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Dirigenti 110 – nuovo incarico va bandito dopo il triennio

TAR PUGLIA – LECCE, SEZ. III – sentenza 17 dicembre 2019 n. 2007

DIRITTO

1. – In via del tutto preliminare, osserva il Collegio che l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, sollevata dalla difesa della Provincia di Taranto, è infondata.

Ed invero, sussiste la giurisdizione dell’adito Giudice Amministrativo, in quanto – come già segnalato nella fase cautelare del giudizio -, nella fattispecie concreta in esame, la gravata determinazione dirigenziale n. 178 del 21 novembre 2018 della Provincia di Taranto (di approvazione dell’Avviso pubblico per il conferimento di incarico a tempo determinato, ex art. 110 del Decreto Legislativo n. 267/2000) e, quindi, il relativo Avviso pubblico sono stati adottati in data successiva e non già antecedente rispetto agli atti impugnati connessi (decreto del Presidente della Provincia di Taranto n. 99 del 15 novembre 2018 e atto dirigenziale prot. n. 0035837 del 19 novembre 2018), sicchè i provvedimenti macro – organizzativi in questione, in quanto consequenziali, non possono configurarsi quali atti presupposti degli atti gestionali di che trattasi.

2. – Vanno disattese, altresì, le eccezioni di inammissibilità del ricorso per difetto di interesse (asseritamente non sussistendo alcuna lesione diretta e attuale a carico della sfera giuridica del ricorrente), formulate “in limine” dalla Provincia di Taranto, secondo cui:

– per un verso, avendo “il XXXX … partecipato all’avviso pubblico qui impugnato, procedura momentaneamente arenatasi allo stadio di ammissione delle candidature, senza che siano seguite le successive fasi della selezione e meno che mai di conclusione della procedura”, “ben potrebbe … risultare idoneo ed essere prescelto per l’affidamento dell’incarico di dirigente del settore pianificazione ed ambiente a valle della procedura selettiva”, e, quindi, “allo stato, non sussiste una lesione inferta direttamente e personalmente al ricorrente né dalla determina 178 e tanto meno dall’avviso pubblico oggetto della presente impugnativa”;

– e, per altro verso, essendo il ricorrente “dipendente del Comune di Massafra, con qualifica di dirigente, attualmente in aspettativa senza assegni a motivo del contratto di lavoro a tempo determinato sottoscritto con la Provincia di Taranto”, non sussisterebbe, “dal punto di vista patrimoniale, …. alcuna differenza tra il rapporto di lavoro con la Provincia di Taranto e quello con il Comune di Massafra che possa giustificare una doglianza in termini di deminutio reddituale”.

2.1 – In proposito, è dirimente (e sufficiente) osservare che la sussistenza dell’interesse a ricorrere del XXXX va rinvenuta proprio nello stesso oggetto sostanziale della pretesa giuridica azionata, cioè nella durata minima triennale del rapporto di lavoro presso la Provincia di Taranto (con scadenza il 20 novembre 2020), invece negata dalla Provincia di Taranto con gli atti gravati (che, essenzialmente, individuano la scadenza del rapporto stesso al 31 dicembre 2018), evidentemente idonei a cagionare la lesione diretta, concreta e attuale dell’interesse medesimo, rispetto alla quale le deduzioni della P.A. resistente restano confinate al rango di mere circostanze di fatto.

3. – Nel merito, il ricorso è fondato e deve essere accolto, nei sensi e termini di seguito indicati.

3.1 – Il ricorrente premette:

– che con disposizione n. 65 del 15 novembre 2017, il (precedente) Presidente della Provincia di Taranto gli affidava l’incarico di Dirigente del Settore “Pianificazione e Ambiente”, a tempo determinato, ex art. 110 del Decreto legislativo n. 267/2000, a seguito dell’espletamento della procedura selettiva di cui all’avviso pubblico per il conferimento dell’incarico a tempo determinato, ai sensi dell’art. 110 del Decreto Legislativo n. 267/2000 (T.U.E.L.), di n. 1 Dirigente dell’Area Tecnica per la direzione del V° Settore “Lavori Pubblici – Edilizia Sismica” e di n. 1 Dirigente dell’Area Tecnica per la Direzione del VI° Settore “Pianificazione e Ambiente”;

– che in data 20 novembre 2017, stipulava con la Provincia di Taranto il contratto di lavoro a tempo determinato ex art. 110 del T.U.E.L., per il posto di Dirigente del Settore “Pianificazione ed Ambiente”, con durata “fino alla scadenza naturale del mandato elettivo del Presidente della Provincia, salvo successiva conferma”;

– che con disposizione n. 77 del 27 dicembre 2017, il (precedente) Presidente della Provincia di Taranto, ai sensi dell’art. 19, comma 6 ter del Decreto Legislativo n. 165/2001, stabiliva che “la durata dell’incarico di Dirigente del Settore Pianificazione e Ambiente affidato a tempo determinato, ex art. 110, D. Lgs. 267/2000, all’arch. Lorenzo XXXX sia di anni tre nel rispetto dell’art. 19 comma 6-ter del D. Lgs. 165/2001 giusto orientamento della Corte di Cassazione espresso con sentenza n. 478 del 13/01/2014”; e tanto “a seguito di ulteriori approfondimenti, al fine di dare corretta continuità all’incarico dirigenziale a termine, nell’interesse dell’Ente e al fine di evitare un possibile contenzioso del Lavoro, appare necessario adeguare la durata dell’incarico dirigenziale a termine ad un periodo non inferiore a quello previsto dall’art 19 comma 6-ter del D. Lgs. 165/2001 così come stabilito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 478 del 13/01/2014 che ha ritenuto prevalente, rispetto alla differente disciplina dell’art 110 del Testo Unico degli Enti Locali, la diversa statuizione in materia di incarichi dirigenziali a termine prevista dal D. Lgs. 165/2001”.

3.1.1 – Ciò posto, il ricorrente, innanzitutto (prima censura), deduce, essenzialmente, che la disposizione di cui all’art. 19 Decreto Legislativo n. 165/2001, nel prevedere che la durata dell’incarico dirigenziale non può essere inferiore a tre anni (durata minima), integra (automaticamente) quella di cui all’art. 110 del T.U. Enti Locali; da ciò consegue che “al contratto stipulato in data 20.11.2017, tra la Provincia di Taranto e l’arch. XXXX, debba essere applicato l’art. 19 del D.L.G. n. 165/2001. Norma questa che, in quanto imperativa, non può essere derogata dall’art. 110 del D.LGS. n. 267/2000 (cfr. Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 13 gennaio 2014, n 478) e determina l’eterointegrazione delle previsioni contenute nell’art. 1 del richiamato contratto, con la durata minima di tre anni e massima di cinque”, ai sensi dell’art. 1419, comma 2, del Codice Civile.

3.2 – La suddetta doglianza è fondata e assorbente.

3.3 – Giova rammentare che l’art. 19, comma 2, del Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel testo modificato – quanto alla durata degli incarichi – dall’art. 14 sexies del Decreto Legge 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 agosto 2005, n. 168, nel disciplinare le modalità del conferimento degli incarichi dirigenziali, ha stabilito, tra l’altro, che la loro durata “comunque, non può essere inferiore a tre anni né eccedere il termine di cinque anni”.

L’art. 110, comma 1, del Decreto Legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (“Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”) e ss.mm.ii. dispone che:

“Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato. Per i posti di qualifica dirigenziale, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi definisce la quota degli stessi attribuibile mediante contratti a tempo determinato, comunque in misura non superiore al 30 per cento dei posti istituiti nella dotazione organica della medesima qualifica e, comunque, per almeno una unità. Fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire, gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell’incarico”.

Orbene, la questione di diritto sottoposta all’esame del Collegio è se il menzionato art. 19, comma 2, del Decreto Legislativo n. 165/2001 sia applicabile anche agli Enti locali, dal momento che l’art. 110 (“Incarichi a contratto”), comma 3, del Decreto Legislativo n. 267/2000 stabilisce che gli incarichi a contratto – come è quello per cui è causa – “non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica”.

Ritiene il Tribunale che al predetto quesito debba darsi risposta affermativa.

Ricorda, innanzitutto, questa Sezione che le disposizioni contenute nel Decreto Legislativo n. 165/2001, “disciplinano l’organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” (comma 1), intendendosi per Amministrazioni Pubbliche “tutte le amministrazioni dello Stato, …. le Regioni, le Province, i Comuni” (comma 2). Tali disposizioni “costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione” (comma 3).

L’applicabilità delle disposizioni di cui al Decreto Legislativo n. 165/2001 agli Enti locali è, altresì, prevista dall’art. 88 del Decreto Legislativo n. 267/2000, secondo cui “All’ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni, e le altre disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni nonché quelle contenute nel presente testo unico”.

In particolare, “i dubbi che erano sorti circa l’applicabilità della norma di cui al D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 agli enti locali sono stati fugati dal legislatore, il quale, con il D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, art. 40, comma 1, lett. f …., introducendo i commi 6 bis e 6 ter, ha esplicitamente stabilito con quest’ultimo comma che le disposizioni di cui al comma 6 e al comma 6 bis – tra cui quella relativa alla durata degli incarichi – si applicano alle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, e cioè a tutte le amministrazioni pubbliche, tra cui le Regioni, le Province e i Comuni” (Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 13 gennaio 2014, n. 478).

Non bisogna, poi, dimenticare che la Corte Costituzionale, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 40, comma 1, lett. f), del Decreto Legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, nella parte in cui ha introdotto, nel Decreto Legislativo n. 165/2001, il comma 6 ter dell’art. 19, ha osservato che “Si tratta di una normativa riconducibile alla materia dell’ordinamento civile di cui all’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.” (e, quindi, rientrante nella competenza legislativa esclusiva statale), “poiché il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni, disciplinato dalla normativa citata, si realizza mediante la stipulazione di un contratto di lavoro di diritto privato. Conseguentemente, la disciplina della fase costitutiva di tale contratto, così come quella del rapporto che sorge per effetto della conclusione di quel negozio giuridico, appartengono alla materia dell’ordinamento civile.

In particolare, l’art. 19, comma 6, d.lgs. n. 165 del 2001 contiene una pluralità di precetti relativi alla qualificazione professionale ed alle precedenti esperienze lavorative del soggetto esterno, alla durata massima dell’incarico (e, dunque, anche del relativo contratto di lavoro), all’indennità che – a integrazione del trattamento economico – può essere attribuita al privato, alle conseguenze del conferimento dell’incarico su un eventuale preesistente rapporto di impiego pubblico e, infine, alla percentuale massima di incarichi conferibili a soggetti esterni (il successivo comma 6-bis contiene semplicemente una prescrizione in tema di modalità di calcolo di quella percentuale)” (Corte Costituzionale, sentenza 12 novembre 2010, n. 324).

Il Giudice delle leggi ha, altresì, precisato che “le uniche ipotesi in cui l’applicazione dello “spoils system” può essere ritenuta coerente con i principi costituzionali sono quelle nelle quali si riscontrano i requisiti della “apicalità” dell’incarico nonchè della “fiduciarietà” della scelta del soggetto da nominare, con la ulteriore specificazione che tale “fiduciarietà”, per legittimare l’applicazione dell’indicato meccanismo, deve essere intesa come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale con il titolare dell’organo politico, che di volta in volta viene in considerazione come nominante.

In assenza di tali requisiti, il meccanismo si pone in contrasto con l’art. 97 Cost., in quanto la sua applicazione viene a pregiudicare la continuità, l’efficienza e l’efficacia dell’azione amministrativa, oltre a comportare la sottrazione al titolare dell’incarico, dichiarato decaduto, delle garanzie del giusto procedimento (in particolare la possibilità di conoscere la motivazione del provvedimento di decadenza), poichè la rimozione del dirigente risulterebbe svincolata dall’accertamento oggettivo dei risultati conseguiti.

9.1. In questo ambito più volte (sentenze n. 228 del 2011, n. 224 e n. 34 del 2010, n. 390 e n. 351 del 2008, n. 104 e 103 del 2007) la Corte costituzionale ha affermato l’incompatibilità con l’art. 97 Cost., di disposizioni di legge prevedenti meccanismi di decadenza automatica dalla carica, dovuti a cause estranee alle vicende del rapporto instaurato con il titolare e non correlati a valutazioni concernenti i risultati conseguiti da quest’ultimo, quando tali meccanismi siano riferiti non al personale addetto ad uffici di diretta collaborazione con l’organo di governo (sentenza n. 304 del 2010) oppure a figure apicali, per le quali risulti decisiva la personale adesione agli orientamenti politici dell’organo nominante, ma ai titolari di incarichi dirigenziali che comportino l’esercizio di funzioni amministrative di attuazione dell’indirizzo politico, anche quando tali incarichi siano conferiti a soggetti esterni (sentenze n. 246 del 2011, n. 81 del 2010 e n. 161 del 2008) (Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 5 maggio 2017, n. 11015).

In definitiva, “In tema di affidamento, negli enti locali, di incarichi dirigenziali a soggetti esterni all’amministrazione si applica il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19, nel testo modificato dal D.L. n. 155 del 2005, art. 14 sexies, convertito con modificazioni nella L. n. 168 del 2005, secondo cui la durata di tali incarichi non può essere inferiore a tre anni nè eccedere il termine di cinque, e non già il D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 110, comma 3, (T.U. Enti locali), il quale stabilisce che gli incarichi a contratto non possono avere durata superiore al mandato elettivo del Sindaco in carica. La disciplina statale integra quella degli enti locali: la prima, con la predeterminazione della durata minima dell’incarico, è volta ad evitare il conferimento di incarichi troppo brevi ed a consentire al dirigente di esercitare il mandato per un tempo sufficiente ad esprimere le sue capacità ed a conseguire i risultati per i quali l’incarico gli è stato affidato; la seconda ha la funzione di fornire al Sindaco uno strumento per affidare incarichi di rilievo sulla base dell’intuitus personae, anche al di fuori di un rapporto di dipendenza stabile e oltre le dotazioni organiche, e di garantire la collaborazione del funzionario incaricato per tutto il periodo del mandato del Sindaco” (o del Presidente della Provincia), “fermo restando il rispetto del suddetto termine minimo nell’ipotesi di cessazione di tale mandato” (Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 13 gennaio 2014, n. 478).

In sintesi, “se si tratta di figure tecnico-professionali incaricate non già del compito di collaborare direttamente al processo di formazione dell’indirizzo politico, ma chiamate a svolgere soltanto funzioni gestionali e di esecuzione rispetto agli indirizzi deliberati dagli organi di governo dell’Ente di riferimento il meccanismo dello “spoils system” non è applicabile anche se la nomina è avvenuta fiduciariamente, perchè in questo caso la “fiduciarietà” della scelta del soggetto da nominare non si configura come preventiva valutazione soggettiva di consonanza politica e personale con il titolare dell’organo politico (vedi, da ultimo: sentenza n. 269 del 2016)” (Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 5 maggio 2017, n. 11015).

Gli illustrati principi di diritto sono tuttora e vieppiù condivisibili alla luce delle modifiche introdotte al testo del citato art. 110 T.U.E.L. dall’art. 11, comma 1, lett. “a”, del Decreto Legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla Legge 11 agosto 2014, n. 114 (obbligo di previa selezione pubblica).

In conclusione, la previsione di cui al primo periodo del terzo comma dell’art. 110 T.U. n. 267/2000 deve essere interpretata in senso costituzionalmente orientato al rispetto dell’art. 97 della Costituzione e, quindi, come riferito ad una durata massima quinquennale degli incarichi di cui si tratta, la cui durata minima rimane invece quella stabilita dall’art. 19, secondo comma, del Decreto Legislativo n. 165/2001.

3.4 – Alla stregua di tutto quanto precede va dunque applicata, nella specie, la disposizione di cui all’art. 19, comma 2, del Decreto Legislativo n. 165/2001, trattandosi di incarico dirigenziale non apicale, conferito per svolgere compiti di tipo tecnico-professionale con funzioni meramente gestionali (appunto, direzione del Settore “Pianificazione e Ambiente”), non implicanti diretta collaborazione al processo di formazione dell’indirizzo politico della Provincia di Taranto.

Ciò determina l’illegittimità degli atti di macro-organizzazione impugnati, che prevedono la (“presumibile”) decorrenza del nuovo incarico di Dirigente del Settore “Pianificazione e Ambiente” dal 1° gennaio 2019.

4. – Per tutto quanto innanzi sinteticamente esposto:

– vanno annullati la determinazione dirigenziale n. 178 del 21 novembre 2018 della Provincia di Taranto e il relativo Avviso pubblico di selezione per il conferimento di incarico a tempo determinato di Dirigente del Settore “Pianificazione e Ambiente”, ai sensi dell’art. 110, comma 1, del Decreto Legislativo n. 267/2000;

– devono essere disapplicati, in via incidentale, ai sensi dell’art. 8, comma 1, c.p.a., l’atto dirigenziale prot. n. 0035837 del 19 novembre 2018 e il Decreto del Presidente della Provincia di Taranto n. 99 del 15 novembre 2018, in parte qua e nei limiti dell’interesse del ricorrente.

Per completezza si rileva che, con ordinanza n. 174/2019, il Tribunale Civile di Taranto – Sezione Lavoro ha accolto il ricorso proposto dal ricorrente, ex art. 700 c.p.c., ordinando, per l’effetto, in via provvisoria alla Provincia di Taranto di riconoscere al ricorrente il diritto a svolgere, fino al 20 novembre 2020, l’incarico di Dirigente del Settore “Pianificazione e Ambiente”, conferitogli ai sensi dell’art. 110 del Decreto Legislativo n. 267/2000 (peraltro, confermata in sede di reclamo al Collegio con decreto di rigetto n. 5583/2019).

5. – Le spese processuali, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce – Sezione Terza, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto:

– annulla la determinazione dirigenziale n. 178 del 21 novembre 2018 della Provincia di Taranto e il relativo Avviso pubblico di selezione per il conferimento di incarico a tempo determinato di Dirigente del Dirigente del Settore “Pianificazione e Ambiente”, ex art. 110, comma 1, del Decreto Legislativo n. 267/2000;

– disapplica, in via incidentale, ai sensi dell’art. 8, comma 1 del c.p.a., l’atto dirigenziale prot. n. 0035837 del 19 novembre 2018 e il Decreto del Presidente della Provincia di Taranto n. 99 del 15 novembre 2018, in parte qua e nei limiti dell’interesse del ricorrente.

Condanna la Provincia di Taranto, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore della parte ricorrente delle spese processuali, liquidate in complessivi euro 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori di legge.

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