18/12/2019 – Limiti operativi dell’attività di edilizia libera e sulla non necessità della previa acquisizione di particolari titoli abilitativi

Limiti operativi dell’attività di edilizia libera e sulla non necessità della previa acquisizione di particolari titoli abilitativi
di Giuseppe Cassano – Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School Of Economics
Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato – adito per la riforma della sentenza del Tar Campania, sez. VI, n. 16416/2007, resa in tema demolizione di opere edilizie abusive – si sofferma, tra l’altro, sulla corretta esegesi dell’art. 6 D.P.R. n. 380/2001 (T.U. Edilizia), secondo cui l’esecuzione degli interventi di manutenzione ordinaria rientra nell’ambito dell’attività di edilizia libera e, pertanto, non necessita della previa acquisizione di particolari titoli abilitativi.
Occorre, dunque, riferirsi alla nozione comune di manutenzione come fissata dall’art. 3, comma 1, lett. a) e b) T.U. Edilizia per il quale gli interventi di manutenzione, consistono in “opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti” (la manutenzione ordinaria, di cui alla lett. a), nonché in “opere e modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico – sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni in uso” (la manutenzione straordinaria di cui alla lett. b).
Caratteristica fondamentale delle opere di manutenzione è di intervenire su di un edificato che rinnovano o ripristinano, senza, però, in alcun modo modificare l’originaria consistenza strutturale né la sua destinazione (Cons. Stato, sez. IV, 30 agosto 2018, n. 5097Cons. Stato, sez. V, 14 aprile 2016, n. 1510).
La disposizione ex art. 6 T.U. Edilizia, nel definite gli interventi di manutenzione ordinaria, si riferisce – precisa la sentenza in esame – esclusivamente agli interventi che hanno ad oggetto opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza impianti tecnologici esistenti (v. anche: Cons. Stato, sez. II, 14 ottobre 2019, n. 6943).
La Corte Costituzionale (nella sentenza 23 giugno 2000, n. 238 – espressamene richiamata dal Consiglio di Stato) precisa come la manutenzione ordinaria consista nel non “alterare l’aspetto esteriore dell’edificio” affermando espressamente: “la privazione della possibilità (in via assoluta e generale, senza alcuna valutazione di compatibilità concreta, circa il modo e l’entità degli interventi, con le esigenze di tutela ambientale e – si può aggiungere – anche urbanistica) per il titolare del diritto di proprietà su di un immobile, di procedere ad interventi di manutenzione, aventi quale unica finalità la tutela della integrità della costruzione e la conservazione della sua funzionalità, senza alterare l’aspetto esteriore (sagoma e volumetria) dell’edificio, rappresenta certamente una lesione al contenuto minimo della proprietà. Infatti l’anzidetto divieto incide addirittura sulla essenza stessa e sulle possibilità di mantenere e conservare il bene (costruzione) oggetto del diritto, producendo un inevitabile deterioramento di esso, con conseguente riduzione in cattivo stato e un progressivo abbandono e perimento (strutturale e funzionale) del medesimo.
Deve, pertanto, escludersi la legittimità di una disposizione che comporti per il proprietario, ancorché non espropriato della titolarità, uno svuotamento del contenuto del suo diritto nel modo più irrimediabile e definitivo, e cioè con graduale degrado e perimento del bene (costruzione) ed una progressiva inutilizzabilità e distruzione dell’edificio, in rapporto alla destinazione inerente alla sua natura (conforme a licenze, concessioni e autorizzazioni ancorché in sanatoria)”.
Osserva, infine, il Collegio di Palazzo Spada come la definizione di manutenzione ex norma UNI EN 13306 (“combinazione di tutte le azioni tecniche, amministrative e gestionali, previste durante il ciclo di vita di un’entità, destinate a mantenerla o riportarla in uno stato in cui possa eseguire la funzione richiesta”) non si applichi tout court a quella di manutenzione ordinaria presente nel D.P.R. n. 380 cit., rappresentando, la prima, una mera norma tecnica.
Da parte sua, il T.U. Edilizia, definendo gli interventi di manutenzione ordinaria, si riferisce esclusivamente agli interventi che hanno ad oggetto opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare, o mantenere in efficienza, impianti tecnologici esistenti.
Peraltro, Il D.M. Ministero Infrastrutture 2 marzo 2018 (G.U. 7 aprile 2018), riporta il glossario relativo alle opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera, in fase di prima attuazione del D.Lgs. 25 novembre 2016, n. 222art. 1, comma 2, il quale aveva previsto la formazione di un glossario unico, che contiene l’elenco delle principali opere edilizie, con l’individuazione della categoria di intervento a cui le stesse appartengono e del conseguente regime giuridico a cui sono sottoposte.
Di conseguenza, è ragionevole ritenere che le opere previste nelle tipologie elencate nel glossario si individuano non in astratto, ma solo se sussumibili nella categoria di intervento a cui le stesse appartengono, ossia in una delle categorie previste dalla legge. Del resto, deve considerarsi, da un lato, che un D.M. non può derogare a disposizioni di legge, salvo il caso di delegificazione espressa, e, dall’altro, che lo stesso glossario si cura di abbinare analiticamente le opere edilizie da esso previste alle categorie di intervento contemplate dal D.P.R. n. 380 del 2001art. 6 come oggetto di attività edilizia libera.
Si è osservato ancora:
– “le “tensostrutture” sono opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera, senza necessità del preventivo rilascio del permesso di costruire, solo quando sono funzionali a soddisfare esigenze contingenti e temporanee e destinate ad essere immediatamente rimosse entro un termine non superiore ai novanta giorni, e che, ai fini del giudizio sulla precarietà delle stesse, è irrilevante la tipologia dei materiali impiegati” (Cass. pen., sez. III, 17 settembre 2019, n. 38473);
– “il regime dell’attività edilizia libera, ovvero non soggetta ad alcun titolo abilitativo, di cui al D.P.R. n. 380 del 2001art. 6, non è applicabile agli interventi che, pur rientrando nelle tipologie di tale disposizione, siano in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici, e …, quindi, è configurabile il reato di cui al D.P.R. cit., art. 44, in ipotesi di realizzazione di piazzali da adibire a parcheggio in area classificata come zona agricola (Sez. 3, n. 19316 del 27/04/2011, Ferraro, Rv. 250018-01). Ancora, occorre evidenziare, in linea generale, che, secondo l’insegnamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, in tema di reati edilizi, la valutazione dell’opera, ai fini della individuazione del regime abilitativo applicabile, deve riguardare il risultato dell’attività edificatoria nella sua unitarietà, senza che sia consentito considerare separatamente i singoli componenti (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 16622 del 08/04/2015, Casciato, Rv. 263473-01, nonché Sez. 3, n. 5618 del 17/11/2011, dep. 2012, Forte, Rv. 252125-01)” (Cass. pen., sez. III, 9 luglio 2019, n. 29963);
– “La giurisprudenza, …, ha ritenuto, con riferimento alle attività di pavimentazione e spargimento di ghiaia sul terreno che debba essere assentita dal Comune ogni attività comportante trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio, anche quelle non consistenti in attività di edificazione, ma nella modificazione dello stato materiale e della conformazione del suolo qualora appaia preordinata alla modifica della precedente destinazione d’uso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2012, n. 2450, id. 31 marzo 2016 n. 1268 con riguardo ad una attività di spargimento di ghiaia su di un’area). Con riferimento alla realizzazione di parcheggi, la giurisprudenza di questo Consiglio ha più volte affermato la necessità del permesso di costruire edilizio, in quanto la sistemazione di un’area a parcheggio aumenta il carico urbanistico (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 dicembre 2018, n. 7103)” (Cons. Stato, sez. II, 1 luglio 2019, n. 4475).

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