20/02/2019 – Controlli preventivi di legittimità: la loro assenza cagiona l’assurdo concorso “territoriale” della provincia di Campobasso

Controlli preventivi di legittimità: la loro assenza cagiona l’assurdo concorso “territoriale” della provincia di Campobasso

 

La sentenza del Tar Molise, Sezione I, 46/2019 scrive: “La decisione del ricorso straordinario al Capo dello Stato ha accertato l’illegittimità della procedura selettiva impugnata ed ha censurato la condotta tenuta dalla Provincia, in violazione dei principi informatori dell’azione amministrativa pubblica, in particolare: a) del dovere di comportarsi secondo buona fede (ex art. 1337 cod. civ.); b) del dovere di garantire l’uguaglianza tra i concorrenti nella procedura concorsuale (ex art. 3 Cost.) e di assicurare la parità di accesso ai pubblici uffici (ex art. 51 Cost.); c) della generale regola di cui all’art. 97 Cost., che impone la più ampia partecipazione nelle selezioni comparative della P.A. per l’assunzione di personale dipendente. L’imposizione quale requisito della residenza dei concorrenti in un Comune molisano, censurata perché contraria alla legge e ai principi costituzionali, è rilevante ai fini dell’invocata tutela e spiega il nesso di causalità tra la condotta antigiuridica (colposa o dolosa) e il procurato pregiudizio patito dagli aspiranti che hanno subito l’esclusione dal bando per via della mancanza del requisito di residenza“.

Ricordiamo i fatti, sempre come raccontati dalla sentenza:

1. la provincia di Campobasso pubblica il 9.5.2012 all’albo il bando di indizione di un avviso pubblico di selezione per titoli e colloquio, per la stipula di n. 20 contratti di lavoro a tempo determinato e parziale per il profilo professionale di istruttore direttivo – categoria D1, presso la stessa provincia di disponendo il requisito di residenza in uno dei comuni del Molise;

2. gli aspiranti concorrenti non residenti presentano ricorso straordinario al Capo dello Stato;

3. detti ricorsi sono stati riuniti e decisi con d.P.R. 20 marzo 2015 che, censurando la legittimità del bando, li accoglie, su parere conforme del Consiglio di Stato n. 4086 del 17.12.2014;

4. la provincia, poi, impugna il d.P.R. 20 marzo 2015 dinanzi al questo T.a.r. Molise (n.r.g. 223/2015) che, con sentenza n. 295/2016, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il decreto del Presidente della Repubblica del 20.3.2015 e il parere definitivo n. 4086 del 17.12.2014 reso dal Consiglio di Stato – Sezione Prima – nell’adunanza del 5.11.2014, allegato all’anzidetto decreto; è bene precisare che il Tar Molise ha accolto il ricorso non sul merito della scandalosa clausola che imponeva la residenza, ma per ragioni procedurali;

5. i ricorrenti, però, presentano appello al Consiglio di Stato (Sezione Quarta), che con sentenza n. 7005 del 4.10.2018, in riforma della sentenza del T.a.r. Molise, dichiarava inammissibile il ricorso di primo grado;

6. il Tar Molise, alla fine dell’assurdo ciclo, con la sentenza 46/2019, condanna la provincia di Campobasso al risarcimento del danno, derivante dalla scandalosa clausola di “residenza”.

Ogni commento potrebbe risultare superfluo, anche se non si può fare a meno di notare che la provincia di Campobasso ha agito in totale spregio degli articoli 3 e 51 della Costituzione, oltre che dei principi di libera circolazione del lavoro posti dal Trattato Ue.

La considerazione più utile, però, è che il bando, caratterizzato da un contenuto così profondamente erroneo e odioso, non si è certo prodotto da solo. Esso è stato istruito da qualcuno, adottato da qualcun altro, mentre altri ancora non hanno eccepito nulla in merito alla sua pur marchiana illegittimità. Non solo: la presentazione del ricorso al Capo dello Stato non ha indotto all’autotutela e per giunta vi è stata la protervia del ricorso avverso il decreto che dava ragione ai ricorrenti e l’ulteriore resistenza nel giudizio risolto poi nel 2019.

Ora, non è chi non veda che questo evento paradossale sia il frutto dell’assenza di un controllo preventivo di legittimità. Un bando di questo genere non avrebbe mai dovuto vedere la luce e macchiare così gravemente l’ordinamento pubblico.

Che delle illegittimità e illiceità debba accorgersene a posteriori la magistratura, mentre le amministrazioni insistono con arroganza nei loro atti illegittimi, non è più accettabile.

Le conseguenze sono lesioni dei diritti dei cittadini, lesione gravissima ed irreparabile dell’immagine e, infine, la produzione di danni economici, che poi sono di tutti noi cittadini.

Sarà interessante sapere quali saranno le conseguenze personali dei funzionari, dei dirigenti e del segretario che hanno prodotto queste enormi illegittimità. Il risarcimento del danno e il danno erariale non debbono bastare.

Ma, la reintroduzione dei controlli preventivi esterni di legittimità è ormai non più ritardabile.

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