29/11/2019 – Niente rimborsi al dipendente in comando presso il piccolo comune

Per il ministero dell’interno non si tratta di una missione – Niente rimborsi al dipendente in comando presso il piccolo comune
Non spetta alcun rimborso delle spese di viaggio del personale di comuni di maggiori dimensioni che svolga attività oltre l’orario di lavoro in comuni con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti, ai sensi dell’articolo 1, comma 557, della legge 311/2004. Lo ha chiarito la direzione centrale per gli uffici territoriali del governo e per le autonomie locali, col parere 21 febbraio 2018, n. 2840. Il Viminale accoglie la teoria espressa dalla Corte dei conti, sezione Piemonte, col parere 223/2012, secondo il quale le spese di viaggio nel caso dell’articolo 1, comma 557, non sono ammissibili perché si tratta di un istituto assimilabile al comando. E, ricorda la nota del Viminale, in merito al comando il Consiglio di stato, sezione IV, sentenza 937/2010 si è espresso nel senso che non possono essere accomunati l’istituto della missione e quello del comando: quest’ultimo, infatti, comporta un prolungato spostamento del dipendente da una sede all’altra, divenendo quella nuova l’ordinaria sede di lavoro.
In apparente contrasto con le conclusioni del ministero dell’interno è il recente parere della Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Basilicata, 19 settembre 2019, n. 59, che si occupa della medesima questione.
Secondo i giudici contabili, occorre valorizzare la previsione dell’articolo 6, comma 20, del dl 789/2010, convertito in legge 125/2010 (che ha abolito varie indennità di missione), ai sensi del quale «le disposizioni del presente articolo non si applicano in via diretta alle regioni, alle province autonome e agli enti del Servizio sanitario nazionale, per i quali costituiscono disposizioni di principio ai fini del coordinamento della finanza pubblica».
L’articolo 6, comma 12, del dl 78/2010, quindi, per gli enti locali ha natura di norma di principio di coordinamento finanziario, come confermato dalla Corte costituzionale con sentenza 139/2012. Quindi, gli enti locali possono con propria regolamentazione accollarsi spese di rimborso viaggio maggiori di quelle in astratto da contenere, compensandole con minori spese di altra natura nel rispetto del limite complessivo di spesa imposto dalle varie norme di contenimento di finanza pubblica disposte dalla norma del 2010. Tale parere della sezione Basilicata, che non entra nel merito della configurazione dell’istituto regolato dall’articolo 1, comma 557, della legge 311/2010, è comunque da considerare del tutto erroneo e fuorviante.
Infatti, evidentemente si basa sull’assunto sbagliato che il comma 557 regolerebbe proprio una «missione» del dipendente dell’ente di maggiori dimensioni verso l’ente con popolazione fino a 5 mila abitanti.
Ma, si tratta di una ricostruzione inesatta. La missione presuppone che l’ente datore di lavoro invii in un’altra sede un proprio dipendente, per ragioni attinenti al rapporto di lavoro e di servizio tra l’ente che attiva la missione ed il proprio dipendente.
Nel caso dell’articolo 1, comma 557, le cose non stanno affatto così. Il dipendente che svolge attività nell’ente di piccole dimensioni non svolge alcuna attività connessa al rapporto di lavoro che conduce con l’ente di «provenienza». Il comma 557 non prevede relazione alcuna tra i due enti, che non si convenzionano tra loro per condividere un dipendente o attività.
Al contrario, il comma 557 consente ad un dipendente di un ente di maggiori dimensioni di prestare attività lavorativa verso un ente con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti se autorizzato dal proprio datore di lavoro. Dunque, il datore del dipendente si limita ad autorizzarlo a svolgere attività lavorativa presso un altro ente, in deroga all’obbligo di esclusività della prestazione lavorativa. Ma, il dipendente autorizzato instaura e conduce con l’ente di piccole dimensioni un’attività lavorativa in tutto e per tutto diversa e autonoma da quella che svolge presso l’ente di maggiori dimensioni.
La prestazione verso l’ente di piccole dimensioni non concorre al rispetto del debito orario del dipendente verso l’ente datore principale, ma si svolge oltre le 36 ore e assolutamente non nell’interesse del comune di maggiori dimensioni.
Dunque, a ben vedere né si tratta di comando (il comando presuppone una volontà dell’ente di inviare il dipendente a lavorare presso altro ente; nel caso del comma 557 è il dipendente che chiede l’autorizzazione a prestare attività lavorativa in altro ente), perché esso implica l’integrale spostamento delle obbligazioni lavorative entro le 36 del dipendente dall’ente comandante verso l’ente comandatario. Né di missione, perché il dipendente è autorizzato a intraprendere un autonomo rapporto di lavoro con l’ente di piccole dimensioni.

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