03/08/2019 – Noi Segretari scomodi e sotto attacco. Ma per i Comuni siamo fondamentali.

Noi Segretari scomodi e sotto attacco. Ma per i Comuni siamo fondamentali.

Essere imparziale non significa non avere idee. Preciso persino sulle virgole  per non dare sponda ai malpancisti, Daniele Perotti  in questi (quasi) dieci anni da segretario generale di Palafrizzoni ha fatto conoscere anche il suo lato più «militante». Sulla scrivania la spilla-manifesto  «Restiamo umani» fa capolino tra il Piano nazionale anticorruzione, il decreto Sblocca cantieri e una mole di regolamenti. L’8 agosto sarà l’ultimo giorno in  servizio prima di andare in pensione (con una carriera iniziata nel 1982) ma annuncia che le battaglie non finiscono qui. «Siamo sotto attacco, e io continuerò a giocare la partita perché questo attacco non vada a buon fine», assicura.
Perché sotto attacco?
«Il segretario generale è l’unica figura di dirigente pubblico che opera negli enti locali con un percorso di formazione che non ha eguali nel mondo delle autonomie locali e in generale nella pubblica amministrazione, acquisendo, al vertice della sua carriera, un altissimo profilo sia giuridico sia manageriale».
Quindi dovrebbe essere un valore aggiunto per le Pa: dove  sta il problema?
«Una figura con questa preparazione  – che ha compiti di controllo e vigilanza, nonché la responsabilità della prevenzione della corruzione e della trasparenza del Comune, garantendo la correttezza di tutti gli atti – tanto  può essere fondamentale quanto  considerata ingombrante e scomoda da qualcuno, ecco perché ha tanti nemici nella politica e nei ministeri».
È per questo che si è arrivati alla drammatica carenza di segretari ?
«Da dieci anni non si fanno concorsi che alimentano l’Albo dal quale poi i sindaci attingono, con un aggravamento della situazione, anche se modesto, dovuto a “quota 100”. A monte c’è una mal sopportata presenza dei segretari comunali al ministero dell’Interno (cui compete la gestione) coniugata  con un input che viene da settori trasversali della politica, culminato con la proposta di abolizione della figura nel 2015, naufragata per la dichiarata incostituzionalità del procedimento legislativo».
Ci sono però anche casi-limite come  il segretario che reggeva 23 Comuni bergamaschi. Come lo valuta?
«È una patologia specifica frutto di questa situazione:  è una violazione conclamata del divieto, per i segretari, di svolgere contemporaneamente più di tre reggenze, come stabilito dalla circolare del ministero dell’Interno dell’8 luglio 2013».
Fa riferimento a l ministero dell’Interno: il suo cartello anti-Salvini alla manifestazione per l’accoglienza nel 2017 fece scalpore. Ce l’ha ancora con lui?
«A Salvini come ministro dell’Interno non può essere imputata la responsabilità di questo frutto marcio di una situazione che parte da molto lontano. Adesso però vedremo cosa farà lui per risolverla, visto che mette in difficoltà anche molti Comuni del Nord, retti da sindaci della Lega».
Ma il cartellone anti-Salvini non è stato uno scivolone  rispetto al suo ruolo super partes?
«Il cartellone non l’avevo portato io, anche se ne condividevo il contenuto. Comunque ero fuori dalla città di Bergamo, in un giorno festivo, in un contesto estraneo al mio lavoro, un cittadino nell’esercizio della libertà d’espressione sancita dalla Costituzione. Si può chiedere sia all’amministrazione Tentorio sia all’amministrazione Gori se io sia mai sceso in partita nella mia professione, e questo è quello che conta».
Delle idee politiche ce le avrà anche lei…
«Non sono un segreto e le ho scritte anche nel libro “Lo impone il mercato. Come i nostri governanti hanno stravolto i principi costituzionali”. Una presa di posizione contro i tentativi bipartisan di stravolgere la Costituzione, che va difesa sempre».
Ha lavorato sia con Franco Tentorio sia con Giorgio Gori:con chi si è trovato meglio?
«La domanda è insidiosa, ma posso dire che non sono due figure contrapposte bensì complementari, esprimono due vocazioni che convivono in questa città. Tentorio incarna la ricerca della bonaccia, è un insuperabile galleggiatore, ed è sicuramente una virtù. Gori esprime invece la parte del navigatore, ha alzato le vele. Ma quando si naviga bisogna avere anche una quota di fortuna, perché ci si può imbattere negli scogli o nella tempesta».
Qual è il momento che a Bergamo le ha dato più soddisfazione?
«Lo studio dell’architettura giuridica della Fondazione dell’Accademia Carrara, partito nel 2011 e culminato con la splendida riapertura della pinacoteca».
E il momento di maggiore sofferenza?
«Sono rimasto toccato dalla sconfitta di Bergamo per la Capitale europea della cultura, un’abominevole ingiustizia».
Lei è originario dell’Oltrepò pavese, resterà legato a Bergamo dopo la fine del suo incarico?
«Considero Bergamo la mia patria adottiva, per questo il desiderio di restare c’è».
Magari con qualche ruolo  in ambito culturale?
«Se si profilerà un utilizzo delle mie competenze, non a fini lucrativi ma come contributo volontario, ci sarò».
Benedetta Ravizza 

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