20/02/2019 – Illegittimo l’obbligo per il nuovo gestore di riassorbire tutto il personale del precedente

Illegittimo l’obbligo per il nuovo gestore di riassorbire tutto il personale del precedente

di Amedeo Di Filippo – Dirigente comunale

La clausola sociale

Il Tar Liguria si è trovato a giudicare un ricorso per l’annullamento di un bando di gara indetto da una stazione unica appaltante avente ad oggetto una procedura aperta per la conclusione di un accordo quadro per il servizio di trasporto e accompagnamento con vettura di persone disabili.

Lamentano i ricorrenti l’illegittimità della procedura nella parte in cui impone all’appaltatore l’assunzione di tutto il personale dipendente delle aziende che gestivano in precedenza il servizio senza soluzione di continuità, mantenendo tutte le condizioni economiche e normative derivanti dal CCNL e dalla contrattazione integrativa aziendale.

Dopo aver respinto l’eccezione di inammissibilità del ricorso, considerando quella sociale una clausola immediatamente escludente in quanto integra una vera e propria “condizione” per la realizzazione dell’appalto, il Tar si sofferma sul contenuto dell’art. 50 del Codice dei contratti, che impone di inserire nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti “specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore”.

Secondo consolidata giurisprudenza, la clausola sociale deve essere intesa in modo da non limitare la libertà d’impresa e di iniziativa economica riconosciuta e garantita dall’art. 41 Cost. e, comunque, evitando di attribuirle un effetto automaticamente e rigidamente escludente, risultando altrimenti lesiva della concorrenza nella misura in cui scoraggia la partecipazione alla gara e limita la platea dei partecipanti.

Nel caso di specie la clausola sociale, imponendo all’aggiudicatario, quale specifica condizione per la realizzazione dell’appalto, l’assorbimento nel proprio organico di tutto il personale dipendente delle aziende che gestivano in precedenza il servizio con tutte le condizioni economiche e normative derivanti dal contratto collettivo nazionale di lavoro e dalla contrattazione integrativa aziendale, secondo il Tar Liguria “non appare suscettibile di un’interpretazione secundum legem”.

Lo specifico obbligo posto a carico dell’aggiudicatario è infatti quello di concludere un determinato numero di contratti di lavoro subordinato da innestare nella propria autonoma organizzazione aziendale, imponendo dunque un vero e proprio “obbligo a contrarre” che si pone al di fuori dei casi tassativamente tipizzati dal legislatore.

Obbligo che da un lato il Tar ritiene immediatamente lesivo dell’autonomia contrattuale e organizzativa dell’imprenditore, dall’altro costituisce falsa applicazione dell’art. 50 del Codice in quanto lesivo della concorrenza e della libertà di impresa, “che sta a fondamento dell’autogoverno dei fattori di produzione e dell’autonomia di organizzazione e gestione a proprio rischio caratteristica del contratto di appalto ex art. 1655 c.c.”.

La clausola sociale non è assimilabile al trasferimento d’azienda, in cui vi è l’obbligo di continuazione dei rapporti di lavoro, per cui costringere l’operatore economico a riassorbire il personale integra una vera e propria “condizione” per la realizzazione dell’appalto che come tale è radicalmente illegittima.

I precedenti

La clausola sociale ha vita travagliata nelle procedure di gara, ma quelle ripercorse dal Tar Liguria sono le coordinate fondanti, alle quali tutti si appellano. Per rimanere al 2018, sulla materia è intervenuta l’Anac che ha messo in consultazione le Linee guida recanti “La disciplina delle clausole sociali”, approvate dal Consiglio nell’adunanza del 2 ottobre 2018 ai sensi dell’art. 213, comma 2, D.Lgs. n. 50 del 2016.

Nel documento, l’Anac evidenzia che la stazioni appaltanti, sussistendo le condizioni oggettive e soggettive di applicazione dell’art. 50 del Codice, in linea di principio hanno l’obbligo di inserire le clausole sociali all’interno della lex specialis di gara. L’obbligo però richiede che siano rispettate alcune condizioni: il contratto deve essere oggettivamente assimilabile a quello in essere; l’obbligo di assorbimento grava nei limiti del nuovo fabbisogno; l’applicazione della clausola non comporta un indiscriminato e generalizzato dovere di assorbimento del personale utilizzato dall’impresa uscente, dovendo tale obbligo essere armonizzato con l’organizzazione aziendale prescelta dal nuovo affidatario; il lavoratore dell’impresa uscente deve essere riassorbito dall’impresa entrante, con preferenza rispetto a soggetti terzi; l’operatore economico deve accettare espressamente la clausola e l’obbligo è riportato nel contratto; la stazione appaltante indica in modo chiaro il numero di unità, monte ore, CCNL applicato dall’attuale appaltatore, qualifica, livelli retributivi, scatti di anzianità, sede di lavoro.

L’inadempimento, da parte dell’impresa affidataria, agli obblighi derivanti dalla clausola sociale rappresenta violazione dei doveri che incombono sull’impresa subentrante. La mancata accettazione della clausola costituisce manifestazione della volontà di proporre un’offerta condizionata, come tale inammissibile nelle gare pubbliche. Il rifiuto comporta l’esclusione dalla gara.

Sulle Linee guida si è espressa la Commissione speciale del Consiglio di Stato col parere n. 2703 del 21 novembre 2018.

Sulle conseguenze della violazione di una clausola sociale si è pronunciata la quinta sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 4040 del 2 luglio 2018, secondo cui questo non dà luogo alla nullità del capitolato speciale ma alla sua illegittimità, con la conseguente necessità di far valere il vizio attraverso il rimedio impugnatorio. L’art. 21-septiesL. n. 241 del 1990 stabilisce ipotesi tassative di nullità del provvedimento: mancanza degli elementi essenziali, difetto assoluto di attribuzione, violazione o elusione del giudicato, altri casi espressamente previsti dalla legge.

Della portata della clausola sociale si è anche occupata la terza sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 3471 dell’8 giugno che, riprendendo la costante giurisprudenza della Corte di Giustizia e quella italiana di gran lunga maggioritaria, ha affermato che l’apposizione di una clausola sociale in una gara è costituzionalmente e comunitariamente legittima solo se non comporta un indiscriminato e generalizzato dovere di assorbimento di tutto il personale utilizzato dall’impresa uscente, in violazione dei principi costituzionali e comunitari di libertà d’iniziativa economica e di concorrenza oltreché di buon andamento, e consente invece una ponderazione col fabbisogno di personale per l’esecuzione del nuovo contratto e con le autonome scelte organizzative ed imprenditoriali del nuovo appaltatore.

E’ illegittimo l’obbligo di automatico assorbimento di tutto il personale utilizzato per l’appalto per violazione dei principi di libertà d’iniziativa economica, di concorrenza e di buon andamento, in quanto impone l’automatica riassunzione anche dei quadri con funzioni direttive e di coordinamento senza lasciare alcun margine all’autonomia imprenditoriale del nuovo appaltatore.

Lo stesso Tar Lombardia si è occupato della clausola sociale con la sentenza n. 936 del 6 aprile, con la quale ha parimenti rilevato che essa deve armonizzarsi con l’organizzazione aziendale dell’imprenditore/appaltatore subentrante e, pur essendo finalizzata ad assicurare i livelli occupazionali, non può comportare l’imposizione di una tipologia di contratto di lavoro.

T.A.R. Liguria, Genova, 14 gennaio 2019, n. 22

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