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Redditi online, decidono gli enti – Sugli incarichi da sottoporre ad obbligo di trasparenza

di LUIGI OLIVERI – Italia Oggi – 19 Luglio 2019
Le amministrazioni non statali (regioni ed enti locali) sono chiamate a stabilire con propri regolamenti di organizzazione quali tipologie di incarichi dirigenziali siano gravati dall’ obbligo di pubblicare sulla sezione «Amministrazione trasparente» dei portali la situazione reddituale e patrimoniale. L’ Anac giunge a questa conclusione con la delibera 26 giugno 2019, n. 586, adottata per definire in modo risolutivo l’ ambito di applicazione dell’ articolo 14, comma 1-bis, del dlgs 33/2019, alla luce della sentenza della Corte costituzionale 20/2019. L’ Autorità prende spunto dalla circostanza che la sentenza non ha dichiarato incostituzionalmente illegittima la norma citata in senso assoluto, ma nella sola parte nella quale non abbia limitato l’ obbligo di pubblicare la situazione patrimoniale ai soli dirigenti previsti dall’ articolo 19, commi 3 e 4, del dlgs 165/2001: si tratta dei segretari generali dei ministeri e dei dirigenti con funzioni dirigenziali di livello generale.
La delibera dell’ Anac si pone il problema se gli obblighi di pubblicità permangano solo ed esclusivamente sui dirigenti dei ministeri, i cui incarichi sono regolati dall’ articolo 19, commi 3 e 4, o se possano valere anche per la dirigenza di vertice delle amministrazioni non statali e in particolare per regioni ed enti locali. La soluzione suggerita è la seguente: «È indispensabile che le amministrazioni non statali e quelle a cui non si applica direttamente l’ art. 19, co. 3 e 4, del dlgs. 165/2001, indichino chiaramente in un apposito atto organizzativo (si pensi ad esempio al regolamento sull’ organizzazione degli uffici e dei servizi ovvero integrando, ove necessario, l’ organigramma) quali sono le posizioni dirigenziali equivalenti a quelle dell’ art. 19, co. 3 e 4, citato nei termini specificati sopra, ritenute dalla Corte sottoposte al regime di trasparenza rafforzata sui dati reddituali e patrimoniali».
La ricostruzione offerta dall’ Anac però pare in chiaro contrasto con le affermazioni della Consulta. La sentenza 20/2019 ha ben chiaro che l’ obbligo di pubblicare anche i dati patrimoniali ha una giustificazione sociale molto forte nel caso degli organi di governo, per consentire ai cittadini di verificare se i componenti degli organi di rappresentanza politica e di governo traggano vantaggi patrimoniali dalle loro cariche, acquisite grazie al rapporto di consenso politico. Ma, simili interessi alla trasparenza non sono ravvisabili, spiega la sentenza, per i dirigenti i cui redditi non discendono da un mandato politico, bensì dall’ esercizio di un’ attività lavorativa. La sentenza ha rilevato la lacuna legislativa, consistente nell’ assenza di una disciplina chiara, per mezzo della quale stabilire quali tipologie di incarichi dirigenziali siano meritevoli dell’ ampia pubblicità dello stato patrimoniale dei loro titolari.
Tuttavia, la Consulta non ha inteso ridisegnare il panorama dei destinatari degli obblighi di trasparenza, perché afferma espressamente nella sentenza 20/2019 che «ciò spetta alla discrezionalità del legislatore, al quale il giudice costituzionale, nel rigoroso rispetto dei propri limiti d’ intervento, non può sostituirsi». Ma, se la Consulta non può sostituirsi al legislatore, allo stesso modo nemmeno all’ Anac è consentito estendere la portata della norma anche al di là di quanto indicato dalla stessa sentenza 20/2019, introducendo un obbligo di regolamentazione non previsto. C’ è, per altro, da sottolineare che se spetta al legislatore in via esclusiva stabilire quali incarichi dirigenziali subiscano la trasparenza rafforzata, allora nessun regolamento può considerarsi corretta fonte di disciplina.
In ogni caso, la Consulta ritiene applicabile la trasparenza rafforzata solo nei confronti di quei dirigenti che, svolgendo le competenze fissate dall’ articolo 16 del dlgs 165/2001, esercitano «attività di collegamento con gli organi di decisione politica, con i quali il legislatore presuppone l’ esistenza di un rapporto fiduciario, tanto da disporre che i suddetti incarichi siano conferiti su proposta del ministro competente». Ma, negli enti locali nessun dirigente, salvo quelli assunti mediante incarichi a contratto, viene incaricato sulla base di uno specifico rapporto fiduciario di aderenza politica; nemmeno lo stesso segretario comunale, pur sempre scelto da un albo. Le indicazioni dell’ Anac, dunque, sembrano destinate ad essere disapplicate: solo il legislatore, restando al dettato della Consulta, potrà intervenire sulla materia indicando quali tipologie di incarichi possano considerarsi equivalenti a quelle indicate dall’ articolo 19, commi 3 e 4, del dlgs 165/2001.

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