27/11/2019 – L’affidamento diretto della gestione di un chiosco all’interno dell’Università senza gara comporta danno erariale

L’affidamento diretto della gestione di un chiosco all’interno dell’Università senza gara comporta danno erariale
di Federico Gavioli – Dottore commercialista, revisore legale e giornalista pubblicista
L’affidamento diretto di un punto ristoro all’interno dell’università è soggetto al procedimento di una gara per scegliere il contraente migliore; il mancato adempimento da parte del rettore di tale procedura e l’affidamento diretto ad un importo di locazione molto più basso, rispetto a quella precedente, comporta la responsabilità per danno erariale dello stesso rettore.
La Corte dei Conti, sezione centrale, ha condannato il rettore al versamento del minor incasso per l’università quantificabile nella differenza tra il canone versato dall’aggiudicatario della gara e quello introitato in forza dell’affidamento diretto.
Il contenzioso contabile
Con sentenza del dicembre 2016, la Sezione Giurisdizionale regionale della Corte dei conti per la regione Abruzzo ha respinto la domanda della Procura regionale con la quale era stata promossa l’azione per l’accertamento della responsabilità amministrativa a carico dell’allora rettore di una università, in relazione alla contestazione di illecito affidamento diretto della concessione di gestione di un punto ristoro all’interno dell’Ateneo, nella prospettazione accusatoria causalmente connesso al prodursi di un danno erariale, commisurato in poco più di euro 444mila, ovvero al canone che sarebbe stato assicurato all’Amministrazione mediante lo svolgimento di una gara pubblica.
Con citazione depositata il 17 dicembre 2015 la Procura Regionale della Corte dei Conti aveva convenuto in giudizio l’ex rettore per sentirlo condannare a risarcire i danni cagionati all’amministrazione di appartenenza, per avere affidato in via diretta, ad una ditta la concessione inerente la gestione di un punto bar ristoro presso l’edificio, a fronte del versamento di una somma annua a favore dell’Università di euro 6.180,00.
In data 3.7.2015 era pervenuta all’Ufficio requirente contabile denuncia da parte del nuovo Direttore Generale dell’Università ove si segnalava quale pretesa illegittimità, foriera di possibile danno erariale, l’affidamento senza gara, intervenuto nel corso del 2012, del servizio sopra descritto all’interno del campus universitario. Veniva evidenziato che, dopo aver disdettato il precedente contratto di concessione del servizio bar – che non prevedeva alcuna scadenza – l’Università aveva avviato una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento del medesimo servizio, che risultava aggiudicata in via definitiva in data 31.3.2015 ad una ditta, con un’offerta economica pari ad un canone annuo di euro 131.000,00.
Secondo l’ufficio di Procura l’ex rettore, in qualità di rettore, avrebbe violato la normativa in materia di affidamento in concessione della gestione dei servizi di punto di ristoro avendo omesso lo svolgimento di procedura ad evidenza pubblica. In ragione di tale comportamento avrebbe arrecato alle casse pubbliche un danno correlato alle minori entrate generate dall’affidamento diretto, stabilito a condizioni nettamente svantaggiose per l’ateneo. Il danno si sarebbe dovuto identificare nella differenza tra l’ammontare dell’importo annuo oggetto di affidamento, in seguito a gara del 2015, e l’importo effettivamente incassato in forza dell’affidamento diretto. Sulla scorta di tale differenza, indicata in una somma annua di euro 124.000,00, applicata per tutto il periodo di gestione da parte della ditta (3 anni e 7 mesi), la Procura è giunta a quantificare il danno complessivo da mancate entrate in oltre euro 444mila euro.
Il danno erariale contestato è stato, quindi, individuato dalla Procura regionale nel mancato introito in capo all’Università, dovuto alla minor somma percepita nel corso degli anni per essere la gestione del ristoro-bar affidata direttamente al titolare di una ditta senza gara e senza indagine di mercato, in assenza di trasparenza e senza garantire per l’ateneo il giusto prezzo di mercato. Vi sarebbe, quindi, stata una gestione fortemente penalizzante per l’ateneo in quanto non remunerativa secondo le leggi economiche di mercato.
L’analisi della Corte dei Conti
Con l’atto di impugnazione la Procura regionale censura la sentenza di primo grado per aver ritenuto insussistenti gli elementi costitutivi della responsabilità amministrativa, in particolare per difetto di prova circa la sussistenza del nesso causale tra la condotta oggetto di contestazione ed il danno patrimoniale subito dalla Università degli studi. Secondo la parte appellante risulterebbe pacifico che l’affidamento in via diretta della gestione del punto bar ristoro è avvenuta ad opera del rettore, e, in assenza dell’intervento di diverse condotte determinanti, non potrebbe negarsi efficienza causale alla sua condotta nella produzione del danno patrimoniale in contestazione.
La Procura regionale si lamenta, altresì, della sentenza impugnata, laddove è stata esclusa l’esistenza della colpa grave. Rileva, al riguardo, che non potrebbe dubitarsi della sussistenza del detto elemento soggettivo atteso che il rettore avrebbe inescusabilmente violato il principio di concorsualità obliterando radicalmente ogni procedura di gara; neppure avrebbe disposto l’affidamento diretto in base a parametri economici appropriati, risultando sostanzialmente arbitrario il meccanismo di determinazione dell’importo.
Per la Corte dei Conti la prospettazione offerta dall’appellante appare meritevole di accoglimento.
Dall’esame degli atti emerge pacificamente che in data 13 febbraio 2012 l’ex rettore ha provveduto ad autorizzare la concessione in uso di una porzione immobiliare all’interno dei locali universitari, sede del Campus universitario, a favore della ditta per la gestione di un punto bar ristoro.
L’affidamento è avvenuto in via diretta, con previsione di un versamento a favore dell’ateneo di una somma annua di euro 6.180,00, Iva compresa, senza l’indicazione di un termine di scadenza, contemplandosi unicamente, a favore dell’Università, la facoltà di richiedere il rilascio degli spazi oggetto di assegnazione, con un termine di preavviso di 30 giorni.
Sulla natura concessoria del rapporto, analogo a quello per cui è causa, si è pronunciata anche la Suprema Corte di cassazione affermando che ove un ente pubblico “abbia affidato ad un privato la gestione del servizio di bar all’interno di un ospedale pubblico, il rapporto tra la p.a. ed il privato, avendo ad oggetto un’attività da svolgersi all’interno di locali facenti parte della struttura immobiliare ospedaliera può trovare titolo solo in un atto concessorio, potendo tali beni essere trasferiti nella disponibilità di privati, per usi determinati, solo mediante concessioni amministrative” (Cass., SS. UU., n. 15382/2009).
La Corte dei Conti ritiene che in ogni caso, a prescindere delle qualificazioni formali che si intendano attribuire al rapporto concessorio, si tratta di affidamento che richiedeva indubbiamente l’applicazione delle regole dell’evidenza pubblica.
Infatti, tanto in considerazione della natura del bene affidato quanto dell’attività da svolgere nel locale, è indubbio che l’affidamento ad un operatore economico privato avrebbe dovuto avvenire mediante procedura a evidenza pubblica secondo principi di trasparenza, pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento e proporzionalità.
Come chiarito dal consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, l’affidamento di concessioni amministrative aventi ad oggetto l’uso di beni pubblici è assoggettato al generale obbligo delle Amministrazioni – derivante dai fondamentali principi di diritto comunitario rinvenibili direttamente nel Trattato CE (libertà di stabilimento, di libera prestazione dei servizi, nonché principi di par condicio, imparzialità e trasparenza) – di esperire procedure ad evidenza pubblica ai fini della individuazione del soggetto contraente.
In proposito è stato precisato che “la mancanza di una procedura competitiva circa l’assegnazione di un bene pubblico suscettibile di sfruttamento economico, introduce una barriera all’ingresso al mercato, determinando una lesione alla parità di trattamento, al principio di non discriminazione ed alla trasparenza tra gli operatori economici, in violazione dei principi comunitari di concorrenza e di libertà di stabilimento” (Consiglio di Stato, Sez. V, 17 maggio 2011, n. 3250).
Del tutto destituita di fondamento si appalesa, in tale contesto, l’argomentazione addotta dalla difesa dell’appellato, secondo la quale il provvedimento assunto dall’ex rettore si configurerebbe quale mero atto confermativo di un precedente affidamento alla stessa ditta, disposto nel gennaio 2004 dal Dirigente generale pro tempore dell’ateneo.
Per quanto risultante in atti, il nuovo contratto, sottoscritto su iniziativa dell’ex rettore, concerne un diverso punto di ristoro, non configurandosi quale mera proroga del precedente, che aveva ad oggetto un diverso locale.
Per la Corte dei Conti non può quindi dubitarsi della riconducibilità del danno in contestazione all’ex rettore, quale autore del provvedimento concessorio di affidamento, non potendosene escludere l’efficacia causale per la sola ragione della cessazione della carica di rettore, per dimissioni.
Fermo restando che il danno verificatosi al 31 maggio 2012 è maturato in pendenza dell’incarico dell’ex rettore, è di tutta evidenza che gli effetti del contratto di durata dal medesimo perfezionato si sono perpetuati anche con riguardo al periodo successivo alla sua cessazione, risultando il pregiudizio prodottosi in capo all’ateneo per il mancato introito, in diretto rapporto causa-effetto con la condotta illecita dell’ex rettore.
Per la Corte dei Conti, sezione centrale, la sentenza di primo grado deve essere riformata e per l’effetto l’ex rettore va condannato a risarcire all’Università la somma di oltre euro 144mila, oltre interessi da quest’ultima data sino al saldo.

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