10/08/2020 – Quanto restano efficaci le graduatorie concorsuali degli enti locali? Due o tre anni? Ancora indicazioni confusionarie da parte della magistratura contabile

Quanto restano efficaci le graduatorie concorsuali degli enti locali? Due o tre anni? Ancora indicazioni confusionarie da parte della magistratura contabile
 
La Corte dei conti non di rado emette pareri che non tengono conto della complessa realtà nell’ambito della quale opera la pubblica amministrazione.
Ne è un esempio clamoroso la querelle durata anni ed anni sui diritti dei rogito dei segretari. La Corte dei conti ha insistito nel negarli ai segretari di fascia A e B operanti nei comuni privi di dirigenti, mentre nel contempo decine e decine di giudici del lavoro stabilivano esattamente l’opposto.
La magistratura contabile invece di contribuire al chiarimento della fattispecie ha solo cagionato un contenzioso immenso, finché non ha dovuto fare un passo indietro.
 
Il parere 4.8.2020, n. 85, della Sezione Sardegna pare caratterizzato dal medesimo modo di concepire i problemi, come fossero incentrasi esclusivamente sulla visione della Corte dei conti.
I magistrati contabili sono certamente al corrente della circostanza che esiste una foltissima e robustissima corrente interpretativa dei Tar e del giudice ordinario secondo la quale gli enti locali non hanno affatto quella totale libertà di scegliere se assumere scorrendo la graduatoria o meno. Sintonizzare le decisioni delle varie magistrature sarebbe un compito del legislatore. Ma, che poi le magistrature contribuiscano a loro volta a cortocircuiti interpretativi, sarebbe certo possibile e necessario evitarlo.
Se, poi, i pareri fossero anche più meditati e volti ad osservare le norme nella loro interezza, sarebbe gradito.
La Sezione Sardegna si è prodotta nella soluzione del quesito che si è venuto a porre a seguito della modifica operata all’articolo 35, comma 5-ter, del d.lgs 165/2001 dall’articolo 1, comma 149, della legge 160/2019, ai sensi del quale “Le graduatorie dei concorsi per il reclutamento del personale presso le amministrazioni pubbliche rimangono vigenti per un termine di due anni dalla data di approvazione”.
Tale durata non è coordinata con quella definita dall’articolo 91, comma 4, del d.lgs 267/2000, il quale stabilisce che “Per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un
termine di tre anni dalla data di pubblicazione […]”.
La domanda che si sono posti gli operatori, dunque, è: qual è l’efficacia delle graduatorie degli enti locali? Tre anni o due anni?
La risposta della Corte dei conti è quella che segue, ma come dimostreremo, è, purtroppo, sbagliata: “L’antinomia tra le due disposizioni normative in ordine ai termini di validità delle graduatorie concorsuali (l’art. 35, comma 5-ter, del TUPI – norma di carattere generale indirizzata a tutte le Amministrazioni indicate nell’art. 1, comma 2, delle “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle Amministrazioni pubbliche” – e l’art. 91, comma 4, del TUEL – norma di carattere speciale indirizzata alle Amministrazioni di cui all’art. 2, comma 1, del “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”) è risolta dal principio lex posterior generalis non derogat priori speciali. In altri termini, essendo il criterio cronologico recessivo rispetto a 15 quello di specialità, la modifica della norma di carattere generale non produce effetto rispetto alla norma di carattere speciale, con la conseguenza che la legge di bilancio 2020 introduce un doppio binario in merito ai termini di scadenza delle graduatorie concorsuali: per le Amministrazioni statali di cui all’art. 1, comma 2, TUPI vale il disposto del citato art. 35 e l’efficacia sarà limitata a due anni (con decorrenza dall’approvazione della graduatoria), mentre per le Amministrazioni di cui all’art. 2, comma 1, TUEL permane il regime previsto del citato art. 91 e l’efficacia sarà di tre anni (con decorrenza dalla pubblicazione della graduatoria)”.
No. L’antinomia non è risolta dal principio “lex posterior generalis non derogat priori speciali”, perché si ricorre al principio del rapporto di specialità delle norme tra loro, se non vi è una norma di legge che regola i rapporti tra le leggi.
La Sezione Sardegna commette l’errore, invero grave, di trascurare le previsioni dell’articolo 88 del d.lgs 267/2002: “All’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29, e successive modificazioni ed integrazioni, e le altre disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni nonché quelle contenute nel presente testo unico”.
Il problema del rapporto tra il testo unico degli enti locali e il testo unico del rapporto di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, dunque, è stato risolto direttamente dal legislatore, che impone di applicare le norme del d.lgs 165/2001. Non c’è nessun rapporto di legge speciale rispetto alla legge generale.
Le indicazioni della magistratura contabile sortiscono solo l’effetto di creare confusione ed aprono la stura a contraddizioni e possibili contenziosi, aperti a soluzioni del problema del tutto antinomiche. Conseguenze che le esigenze di certezza del diritto dovrebbero sempre essere scongiurata, specie nell’esercizio di funzioni di consulenza.

Print Friendly, PDF & Email
Torna in alto