21/02/2019 – La necessità formale di uno statuto dell’opposizione

 DI MASSIMO CAVINO

 La necessità formale di uno statuto dell’opposizione

 

Con l’ordinanza n. 17 del 2019 la Corte costituzionale ha dichiarato la inammissibilità del ricorso per conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato promosso dai senatori del gruppo parlamentare “Partito democratico” in riferimento all’iter di approvazione della legge di bilancio 2019. Tra i diversi aspetti per i quali l’ordinanza è degna di nota, in queste rapide osservazioni concentreremo la nostra attenzione sulla posizione che la Corte costituzionale ha assunto in ordine alla legittimazione al ricorso di frazioni qualificate di parlamentari e dei gruppi parlamentari di opposizione quali portatori di una generale funzione di garanzia. Presupposto essenziale del ricorso è infatti la considerazione «che il principio della separazione dei poteri nella forma di governo parlamentare scelta dal costituente italiano non è semplicisticamente da intendersi quale solo divisione tra Governo e Parlamento, poiché l’istituto della fiducia crea quel continuum tra Governo e maggioranza parlamentare che sposta la dialettica tra poteri sul piano del rapporto di equilibrio/contrapposizione tra maggioranza ed opposizione parlamentare». Sulla base di questa considerazione si individuano due distinte funzioni costituzionali: la funzione di governo, che compete alla maggioranza parlamentare, e la funzione di garanzia che compete alla opposizione; e alla luce di questa distinzione si riconosce nella frazione di un decimo dei membri di ciascuna camera, che può sottoscrivere una mozione di sfiducia, l’organo abilitato ad esprimere in via definitiva la volontà del potere di opposizione/garanzia cui appartiene. La considerazione di partenza è senz’altro ineccepibile sul piano politologico della concreta dinamica dell’esercizio del potere, ma induce a qualche perplessità quando ci si sposti su quello formale del diritto costituzionale. Rispetto ad esso è forse più corretto affermare che la nostra forma di governo non si caratterizzi per l’applicazione di un principio di separazione dei poteri alternativo a quello tradizionale, ma che piuttosto non si distingua, sotto questo profilo, dagli altri regimi parlamentari che, tradizionalmente, lo applicano in modo attenuato. Si tratta, evidentemente, di uno di quegli ambiti estremamente problematici nei quali le categorie del politico finiscono spesso per sovrapporsi al piano formale del diritto. Ma proprio affinché il principio di separazione dei poteri continui ad assolvere la sua funzione di garanzia politica occorre che le forme che ne determinano il funzionamento non siano accantonate sulla base di considerazioni puramente sostanziali… (segue)

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