tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

Scia edilizia condizionata da atto autorizzativo a tutela del vincolo paesaggistico: riflessi sul silenzio-assenso

di Michele Deodati – Responsabile SUAP Unione Appennino bolognese e Vicesegretario comunale
Opere edilizie in zona vincolata
In relazione ad un immobile in corso di ristrutturazione e piscina in via di edificazione in una zona su cui insiste un vincolo paesaggistico, è stato emesso un provvedimento di sequestro preventivo dal G.I.P. poi confermato in sede di riesame dal Tribunale. I reati contestati sono quelli previsti dall’art. 44, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 380 del 2001 e dall’art. 181, comma 1, D.Lgs. n. 42 del 2004. Il Tribunale, in particolare, ha evidenziato che le opere erano in corso di realizzazione nonostante non si fosse perfezionata la procedura di silenzio-assenso presso la Soprintendenza dei Beni Culturali ed Ambientali.
Il ricorso per Cassazione: la tesi del silenzio-assenso
A questo punto, l’indagato ha presentato ricorso per Cassazione con riguardo al perfezionamento della procedura di silenzio-assenso, deducendo che gli atti interruttivi della fattispecie del silenzio-assenso adottati dalla P.A. in relazione alla pratica per l’autorizzazione paesaggistica, consistenti in una richiesta di integrazioni documentali, non sarebbero pervenuti a conoscenza dell’interessato, o che comunque non poteva ritenersi perfezionata una conoscenza legale dei medesimi. In sostanza, il privato asserisce che di fronte al silenzio serbato dall’Amministrazione rispetto all’autorizzazione paesaggistica, lo stesso ha ritenuto perfezionato il silenzio-assenso, e pertanto ha dato avvio ai lavori, contro i quali è stato emesso il provvedimento restrittivo.
Nello specifico, si precisa che la nota contenete la richiesta di integrazioni è stata spedita dopo il decorso dei centoventi giorni necessari per il perfezionamento della procedura di silenzio-assenso. Sempre il ricorrente ha sostenuto che compete all’accusa dimostrare che il privato ha ricevuto la richiesta integrativa.
La Scia “condizionata” dal rilascio di atti presupposti
Ma la Corte di Cassazione, Sezione Penale, con la sentenza n. 15523 del 9 aprile 2019 ha ritenuto infondato il ricorso. La questione che è stata posta all’attenzione del Supremo Collegio è se l’autorizzazione paesaggistica prevista per la realizzazione di opere edilizie in aree sottoposte a vincolo, e per le quali è necessaria la segnalazione certificata di inizio di attività, possa intendersi rilasciata per effetto del silenzio della Pubblica Amministrazione competente. In sostanza, l’intervento edilizio da attivare constava di una Scia edilizia che, secondo il linguaggio giuridico espresso dalla L. n. 241 del 1990 a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 126 del 2016 (Scia1), è “condizionata” dal previo rilascio di un atto presupposto, costituito dall’autorizzazione paesaggistica. Fintanto che quest’ultima non è rilasciata, i lavori non possono cominciare.
La ricostruzione del quadro normativo d’interesse
La Corte ha dunque risolto in senso negativo la questione inerente la possibilità di superare con silenzio-assenso il mancato rilascio di un’autorizzazione paesaggistica da intendersi quale atto presupposto di una Scia. A sostegno, la Sentenza ha argomentato con riferimento a varie disposizioni del D.P.R. n. 380 del 2001. All’art. 20, comma 8, modificato da ultimo ad opera del D.Lgs. n. 127 del 2016, si prevede che decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui alla L. 7 agosto 1990, n. 241art. 14 e seguenti. E’ appena il caso di ricordare che se a seguito dell’inerzia si applica la procedura della Conferenza di servizi, qui il silenzio opera anche con riguardo ai procedimenti in cui sono coinvolti interessi sensibili, fatti salvi i casi in cui disposizioni del diritto dell’Unione europea richiedono l’adozione di provvedimenti espressi.
Ancora, il successivo art. 22, che si occupa degli interventi soggetti a Scia, a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 222 del 2016, prevede che la realizzazione degli interventi di cui al presente Capo che riguardino immobili sottoposti a tutela storico-artistica, paesaggistico-ambientale o dell’assetto idrogeologico, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell’autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative. Nell’ambito delle norme di tutela rientrano, in particolare, le disposizioni di cui al Codice del paesaggio (D.Lgs. n. 42 del 2004). Ad ulteriore sostegno di quanto descritto più sopra sulla Scia condizionata da atti presupposti, milita anche l’art. 23-bis del Testo unico edilizia, in base al quale è necessario acquisire tutti gli atti di assenso, comunque denominati, necessari per l’intervento edilizio.
La ricostruzione del quadro normativo ha poi affrontato l’art. 20L. n. 241 del 1990, dedicato al silenzio-assenso, che per espressa previsione normativa non si applica agli atti e procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico, l’ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l’immigrazione, l’asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumità, ai casi in cui la normativa comunitaria impone l’adozione di provvedimenti amministrativi formali, ai casi in cui la legge qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza, nonché agli atti e procedimenti individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri competenti.
Effetti della mancata emissione dell’atto presupposto alla Scia
Così enucleato il contesto normativo d’interesse, la Suprema Corte ha desunto che quando si intende realizzare un intervento edilizio per il quale è necessaria il permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio di attività, riguardanti immobili sottoposti a tutela paesaggistica o ambientale, è necessario acquisire preventivamente il parere o l’autorizzazione prevista dalle specifiche discipline di salvaguardia, e, inoltre, che l’istituto del silenzio assenso non opera con riferimento agli atti e procedimenti riguardanti la tutela del patrimonio paesaggistico o dell’ambiente.
La posizione della giurisprudenza su casi analoghi
Anche la giurisprudenza pregressa appare orientata in questo senso. Cass. civ., Sez. III, 28 maggio 2004, n. 38707 ha affermato che in tema di tutela del paesaggio, il provvedimento autorizzatorio previsto dalla legislazione di settore deve avere forma espressa, atteso che il silenzio dell’amministrazione proposta alla tutela del vincolo non può avere valore di assenso stante la necessità di valutare da parte della p.a. equilibri diversi e tenere conto del concorso di competenze statali e regionali.
In parallelo, si perviene alle stesse conclusioni con riferimento alla definizione delle pratiche edilizie mediante sanatoria. La speciale causa di estinzione del reato paesaggistico introdotta dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724art. 39, comma 8, è subordinata, in caso di opere eseguite in zona vincolata, al conseguimento delle autorizzazioni delle Amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, non essendo applicabile la procedura del silenzio-assenso, prevista dalla L. 23 dicembre 1994, n. 724art. 39, comma 4, che si riferisce alla sola ipotesi di violazioni edilizie eseguite in zona non vincolata (Cass. civ., Sez. III, 16 maggio 2018, n. 30059).
Fumus commissi delicti
Riguardo all’ordinanza di sequestro, la Corte non ravvisa illegittimità, nel senso che la misura sanzionatoria è stata disposta in relazione ad un manufatto edile in ristrutturazione con connessa realizzazione in corso di due tettoie esterne e di una nuova piscina, in zona sulla quale insiste vincolo paesaggistico. In proposto, la ricorrente aveva presentato segnalazione certificata di inizio di attività, unitamente a richiesta di nulla osta paesaggistico, tuttavia detto provvedimento non era stato rilasciato dalla Soprintendenza.
A nulla dunque rileva la circostanza della mancata conoscenza, da parte dell’interessato, della richiesta integrativa, in quanto l’attivazione della Scia richiedeva l’emissione espressa e formale dell’atto autorizzativo in materia di paesaggio.

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