alla materia dei contratti pubblici, chiarendo che:
a) la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l’istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una specifica disciplina, anche alla stregua della disciplina dell’accesso civico generalizzato, a meno che l’interessato non abbia inteso fare esclusivo ed inequivocabile riferimento alla disciplina dell’accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l’istanza solo con specifico riferimento ai profili della L. n. 241/1990, senza che il giudice amministrativo possa mutare il titolo dell’accesso, definito dall’originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all’esito del procedimento;
b) è ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell’art. 22L. n. 241/1990, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell’aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza
non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale;
c) la disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all’art. 53D.Lgs. n. 50/2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all’esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l’eccezione del comma 3 dell’art. 5-bisD.Lgs. n. 33/2013 in combinato disposto con l’art. 53 e con le previsioni della L. n. 241/1990, che non esenta in toto la materia dall’accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell’accesso con le eccezioni relative di cui all’art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.

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