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Per l’ANAC è obbligatoria la previa programmazione anche per il partenariato pubblico privato di servizi
di Vincenzo; Gianluca Giannotti; Popolla – Dirigente Settore Gestione Risorse (umane e finanziarie) Comune di Frosinone; Dottore in giurisprudenza – esperto enti locali
Le segnalazioni di illegittimità
L’Autorità ha ricevuto una segnalazione relativa al contratto di P.P.P. (Partenariato Pubblico Privato) avente ad oggetto il progetto di valorizzazione, sviluppo e gestione di un’Abbazia e del patrimonio comunale stipulato tra un comune e una società a responsabilità limitata (costituito da una ex scuola e da due ex stalle), per la durata di dieci anni, prorogabile per ulteriori cinque anni.
La società ha in seguito effettuato una proposta di potenziamento del partenariato consistente nell’acquisto dell’ex scuola e dei terreni limitrofi. Il comune l’ha approvata con deliberazione consiliare, in cui si dà atto degli interventi prospettati dalla società in ordine al P.P.P. e si approva la proposta progettuale e lo studio di fattibilità della s.r.l., poi posti alla base della procedura ad evidenza pubblica per l’alienazione. Inoltre, ha concesso il nulla osta e il proprio assenso alla modifica contrattuale.
Il segnalante ha ravvisato che la procedura di aggiudicazione non è stata preceduta dall’inclusione del progetto negli strumenti di programmazione e ha sottolineato il mancato coinvolgimento della Soprintendenza dei Beni Culturali. Sulla successiva vendita di immobili l’esponente ha evidenziato che non costituisce l’esito di una revisione del piano economico-finanziario dell’ente ma una illegittima modifica dell’affidamento ad esclusivo beneficio del promotore privato.
Nella seconda segnalazione, si contesta che alla procedura di vendita abbia partecipato soltanto la società in questione e che inoltre sarebbe venuto meno il presupposto che legittima il partenariato pubblico-privato, ossia l’allocazione dei rischi in capo all’operatore economico; più in generale, non sarebbe possibile rinvenire alcuna corrispondenza tra il contratto di partenariato in esame e le indicazioni fornite dall’ANAC nelle linee guida n. 9 in tema di “Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico privato”.
“Un’ulteriore problematica è stata rinvenuta anche nella circostanza che l’avviso d’asta per la vendita degli immobili ha previsto quale corrispettivo per quelli del lotto c) non solo il prezzo, ma anche “in contropartita/permuta” la realizzazione da parte dell’acquirente di un nuovo stabile ad uso autorimessa. Stante questa previsione la stazione appaltante non avrebbe potuto qualificare l’operazione in discorso come una mera vendita di immobile, bensì come appalto da aggiudicare e applicarne la disciplina contenuta nel codice dei contratti.
Le precisazioni dell’Autorità
Le questioni segnalate hanno trovato una prima conferma nella documentazione reperita sul sito della stazione appaltante e inviata con la segnalazione, pertanto l’ANAC ha comunicato l’avvio del procedimento di vigilanza e verifica delle procedure di affidamento del contratto e della successiva vendita di immobili, nonché di tutti gli atti ad esse inerenti. Quindi ha richiesto al comune una relazione documentata volta a precisare la propria posizione su quanto ricevuto in segnalazione.
La difesa del comune
Il comune ha risposto puntualmente alla richiesta dell’ANAC ed ha inizialmente posto l’accento sull’inizio della procedura pubblica di scelta del contraente che, a suo dire, è iniziata dopo la manifestazione di interesse dalla S.r.l. (poi aggiudicataria). Si tratterebbe, infatti, di una procedura avente ad oggetto l’attività di promozione e valorizzazione e non la realizzazione di opere pubbliche, ragion per cui l’affidamento non era da includersi negli strumenti di programmazione, mentre le opere di miglioram¬ento e di manutenzione sono da considerarsi accessorie all’attività principale. Le autorizzazioni della Soprintendenza erano già state acquisite al momento dell’importante ristrutturazione svolta dall’ente locale in un periodo precedente.
Sull’analisi del trasferimento del rischio il comune afferma di averlo previsto a carico della società aggiudicataria, avendo pattuito un canone annuale con impegno della stessa a investire la differenza sugli immobili rimasti nella proprietà dell’ente. La modificazione del contratto di partenariato, inoltre, sarebbe avvenuta col previo assenso della società e solo dopo aver indetto una procedura di evidenza pubblica per l’alienazione degli immobili, a cui tutti avrebbero dunque potuto partecipare. Sul punto ha concluso che la natura degli edifici oggetto della procedura in questione non richiedeva l’autorizzazione della Soprintendenza.
La comunicazione alle parti
L’Autorità ha comunicato le risultanze dell’istruttoria alle parti, le quali hanno prospettato le loro controdeduzioni.
Il comune ha esordito affermando che la scelta della tipologia del contratto di P.P.P. sia avvenuta sulla base di un’attenta valutazione delle esperienze pregresse e che, in ogni caso, tali determinazioni non sarebbero sindacabili in quanto relative al merito dell’azione amministrativa. Sul profilo procedimentale invece ha sottolineato che la scelta del contraente è avvenuta in applicazione del D.Lgs. n. 50/2016 e che la modifica contrattuale è legittima perché rientrerebbe nei limiti previsti dall’art. 106, comma 2 di tale normativa, pari al 10% del valore del contratto, non c’è invece squilibrio economico-finanziari in quanto gli investimenti originariamente previsti a favore del comune sono stati dirottati sul patrimonio immobiliare oggetto di valorizzazione.
L’ente ha poi spiegato che la scelta dell’esperimento della procedura di evidenza pubblica, a discapito dell’appalto pubblico previsto dall’art. 191 del D.Lgs. n. 50/2016, è motivata dalla finalità di non voler soltanto realizzare un’opera bensì di voler effettuare un’operazione di valorizzazione del patrimonio comunale prevedendo quale corrispettivo non un prezzo, ma la permuta di cosa futura.
La società ha affermato che l’unica modifica avvenuta sia relativa all’esclusione dal contratto di PPP degli immobili alienati (le due ex stalle e la ex scuola) nonché di un terreno agricolo, mentre l’acquisto della proprietà degli stessi non andrebbe a modificare il contratto in quanto derivante da autonoma e distinta attività negoziale.
L’Autorità chiarisce i dubbi
L’Autorità ha valutato come irrilevante la mancata adozione di un progetto da eseguire sugli immobili oggetto di affidamento e corretto l’omesso coinvolgimento della Soprintendenza, in quanto il contratto prevede che l’aggiudicatario compia soltanto opere ordinarie di manutenzione e ristrutturazione, mentre ha evidenziato l’errore commesso dall’ente nel non dotarsi di strumenti di programmazione così come previsti dall’art.21 D.Lgs. n. 50/2016 per quanto riguarda gli “acquisti di servizi”.
L’ANAC basandosi sul combinato disposto degli articoli 3, comma 1 e 180 comma 2 del D.Lgs. n. 50/2016, ha censurato la scelta che il comune ha compiuto riguardo la tipologia contrattuale, poiché incongruente con l’attività sostanzialmente svolta dall’aggiudicatario. La normativa, infatti, prevede che “(…) i ricavi di gestione dell’operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente (…)” e che l’investimento a carico dell’aggiudicatario sia rilevante, il contrario di quanto in realtà avvenga. “Pertanto, il Comune avrebbe potuto limitarsi a sottoscrivere un contratto finalizzato alla mera concessione dell’utilizzo di beni di sua proprietà, previo espletamento di una procedura di evidenza pubblica da aggiudicare, (…) senza necessariamente ricorrere allo schema del contratto di partenariato.”
Relativamente alla modifica contrattuale disciplinata dall’art. 106, comma 2, del D.Lgs. n. 50/2016, l’Autorità ha in primis sottolineato che i provvedimenti non rinviavano in alcun modo alla richiamata disposizione e che il rispetto della soglia del 10% del valore del contratto dovrebbe essere valutata anche tenendo in considerazione i maggiori introiti riferibili alla società dall’inclusione dei nuovi immobili nell’attività di gestione dell’area.
In ultimo l’ANAC ha dipanato la questione relativa alla cessione delle due ex stalle avvenuta mediante la forma contrattuale della permuta di cosa futura, individuata in un immobile da destinare a magazzino su un terreno di proprietà comunale. Il comune, ha proseguito l’Autorità, può agire iure privatorum soltanto “a seguito della rigorosa verifica della non praticabilità delle ordinarie procedure di affidamento di un contratto pubblico, in relazione a particolari e documentate esigenze di celerità, funzionalità ed economicità” principio già stabilito in precedenza per la compravendita di cosa futura.
Visto che dalla procedura di cui all’art. 191 del D.Lgs. n. 50/2016 sarebbe stato possibile ottenere vantaggi (sconto sul prezzo, rialzo sul valore del mobile cedendo) e non sussistendo i presupposti di non praticabilità delle ordinarie procedure di affidamento, allora “l’individuazione dell’acquirente/esecutore dei lavori doveva (…) avvenire mediante ricorso alla procedura di cui all’art. 191 del D.Lgs. n. 50/2016, piuttosto che a seguito della pubblicazione di un avviso di asta pubblica”.
La deliberazione dell’Autorità
Sulla base di quanto sopra l’Autorità ha ritenuto che il contratto di partenariato avrebbe dovuto essere preceduto da un’attività di programmazione ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 50/2016 e che il Comune ha approvato la modifica contrattuale senza la necessaria previa verifica del rispetto dell’art. 106 comma 2 del D.Lgs. n. 50/2016.
Inoltre ha affermato che l’affidamento di lavori per la realizzazione di un edificio insistente su un’area di proprietà del comune può avvenire solo previo esperimento di una procedura di evidenza pubblica, eventualmente conforme alle disposizioni di cui all’art. 191 del D.Lgs. n. 50/2016, ove si intenda disporre la cessione di un immobile in cambio delle opere.

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