31/10/2019 – Parchi eolici e strumenti di tutela del paesaggio e dell’ambiente

Parchi eolici e strumenti di tutela del paesaggio e dell’ambiente
di Giuseppe Cassano – Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics
Innanzi all’adito T.A.R. Puglia, ecce è controversa una vicenda che origina dal progetto con cui una società (poi ricorrente) intendeva realizzare un parco eolico e nel contesto della quale è adottato il provvedimento (impugnato) di diniego di proroga della V.I.A..
L’adito Collegio giudicante osserva tra l’altro, in punto di diritto, come il paesaggio – da un lato – e l’ambiente – dall’altro lato – siano due distinti beni giuridici cui corrispondono profili diversi di tutela.
A livello statale, invero, la tutela degli stessi è affidata a due diversi Ministeri, precisamente il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per quanto concerne il bene giuridico paesaggio ed il Ministero dell’Ambiente per quanto concerne il bene giuridico ambiente.
Deve poi rilevarsi come, almeno in linea generale, ogni trasformazione del territorio implichi, a cura dell’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico, un giudizio di compatibilità del nuovo assetto che si vorrebbe realizzare con i valori che esso intende proteggere, teso a verificare se ed in quale misura le ulteriori opere vadano ad incidere sul contesto paesistico-ambientale.
Oggi si afferma in giurisprudenza, con orientamento consolidato, che l’urbanistica ed il correlativo esercizio del potere di pianificazione non possono essere intesi, sul piano giuridico, solo come un coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, così offrendone una visione affatto minimale, ma devono essere ricostruiti come intervento degli Enti esponenziali sul proprio territorio, in funzione dello sviluppo complessivo ed armonico del medesimo, per cui l’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale ben può tenere conto delle esigenze legate alla tutela di interessi costituzionalmente primari, tra i quali rientrano quelli contemplati dall’art. 9 della Costituzione (Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710Cons. Stato, sez. IV, 22 febbraio 2017, n. 821Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2015, n. 4716T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 18 giugno 2018, n. 1534).
Se è poi indubbio, con riferimento più da vicino alla vicenda oggetto di intervento del G.A. salentino, che l’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sia valutato con favore dal Legislatore comunitario e da quello nazionale, è, tuttavia, altrettanto evidente che le direttive di settore e la normativa interna fanno salvo l’esercizio di poteri pubblicistici ad alto tasso di discrezionalità, da parte dello Stato e delle autonomie locali, specialmente in vista del contemperamento tra progettazione di nuove infrastrutture ed esigenze di tutela dell’ambiente, del paesaggio e dell’ordinato assetto del territorio.
Nell’esercizio della funzione di tutela, l’obiettivo primario perseguito dagli enti locali consiste nel preservare l’ambito territoriale vincolato nel quale si collochi l’opera, in considerazione delle effettive e reali condizioni dell’area d’intervento.
Sul punto, la giurisprudenza ha, infatti, precisato che alla tutela del paesaggio (che il MIBAC esercita esprimendo il suo obbligatorio parere nell’ambito del procedimento di compatibilità ambientale) è estranea ogni forma di attenuazione della tutela paesaggistica determinata dal bilanciamento o dalla comparazione con altri interessi, ancorché pubblici, che di volta in volta possono venire in considerazione, con la conseguenza che il parere del MIBAC in ordine alla compatibilità paesaggistica non può che essere un atto strettamente espressivo di discrezionalità tecnica.
Tale conclusione è stata ricondotta direttamente all’art. 9 Cost. che, tutelando al massimo livello possibile il paesaggio, così come il patrimonio artistico e storico della Nazione, richiede alle Amministrazioni preposte l’espressione di valutazioni anzitutto tecnico-professionali e, solo in secondo luogo, eventualmente comparative e ponderative d’interessi.
Tale valutazione è, dunque, sindacabile in sede di giudizio esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione nonché sotto il profilo dell’adeguata motivazione, considerati anche per l’aspetto concernente la correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, ma fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche, sicché, in sede di giurisdizione di legittimità, può essere censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, affinché il sindacato giudiziale non divenga sostitutivo di quello dell’amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile (Cons. Stato, sez. IV, 30 gennaio 2019, n. 738).
La possibilità del sindacato giurisdizionale delle scelte tecnico discrezionali dell’Amministrazione è, dunque, ristretta nei limitati confini del c.d. sindacato giurisdizionale debole, il quale può giungere ad esiti di annullamento solo per le ipotesi in cui dette scelte risultino essere manifestamente irrazionali, irragionevoli o palesemente contraddittorie (T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 19 marzo 2019, n. 403).
Avuto riguardo, più da vicino, al profilo di tutela dell’ambiente deve precisarsi come la VIA rappresenti lo strumento necessario a garantire una tutela unitaria e non frazionata di tale bene.
La tutela dell’ambiente non è configurabile «come sfera di competenza statale rigorosamente circoscritta e delimitata, giacché, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e competenze».
L’ambiente è un valore «costituzionalmente protetto, che, in quanto tale, delinea una sorta di materia “trasversale”, in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, che ben possono essere regionali, spettando però allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull’intero territorio nazionale» (Corte Cost. sentenza n. 407 del 2002; nello stesso senso, più recentemente, le sentenze Corte Cost. n. 66 del 2018n. 218 del 2017 e n. 212 del 2017n. 210 del 2016).
In tal caso, la disciplina statale nella materia della tutela dell’ambiente «”viene a funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province autonome dettano in altre materie di loro competenza”, salva la facoltà di queste ultime di adottare norme di tutela ambientale più elevata nell’esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che concorrano con quella dell’ambiente” (Corte Cost. sentenza n. 199 del 2014; nello stesso senso, le sentenze Corte Cost. n. 246 e n. 145 del 2013n. 67 del 2010n. 104 del 2008 e n. 378 del 2007). La trasversalità della tutela ambientale implica una connaturale intersezione delle competenze regionali, attraversate, per così dire, dalle finalità di salvaguardia insite nella materia-obiettivo» (T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 24 giugno 2019, n. 8247).
Si consideri ancora che:
– «la valutazione d’impatto ambientale, in quanto finalizzata alla tutela preventiva dell’interesse pubblico, non si risolve in un mero giudizio tecnico, presentando profili particolarmente elevati di discrezionalità amministrativa, che sottraggono al sindacato giurisdizionale le scelte effettuate dall’amministrazione quando non siano manifestamente illogiche e incongrue» (Cons. Stato, sez. IV, 10 febbraio 2017, n. 575);
– «la valutazione di impatto ambientale non si sostanzia in una mera verifica di natura tecnica circa la astratta compatibilità ambientale di un’opera, ma implica una complessa e approfondita analisi comparativa tesa a valutare il sacrificio ambientale imposto rispetto all’utilità socio – economica, tenuto conto anche delle alternative possibili e dei riflessi sulla stessa c.d. opzione-zero (Cons. Stato, sez. V, 2 ottobre 2014, n. 4928).
1.3 Tale giudizio è di amplissima discrezionalità che non si esaurisce in un mero giudizio tecnico, in quanto tale suscettibile di verificazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa in relazione all’apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, con conseguenti limiti al sindacato giurisdizionale sulla determinazione finale emessa (Cons. Stato sez. V, 27 marzo 2013, n. 1783T.A.R. Veneto 25 marzo 2016, n. 311).
Ne consegue che, in tutta evidenza, tale giudizio presuppone una valutazione globale del progetto, alla luce di tutti gli apporti procedimentali provenienti dagli enti coinvolti» (T.A.R. Marche, Ancona, sez. I, 4 marzo 2019, n. 139).

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