16/12/2019 – Le ragioni organizzative escludono possibili attività discriminatorie nei confronti del “Whistleblowing”.

Le ragioni organizzative escludono possibili attività discriminatorie nei confronti del “Whistleblowing”.
di Vincenzo; Gianluca Giannotti; Popolla – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone; Dottore in giurisprudenza – esperto enti locali
Un dipendente pubblico, mediante piattaforma informatica, ha segnalato all’ANAC di aver subito delle condotte discriminatorie e di demansionamento in ragione degli esposti presentati per condotte illecite avvenute all’interno dell’ente, in occasione dello svolgimento della propria attività lavorativa. Il “whistleblower” (così si definisce il dipendente che segnali attività illecite compiute nell’ente a cui appartiene) ha infatti segnalato presunte attività illecite compiute dai funzionari e così presentato molteplici esposti, presso la procura della Corte dei Conti e la Procura della Repubblica, collateralmente ai quali ha richiesto l’applicazione dell’art. 54-bis del D.Lgs. n. 165/2001 a tutela del dipendente che attivi la segnalazione.
In seguito ai suddetti esposti il segnalante è stato trasferito ad altra Area, estranea a quella di appartenenza, alle dipendenze di un funzionario oggetto delle suddette denunce, tutto questo nonostante che sia il Responsabile d’Area, sia il Responsabile dell’Ufficio inizialmente ricoperto dal “whistleblower” avessero manifestato la necessità di avere a disposizione maggiore personale, in virtù di evidente sottodimensionamento. Stabilitosi nel nuovo ufficio, il segnalante ha denunciato di aver subito attività vessatoria e discriminatoria che si sarebbe acuita nel momento in cui, alla richiesta della Corte dei Conti – procura Regionale – di informazioni sull’illecito segnalato, l’identità del “whistleblower” si è palesata con certezza al personale dell’ente. Successivamente il segnalante ha richiesto, con successo, di essere trasferito ad altra Area, in virtù di incompatibilità col Capo Settore e di conseguenza il Tribunale ha definito il giudizio di impugnazione del trasferimento, precedentemente instaurato dal “whistleblower”, per cessazione della materia del contendere scaturita dal trasferimento avvenuto nelle more del giudizio.
Dopo il giudizio civile, nei successivi tre anni, il segnalante ha sostenuto di essere stato demansionato in quanto adibito a funzioni degradanti e non attinenti al proprio profilo professionale. Nonostante la sua richiesta di rendersi disponibile in altre aree dell’ente, la sua richiesta è rimasta inevasa. Il “whistleblower” ha poi integrato la segnalazione, denunciando di essere stato vittima di ulteriore misura ritorsiva consistente nel trasferimento ad altra Area e nell’assegnazione di attività puramente esecutive non pertinenti con la qualifica professionale posseduta. Ha quindi prodotto tutta la documentazione a dimostrazione dei fatti segnalati, nonché presentato certificati in cui il centro specializzato Anti Mobbing, il medico di base e quello fiscale, nonché il Dipartimento di Salute Mentale ne accertano il “profondo malessere psicofisico”.
L’istruttoria
Nell’audizione, il “whistleblower” ha confermato di aver subito atti discriminatori dovuti essenzialmente alle denunce presentate, così l’ANAC ha trasmesso la documentazione all’Ispettorato della Funzione Pubblica che ha successivamente richiesto ulteriori approfondimenti e invitato il RPCT (Responsabile Prevenzione Corruzione e Trasparenza) “ad un’urgente verifica interna e ad adottare gli atti necessari ad assicurare la regolarità amministrativa”. Inoltre, l’Autorità ha avviato un’interlocuzione con il RPCT, in relazione al demansionamento subito dal segnalante, sfociata in una nota dello RPCT che ha destato dubbi all’ANAC, la quale ha richiesto ulteriori chiarimenti, non essendo le mansioni assegnate al “whistleblower” coerenti né con la contrattazione collettiva nazionale, né col contratto individuale dallo stesso sottoscritto. La richiesta, incentrata sul nuovo Ordine di Servizio con cui il segnalante è stato trasferito ad altra Area, è rimasta inevasa, così come quella volta a riconsiderarne la posizione, quindi l’Autorità ha avviato il procedimento per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all’art. 54-bis, comma 6 – primo periodo – del D.Lgs. n. 165/2001 nei confronti del Presunto Responsabile firmatario dell’Ordine di Servizio, nonché nei confronti del Geometra firmatario della Determinazione con cui il “whistleblower è stato assegnato all’Unità Operativa di riferimento.
Al Presunto Responsabile è stato assegnato un termine di 30 giorni, decorrenti dalla ricezione della comunicazione di avvio del procedimento, per la presentazione di memorie e documenti.
Le controdeduzioni del presunto responsabile
Nelle memorie il presunto Responsabile ha articolato in maniera puntuale le proprie difese, ha affermato innanzitutto che dal contratto individuale stipulato dall’Amministrazione col segnalante “si evince la consapevolezza e accettazione da parte del dipendente del principio di piena esigibilità di mansioni analoghe, sancito dall’art. 52 del D.Lgs. n. 165/2001“, mentre per quanto concerne l’Ordine di Servizio viene precisato che lo stesso è stato adottato per attuare le deliberazioni della Giunta comunale volte allo spacchettamento dell’Area a garanzia di una migliore organizzazione e funzionalità dell’ente. In particolar modo all’Area in questione è stata attribuita parte dei servizi dell’Area unica, con conseguente necessità di decidere quale personale assegnarle in base alla nuova suddivisione.
Inoltre, il presunto Responsabile ha sottolineato che prima dell’emanazione del provvedimento, interessando questo più Aree, ha svolto un lavoro di coordinamento di tutti i responsabili incaricati di posizioni organizzative e, previa congiunta valutazione, ha assunto il provvedimento di assegnazione del personale. Ha poi contestato che, con la Determinazione di assegnazione all’Unità operativa, via sia stato il demansionamento del “whistleblower” in quanto questi, con tale provvedimento, è stato individuato come Responsabile di Servizio avente potere di direzione su due unità di personale e di istruzione dei procedimenti. In ogni caso ha sottolineato come la responsabilità della disposizione sia da attribuire al Geometra firmatario.
Il presunto demansionamento non è tale in quanto le attività assegnate dal contro deducente al “whistleblower” rientrerebbero tra le “mansioni equivalenti” a cui fa riferimento il contratto individuale, inoltre lo stesso ha evidenziato di aver comunicato a chi di dovere che al dipendente erano accordate le tutele del “whistleblower”.
Le audizioni
L’Autorità ha inizialmente convocato in audizione il “whistleblower” che ha confermato la vicenda segnalata e ha specificato che in seguito alla determinazione non ha istruito alcun procedimento amministrativo. Nella stessa sede il presunto Responsabile ha confermato le proprie controdeduzioni e ha prodotto le sentenze con cui il Giudice del Lavoro ha rigettato i ricorsi promossi dal “whistleblower” contro l’Amministrazione, a dimostrazione del comportamento poco leale dello stesso.
L’Ingegnere responsabile dei carichi di lavoro del segnalante ha affermato che, sebbene il “whistleblower” abbia compiuto attività di manutenzione, questa è stata effettuata in via spontanea e per spirito di solidarietà agli operai, come tutti facevano. Mentre alla richiesta del “whistleblower” di essere assegnato ad altro Ufficio ha affermato di non averla riscontrata (così come per le altre richieste di personale) in quanto altrimenti sarebbe rimasto senza personale. Ha precisato, inoltre, di non aver inviato al presunto responsabile la nota con la quale il “whistleblower” comunicava l’intenzione di voler tornare al suo Ufficio originario.
Considerazioni dell’Autorità
L’ANAC ha ritenuto che non vi fosse demansionamento né relativamente all’Ordine di Servizio del presunto Responsabile, né per le fattispecie segnalate di recente dal “whistleblower”. Nel caso di specie non sarebbe stato, quindi, possibile applicare l’art. 54-bis, comma 6, come richiesto dal segnalante. Infatti, in applicazione del principio di legalità “il potere sanzionatorio ex art. 54-bis, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001 può essere esercitato da questa Autorità solo per fatti commessi successivamente al 29 dicembre 2017″ non trovando, quindi, possibile applicazione nel caso concreto essendo i fatti avvenuti prima di tale data.
Riguardo la natura ritorsiva dell’Ordine di Servizio, l’Autorità ha accolto le contro deduzioni del presunto responsabile, sottolineando come sia il provvedimento che il criterio di assegnazione del personale siano stati condivisi con tutti i Responsabili di posizioni organizzative, nell’ottica del principio della continuità amministrativa. Inoltre, ha evidenziato che altri dipendenti con lo stesso inquadramento contrattuale siano stati trasferiti nella stessa Area, pertanto “non si può ritenere che l’ordine di servizio (…) possa costituire una misura organizzativa avente effetti negativi sul segnalante posto che nella nuova Area è possibile svolgere mansioni esigibili da un (soggetto avente la qualifica del segnalante).” Dall’analisi della presunta ritorsività del provvedimento di specie è emerso che le ultime denunce del “whistleblower” sono precedenti alla nomina del presunto responsabile, estraneo pertanto ai fatti e che il provvedimento di assegnazione del personale da questi successivamente emanato è stato condiviso con i responsabili del settore e si è fondato su ragionevoli motivazioni, motivo per cui “non si ritiene vi siano sufficienti profili da cui desumere l’intento ritorsivo del … quale motivo unico e determinante dell’ordine di servizio …. Al contrario, si tratta di un provvedimento per il quale vi è una alternativa e ragionevole spiegazione al comportamento datoriale e che, dunque, non assume natura ritorsiva”. Il mancato trasferimento in un’Area più vicina alla sua qualifica professionale non è circostanza per cui ravvisare il dolo ritorsivo ex art. 54-bis D.Lgs. n. 165/01 e quindi, irrogare la sanzione.
Infine, nell’analizzare il più recente demansionamento segnalato dal “whistleblower”, l’Autorità ha preso in considerazione le norme del T.U.E.L. che attribuiscono poteri di controllo e coordinamento al Segretario Generale (art. 97) e poteri di direzione degli uffici ai Dirigenti (art. 107), passando per gli artt. 45 del D.Lgs. n. 165/2001 per cui spetta a questi ultimi l’organizzazione delle risorse umane e degli uffici. L’ANAC ha poi rilevato nel caso di specie il “progressivo scemare dell’affidamento di compiti del [whistleblower] nella struttura di appartenenza”, è infatti stato esiguo il numero di pratiche affidategli in relazione all’esperienza tecnica maturata, al titolo di studio, all’attività pregressa e all’inquadramento rivestito e anche la nomina a Responsabile dell’Unità Operativa non si è tramutata in attività di grande rilevanza, avendo il segnalante ha istruito un solo procedimento. Quest’ultima circostanza è giustificata secondo l’Autorità, sia dai tempi dell’assegnazione, avvenuta pochi mesi addietro, sia dalle normali procedure ricognitive volte al passaggio di consegna col precedente Responsabile di Ufficio. L’ANAC conclude affermando che “Alla luce di quanto esposto, dai fatti testé descritti potrebbero emergere possibili profili di rilievo giuslavoristico, tuttavia in relazione ad essi l’ANAC non può essere competente ad entrare nel merito giacché non si ravvisa un dolo ritorsivo del [presunto responsabile].”, pertanto non è possibile configurare l’elemento soggettivo del dolo ritorsivo.
Conclusioni
Per quanto sopra esposto, il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione ha deliberato di archiviare il procedimento sanzionatorio nei confronti del presunto responsabile, per insussistenza della natura ritorsiva degli atti adottati nei confronti del “whistleblower”

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