27/11/2019 – Responsabilità civile della pubblica amministrazione per cose in custodia

Responsabilità civile della pubblica amministrazione per cose in custodia, sentenza cassazione 8 marzo 2017 n. 5807 – Gabriele Gentilini
Si riporta in questa sede un caso di responsabilità civile riconducibile alla fattispecie dell’art. 2051 c.c. con specifico riferimento alla pubblica amministrazione.

L’allegata copia del provvedimento giurisdizionale attesta le valutazioni compiute su cui si riportano alcuni estratti e principi.

In pratica emerge in questo contesto l’orientamento giurisprudenziale prevalente che individua nella fattispecie di cui all’art. 2051 c.c. una responsabilità di tipo “oggettivo”, poichè la norma istituisce un criterio legale di imputazione della responsabilità per i danni cagionati dalla cosa, per suo dinamismo interno o per fatto estrinseco da fenomeno naturale o da condotta umana, prescindendo del tutto dalla verifica della colpa del custode, inteso quale soggetto che detiene di fatto il potere di controllo sulla res.

Si legge in particolare che “la condotta dell’automobilista che procede a velocità eccessiva è concausa dell’evento dannoso anche in caso di responsabilità oggettiva per cose in custodia ex art. 2051 c.c. .”

“Con sentenza 25.2.2015 n. 144 la Corte d’appello di Cagliari accoglieva parzialmente l’appello principale del M. , rigettando l’appello incidentale della  Provincia, e rideterminava il grado del concorso di colpa, attribuito nella misura  del 60% alla Provincia di Cagliari; rigettava la domanda risarcitoria relativa alle  ulteriori spese mediche pregresse ed a quelle future, per difetto di idonea  allegazione e prova; rigettava la domanda di risarcimento del danno  patrimoniale da ridotta capacità lavorativa specifica, in assenza di prova di  diminuzione reddituale o di future occasioni perdute; riliquidava il danno  biologico, includendo anche il danno morale soggettivo, personalizzandolo nella  misura massima del 25% di incremento del punto, come previsto dalle Tabelle  milanesi.”

Il detto giudice civile di legittimità ricorda che “Si osserva al proposito che, se l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, assolutamente prevalente, individua nella fattispecie di cui all’art. 2051 c.c. una responsabilità di tipo “oggettivo” (in quanto la norma viene ad istituire un criterio legale di imputazione della responsabilità per i danni cagionati dalla cosa – per suo dinamismo interno o per fatto estrinseco da fenomeno naturale o da condotta umana – prescindendo del tutto dalla verifica della colpa del custode, inteso quale soggetto che detiene di fatto il potere di controllo sulla res: cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 15613 del 26/07/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 20427 del 25/07/2008; id. Sez. 3, Sentenza n. 11016 del 19/05/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 2660 del 05/02/2013; id. Sez. 6 – 3, Sentenza n. 25214 del 27/11/2014), è del pari radicato l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la prova liberatoria del custode può operare esclusivamente sul piano del nesso di causalità, dovendo dimostrare il custode l’interruzione della sequenza eziologica, tra l’”agire” della cosa e l’eventum damni, determinata da una causa sopravvenuta da sola sufficiente ad assorbire la efficienza produttiva del danno, qual è il “caso fortuito” declinato secondo le caratteristiche dell’evento imprevedibile ed inevitabile – tale potendo consistere anche nel fatto del terzo o nella condotta dello stesso danneggiato – che assorbe integralmente la potenzialità lesiva del cosa, venendo autonomamente a generare il danno (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 11016 del 19/05/2011).”.

La prova del caso fortuito, allora, non è la prova del comportamento tenuto, ma la prova di un evento che vale ad interrompere il nesso di causalità tra evento e danno. Dare al soggetto solo la possibilità di provare il caso fortuito equivale a dire che è insufficiente la prova della propria diligenza, per questo si tratterebbe pertanto di un caso di responsabilità oggettiva.

“Deve pertanto ribadirsi il principio di diritto secondo cui “la  responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall’art. 2051  cod. civ. prescinde dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del  comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua  configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento; tale  responsabilità prescinde, altresì, dall’accertamento della pericolosità della cosa  stessa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, essendo esclusa  solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio  totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale  tale da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la cosa e l’evento dannoso  o da affiancarsi come ulteriore contributo utile nella produzione del danno”  (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8229 del 07/04/2010). L’operare sul piano del nesso eziologico della prova liberatoria del custode, non  esclude tuttavia – nel caso in cui il fatto sopravvenuto non raggiunga il  carattere dell’autonomo determinismo causale del danno- la rilevanza della  concausa – ove allegata e provata – valutabile in relazione al grado di incidenza  che la stessa ha assunto nella produzione dell’evento lesivo, con la  conseguenza che se il fatto concausale va ravvisto nella condotta del  danneggiato, deve trovare applicazione – anche nell’ambito della responsabilità  oggettiva ex art. 2051 c.c. – la norma che prevede il “concorso del fatto  colposo del creditore” come disciplinato dall’art. 1227 comma 1 c.c. (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15779 del 12/07/2006; id. Sez. 3, Sentenza n.  15761 del 29/07/2016), avendo quindi correttamente proceduto il Giudice di  merito alla valutazione percentuale di tale contributo causale (accertamento al  quale iuxta alligata et probata era tenuto ex officio, vertendo sui fatti costitutivi della domanda risarcitoria: Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6529 del 22/03/2011; id. Sez. 6 – 3, Sentenza n. 20619 del 30/09/2014), in quanto l’efficienza eziologica del comportamento imprudente del danneggiato nell’evento lesivo non era tale da rendere possibile l’interruzione del nesso eziologico tra la condotta omissiva dell’ente proprietario della strada e l’evento dannoso (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 287 del 13/01/2015).”

Oltre la casistica riportata, non è comunque pacifica la teoria della responsabilità oggettiva dal momento che ciò che genera la responsabilità in questione è la custodia della cosa, e forse la dottrina di quegli autori che si rifanno al principio cuius commoda eius incommoda, ovvero al principio per cui chi trae utilità da una cosa si accolla anche le conseguenze negative del suo utilizzo non appare del tutto congrua Il custode, invece, potrebbe anche non ricavare alcuna utilità dall’uso dalla cosa,unico presupposto essendo quindi, il rapporto tra la cosa e l’uomo. Inoltre potrebbe sostenersi che il custode è chiamato a provare la sua diligenza nella custodia rilevando così il tenuto suo comportamento. La prova del caso fortuito potrebbe anche essere anche data indirettamente, provando che si sono adottate tutte le misure di prudenza necessarie ad evitare possibili danni. Come autorevole dottrina infatti ammette, poter conferire la prova efficace del caso fortuito equivale pur sempre a provare la propria mancanza di colpa.

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