tratto da quotidianopa.leggiditalia.it

L’elemento psicologico nel reato di omessa denuncia di abusi edilizi

di Roberto Rossetti – Comandante Polizia Locale

Un funzionario di un ufficio tecnico comunale viene condannato dalla Corte di appello per il reato di cui all’art. 361 c.p. (omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale), in quanto non aveva inviato, alla competente Procura territoriale, la comunicazione degli abusi edilizi commessi da parte di alcune persone che avevano presentato istanza di permesso di costruire in sanatoria.

L’interessato ricorre in Cassazione eccependo, nei fatti a lui contestai, l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato, in quanto egli era il coordinatore di diversi servizi comunali, nei quali altre persone svolgevano l’istruttoria delle singole pratiche e la prassi instaurata prevedeva che le comunicazioni di reato fossero inviate, a seguito di specifica indagine, dal personale appartenente alla Polizia Giudiziaria.

L’art. 361 c.p. prevede la sanzione penale a carico del pubblico ufficiale che omette o ritarda di denunciare all’Autorità Giudiziaria (o ad un’altra autorità a cui abbia obbligo di riferire), un reato, procedibile d’ufficio, di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni (le pene sono aumentate qualora del fatto si rendano responsabili ufficiali o agenti di Polizia Giudiziaria).

L’elemento soggettivo del reato consiste nella coscienza e nella volontà dell’azione o dell’omissione e può assumere le tre forme fondamentali del dolo (secondo intenzione), della colpa (negligenza, imperizia o imprudenza) e della preterintenzione (oltre l’intenzione, ossia dolo misto a responsabilità obiettiva). L’art. 42, c. 1, c.p., stabilisce che “nessuno può essere punito per un’azione o un’omissione preveduta dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà“.

L’elemento soggettivo del reato previsto e punito dall’art. 361 c.p. è costituito dalla consapevolezza e dalla volontarietà dell’omissione del dovere di informare l’Autorità Giudiziaria di un fatto costituente reato del quale il pubblico ufficiale è venuto a conoscenza nell’esercizio o a causa delle sue funzioni.

Secondo il Collegio, rimane estraneo al concetto di dolo il motivo per cui l’interessato omette di informare l’Autorità Giudiziaria, per cui è irrilevante il fatto che il pubblico ufficiale ritenesse che l’informativa competesse a qualcun altro ovvero che la stessa fosse già stata inviata. In tali casi l’errore, anche involontario, in cui l’obbligato può incorrere è penalmente inescusabile (cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 5 novembre 1998, n. 1407 e 23 settembre 1996, n. 9701). E’, altresì, penalmente rilevante il comportamento del pubblico ufficiale che, per l’attività svolta, è in grado di rilevare gli elementi necessari alla formazione della denuncia (cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 3 luglio 2018, n. 49833).

La Corte ritiene irrilevante la invocata prassi interna adottata dal Comune, ma riconosce che il ricorrente potesse non essere al corrente della esistente “notitia criminis“, dato l’elevato numero di istanze di sanatoria presentate e trasmesse ad altro settore per l’istruttoria ed in ragione dell’articolazione organizzativa dell’Ente, nel quale l’interessato aveva la responsabilità di tre servizi tecnici, ognuno dei quali aveva un proprio responsabile delle relative istruttorie, lasciando al ricorrente il solo onere di sottoscrivere gli atti finali.

Nonostante in appello fosse stato evidenziato che l’interessato non fosse a conoscenza dello stato delle pratiche in questione, i giudici di merito lo hanno ritenuto responsabile per il solo fatto di ricoprire il ruolo apicale dell’Area Tecnica del Comune, senza individuare alcuno specifico elemento che rendesse evidente la sua effettiva conoscenza dello stato e della consistenza delle specifiche istanze presentate.

La Corte ribadisce, come aveva già avuto modo di sostenere, che “non risponde di omessa denuncia di reato il sindaco che ometta di portare a conoscenza dell’autorità giudiziaria il contenuto delle domande di sanatoria per abusi edilizi pervenute all’amministrazione, o ne ritardi la trasmissione informale, richiesta dall’A.G.” (cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 9 maggio 1985, n. 5499. Tale principio può tranquillamente essere traslato in capo al Dirigente dell’ufficio tecnico, cui oggi compete l’accertamento di conformità ex art. 36D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. Edilizia).

Ciò non vuol dire, ovviamente, che il Dirigente non possa rendersi astrattamente responsabile del delitto di omessa denuncia, per un fatto costituente reato e di cui sia venuto a conoscenza nell’espletamento delle sue funzioni, ma non è possibile che tale obbligo/dovere di denuncia si estenda sino a ricomprendere indistintamente tutto il campo d’azione della funzione amministrativa e senza accertare se la notizia di reato sia stata realmente apprezzata dal soggetto agente, al fine di valutare la sussistenza del necessario elemento psicologico del dolo omissivo, costituente la fattispecie di reato di cui all’art. 361 c.p..

La stessa Corte aveva già avuto modo di precisare che non integra il reato di cui all’art. 361 c.p. il comportamento del pubblico ufficiale che, di fronte a segnalazioni con possibili risvolti penali, disponga i necessari accertamenti all’interno del proprio ufficio al fine di verificare l’effettiva sussistenza degli elementi costituenti il reato, non limitandosi a rilevare solo gli elementi di semplice sospetto (cfr. Cass. Pen., Sez. VI, 6 febbraio 2014, n. 12021).

Tale orientamento impone di non poter ritenere responsabile il pubblico ufficiale in base alla sola funzione svolta nella struttura burocratica cui è preposto, senza aver preventivamente valutato, nella fattispecie, la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

Per questi motivi la Corte annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata, perché il fatto non costituisce reato.

Cass. Pen., Sez. VI, Sent. 16 aprile 2019, n. 16577

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