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Luoghi sensibili e sale da gioco: il Ministero dell’Interno spiega ai prefetti l’accordo raggiunto in Conferenza Unificata
di Marilisa Bombi – Giornalista. Consulente attività economiche.
L’obiettivo che lo Stato si è proposto di raggiungere, in accordo con gli Enti Locali (Intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata n. 103/U del 7 settembre 2017) – è quello di “regolare la distribuzione dell’offerta di gioco diffusa sul territorio, tenendo conto delle accresciute esigenze sociali”, dal momento che l'”insorgere di una nuova emergenza sociale” ha indotto gli Enti locali, in assenza di un quadro regolatorio nazionale aggiornato, a scelte, in generale, restrittive”. A tale scopo, la Conferenza ha indicato una serie di misure il cui fine è quello, da un lato, “di realizzare una forte riduzione dell’offerta attraverso una sensibile contrazione dei punti vendita e un innalzamento dei loro standard qualitativi in un’ottica di contrasto al gioco d’azzardo patologico”, nonché quello di “definire un sistema di regole relative alla distribuzione territoriale e temporale dei punti gioco”, garantendo omogeneità e regolamentazione uniforme sul territorio nazionale anche mediante istituzione di fasce orarie di blocco. Avuto riguardo alla distribuzione temporale del gioco, l’Intesa ha espressamente stabilito di “riconoscere agli Enti locali la facoltà di stabilire per le tipologie di gioco delle fasce orarie fino a 6 ore complessive di chiusura quotidiana di gioco”, stabilendo altresì che “la distribuzione oraria delle fasce di interruzione del gioco nell’arco della giornata va definita, d’intesa con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in una prospettiva il più omogenea possibile nel territorio nazionale e regionale, anche ai fini del futuro monitoraggio telematico del rispetto dei limiti così definiti”. Questo, in estrema sintesi, il quadro di riferimento ai quali i comuni dovrebbero fare riferimento, puntualmente delineato nella sentenza Tar Lazio, Sez. II bis, n. 1460 depositata il 5 febbraio 2019 e nella successiva n. 6260 della medesima Sezione depositata il 21 maggio del corrente anno.
In tali occasioni, il Tar ha anche affermato che: “Avuto riguardo agli effetti discendenti dall’Intesa, deve precisarsi che gli stessi non possono essere ricostruiti in termini di cogenza, posto che, per espressa previsione dell’art. 1, comma 936, L. n. 208 del 2015 – in base al quale è stata convocata la Conferenza Unificata – l’Intesa raggiunta deve essere recepita con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, sentite le Commissioni parlamentari competenti.” Ed ha, inoltre, puntualizzato che: “Tale decreto non è ancora intervenuto, con la conseguenza che l’Intesa, che con tale strumento normativo avrebbe dovuto essere recepita, non ha acquisito efficacia vincolante.” Ma il Collegio ha aggiunto anche che l’Intesa, in quanto concretizza un accordo tra gli enti istituzionali partecipanti alla Conferenza Unificata, costituisce un atto cui non può essere disconosciuta una certa forza vincolante tra gli stessi, in quanto espressione di principi e regole comuni che in tale sede hanno trovato mediazione e composizione attraverso la sintesi delle posizioni e degli interessi di cui sono portatori, dettando linee di indirizzo uniformi per la futura azione di tali enti, anche al fine di creare un quadro regolatorio omogeneo sul territorio nazionale.”
Partendo dalle argomentazioni dell’Organo di giustizia amministrativa, il Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza il Circolare Protocollo ha emanato, il 6 novembre scorso, la circolare n. 557/PAS/U/015223/12001, a prefetture, questure e commissari di Governo fornendo precise indicazioni interpretative del quadro di riferimento normativo, ovvero sintetizzando il contenuto dei precedenti giurisprudenziali nel senso che il decreto di recepimento dell’Intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata non è stato ancora emanato; tuttavia i contenuti dell’Intesa stessa si configurano come atto di indirizzo per le amministrazioni comunali costituendo, pertanto, un parametro di legittimità dei provvedimenti adottati. In altri termini, le indicazioni contenute nell’Intesa possano essere disattese soltanto nelle ipotesi in cui il comune, in sede di motivazione, manifesta l’esistenza di una particolare situazione che rende necessario adottare soluzioni diverse dalla disciplina destinata a trovare applicazione sul piano nazionale.
A proposito dell’Intesa mai comunque formalmente recepita, il Giudice ha evidenziato come lo spazio di autonomia e di competenza di ciascun livello di governo coinvolto, subordina comunque la definizione della distribuzione giornaliera dell’orario del gioco che non può essere sospeso per una durata superiore alle 6 ore, ad una previa intesa con i monopoli che, in tal caso, rappresenta gli interessi dello Stato e, nello specifico, le ragioni erariali connesse all’azzardo, reso comunque gioco lecito se realizzato mediante l’utilizzo degli apparecchi normati dal comma 6 dell’art. 110, TULPS. Ne consegue che l’acquisizione dell’intesa con l’Agenzia delle dogane, Amministrazione dei monopoli si configura di fatto come una regola procedurale, espressione peraltro del principio di leale collaborazione. Con la conseguenza che la sua violazione determina l’illegittimità del provvedimento adottato. Così come è stato per i due comuni laziali che non vi hanno adempiuto.
Il Ministero dell’Interno, scaduti i termini per l’eventuale impugnazione della sentenza davanti al Consiglio di Stato e preso (probabilmente) atto che per nessuna delle due sentenze è stato presentato appello, fornisce il suo “atto di indirizzo” agli organi periferici dello Stato, invitando gli stessi ad informare gli enti locali circa i principi contenuti nelle sentenze in questione. “Si tratta di passaggi rilevanti perché prendono in considerazione il ruolo dei Prefetti nei rapporti con le Regioni e gli Enti Locali, organi, questi ultimi, che stanno assumendo un protagonismo sempre più decisivo nella disciplina del settore del gioco.” Ha affermato l’ufficio legale di una associazione degli operatori per il gioco lecito, il quale ha anche esaminato in che misura e con quale efficacia i prefetti potranno orientare, sulla base della circolare in questione, le scelte amministrative delle regioni e del comuni in materia di limitazioni orarie all’attività di gioco.
La questione non è di poco conto. Ciò in quanto il ruolo che i prefetti potranno esercitare nei confronti dei comuni, in particolare dei sindaci, a seguito di questa circolare, non attiene a quelle materie per le quali sono attribuiti al prefetto poteri direttivi e di vigilanza sugli enti locali, come, ad esempio, avviene per le funzioni che i comuni esercitano per conto dello Stato (anagrafe, stato civile, elezioni) o che il sindaco svolge come Ufficiale del Governo in materia di ordine pubblico e sicurezza oppure nel caso in cui il comune sia commissariato per il venir meno degli organi di rappresentanza a seguito dello scioglimento del Consiglio Comunale per crisi politica o per infiltrazioni mafiose. In sostanza, il ruolo che i prefetti potranno svolgere, in attuazione della circolare in esame, potrà esplicarsi soltanto nell’ambito di quelle funzioni di indirizzo finalizzate a promuovere ed attuare il principio costituzionale di “leale collaborazione” tra lo Stato e gli enti locali. Tale cornice di riferimento è espressa in maniera ancor più esplicita e forse anche più incisiva in merito ai rapporti tra lo Stato e le regioni, ove il Prefetto insediato presso i rispettivi capoluoghi rivesta il ruolo di Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie. Del resto, l’esplicito richiamo, contenuto nella circolare all’art. 10, comma 1, lett. a, L. n. 131/2003, (la legge di attuazione della L.Cost. n. 3/2001 di riforma del Titolo V tanto per intenderci) esprime l’intento del Ministero dell’Interno affinché i prefetti si attivino con le regioni, al fine di assicurare, nell’ambito del tema preso in esame, il rispetto del “principio di leale collaborazione” tra Stato e Regione, allo scopo di orientare queste ultime a dare attuazione ai principi espressi nella sentenza del TAR Lazio. In conclusione, va accennato al fatto che la giurisprudenza sulla questione specifica del “valore” da attribuire alle intese raggiunte in sede di Conferenza unificata, la giurisprudenza non è univoca. Nel senso che, ad esempio, il Tar Veneto si è espresso, nell’aprile di quest’anno, in senso opposto a quello del Tar Lazio, così come correttamente ha ricordato lo stesso Ministero dell’interno nella circolare del 6 novembre.

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