16/07/2019 – Trasparenza amministrativa: più che un diritto, una Babele  

Trasparenza amministrativa: più che un diritto, una Babele  

di ANTONIO CICCIA MESSINA – Italia Oggi Sette -15 Luglio 2019
Trasparenza della pubblica amministrazione, tanta e ben confusa. Sono (almeno) 10 i «tipi» di trasparenza e tutti con presupposti diversi e con possibili esiti differenti: se devo chiedere la copia di un atto o di un documento, o di un dato o di una informazione, può darsi che ne abbia diritto in base a una legge, e che non ne abbia diritto in base ad un’ altra. Diventa importante, allora, capire quale «trasparenza» attivare per ottenere il risultato e formulare la richiesta di conseguenza. Diventa importante capire quali sono i limiti che la legge prevede rispetto a un particolare tipo di trasparenza e passare allora ad un altro tipo. Insomma: una babele.
Dieci porte. Si può chiedere trasparenza alla p.a. in base alle norme sulla privacy (regolamento Ue 2016/679), oppure in base alle norme sulla conoscibilità degli atti e documenti conservati dall’ ente pubblico (legge 241/1990, articoli 22 e seguenti), oppure ancora in base alle norme sulle procedure relative ai contratti pubblici (dlgs 50/2016). Ma c’ è anche una forma di trasparenza in base alle norme del codice di procedura penale sulle investigazioni difensive (articolo 391-quater) e una in base alle norme sulla trasparenza in materia di ambiente (dlgs 195/2005). Il decreto legislativo n. 33/2013 (intitolato, non senza promiscuità linguistica, alla «trasparenza») prevede ben due forme di trasparenza: – la prima è quella prevista nel caso di omessa pubblicazione di atti per cui la pubblicazione è obbligatoria; – la seconda è, invece, l’ accesso civico generalizzato, noto come «Foia» (acronimo di «freedom of information act»), sulla carta potentissimo e, senza bisogno di motivazione, aperto a chiunque (ma non è proprio così).
La legge n. 241/1990 prevede una forma di trasparenza a favore di chi è interessato, cointeressato, controinteressato, intervenuto nel procedimento amministrativo. E, infine, per questo non esaustivo elenco, i consiglieri degli enti locali hanno uno speciale regime (articolo 43 del Testo unico enti locali) di atti e informazioni degli enti cui appartengono; ed anche speciale è la normativa della trasparenza sanitaria prevista dalla legge n. 24/2017 (articolo 4). Sul punto può generalizzarsi quello che la Corte costituzionale ha detto nella sentenza n. 20/2019 e cioè che con tutto questo eccesso di trasparenza il rischio è quello di generare «opacità per confusione».
Le ambiguità del Foia. Il Foia non si sottrae alle ambiguità: puoi avere tutto senza limiti; anzi no, calma, i limiti ci sono eccome. È un rebus. Così la circolare n. 1/2019 del ministro della funzione pubblica, Giulia Bongiorno, da un lato, sbarra la strada ai regolamenti delle singole pubbliche amministrazioni: non si possono sottrarre atti e documenti dall’ accesso civico generalizzato. Quindi sembrano aprirsi autostrade per ottenere dati, documenti e informazioni dalla p.a. Ma, contemporaneamente questi stessi varchi si restringono.
La stessa circolare 1/2019 dice che, nel decidere su una istanza di accesso civico, il singolo ente deve tenere conto delle limitazioni specifiche previste dai regolamenti in materia di accesso ai documenti (legge 241/1990). Quindi non si può, con regolamento sull’ accesso civico, fare un elenco di dati, informazioni e documenti sottratti all’ accesso, ma se un c’ è un elenco di sottrazioni nel regolamento sull’ accesso documentale (quello della legge 241/1990), questo elenco deve essere tenuto in conto, perché non si possono con l’ accesso civico superare i limiti dell’ accesso documentale. Indubbiamente si fa fatica a raccapezzarsi, ma così è. Questo è il quadro pieno di ambiguità in cui deve muoversi l’ accesso civico generalizzato (articolo 5, comma 2, dlgs 33/2013). Cosicchè l’ unica regola è spesso formulata dicendo che bisogna fare valutazioni «caso per caso». Il che è sconfortante per chi si aspetta di avere linee di condotta omogenee. Le ambiguità non riguardano solo che cosa si può scrivere nei regolamenti amministrativi. L’ incertezza più grande riguarda il bilanciamento del diritto a ottenere dati, informazioni e documenti con il diritto alla privacy.
Quando è che la privacy batte il Foia e, quindi, niente rilascio di dati o documenti? Ma, a monte, l’ ambiguità riguarda proprio la possibilità stessa di fare il bilanciamento. Per fare un bilanciamento bisogna confrontare due interessi. Per fare questo bilanciamento bisogna avere presente quale è l’ interesse perseguito da chi chiede un accesso civico generalizzato e confrontarlo con il diritto alla riservatezza delle persone citate negli atti/documenti/informazioni. Il problema è che la legge dice che per chiedere l’ accesso civico non bisogna dichiarare un interesse preciso che giustifica la richiesta. E, allora, come si può fare il bilanciamento, se non si hanno tutti i termini da confrontare? È un rompicapo. Non a caso, una circolare del 2017, la numero 2, firmata da Marianna Madia, ministro pro tempore della p.a., aveva suggerito, con molta cautela, di chiedere per piacere al richiedente, se lo volesse, di indicare le ragioni della richiesta.
Fermo restando che il richiedente non è tenuto a indicare i motivi della domanda, si legge nella circolare n. 2/2017, l’ amministrazione potrebbe chiedere al richiedente di precisare le finalità della domanda, chiarendo che questa informazione è facoltativa e potrebbe essere utilizzata a fini statistici, e/o per precisare ulteriormente l’ oggetto della richiesta e/o per adottare una decisione che tenga conto della natura dell’ interesse conoscitivo del richiedente. Insomma il percorso (contorto) è questo: – la legge dice che il richiedente non è tenuto a indicare il motivo della sua richiesta; – la legge impone di bilanciare il diritto alla trasparenza con l’ eventuale privacy dei soggetti citati nei documenti; – la privacy può essere battuta da un interesse prevalente alla trasparenza; allora si può tentare di chiedere il favore al richiedente di indicare il motivo della sua richiesta, così da poter fare un confronto e stabilire quale sia l’ interesse prevalente; ma se il richiedente non dice quale è il suo interesse il bilanciamento non è facile da farsi. Chiaro e anche inevitabile il disorientamento delle p.a. e di cittadini.

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