Tratto da: Ildirittoamministrativo.it  

Autrice:  Mara Di Fabio

In questo documento si analizza la tematica dell’Antitrust, con particolare riferimento al rapporto fra l’Antitrust medesimo e il settore farmaceutico, il quale risente dell’impatto della normativa europea della concorrenza, definito dalla Corte di Giustizia della Unione Europea come settore particolarmente sensibile. Il settore farmaceutico è riconducibile nell’alveo dei settori economici e assume un ruolo di suprema importanza per il benessere della collettività, ove la salute è intesa quale bene pubblico e meritevole di tutela da parte dell’AGCOM, Autorità Garante anche nel settore farmaceutico.

Entrano in gioco i diritti costituzionalmente garantiti, come il diritto alla salute, diritto presidiato costituzionalmente ai sensi dell’art. 32 Cost., espressione del servizio pubblico sanitario, quale servizio essenziale, proteso alla tutela della collettività e alla tutela della concorrenza, avente la genesi nello Sherman Act.

Garantire l’efficienza nel settore sanitario vuol dire assicurare ai cittadini, nella loro veste di utenti o

pazienti, l’efficacia dei mezzi diretti alla loro cura e a costi sostenibili per la finanza pubblica, sostenuti dal servizio sanitario nazionale.

La concorrenza è da supporto, in quanto ha lo scopo di ridurre la spesa pubblica e di garantire e mantenere alti i livelli di qualità dei servizi e si sostanzia nel parametro a beneficio della collettività, espressione della Costituzione economica, tutela l’interesse pubblico della riduzione, del contenimento della spesa pubblica, favorendo il risparmio gravante sulla finanza pubblica medesima, ergo sull’erario, patrimonio dello Stato e quindi della collettività.

Nella presente trattazione, si affronta nello specifico il caso Avastin e il caso Aspen, fattispecie riguardanti la violazione della concorrenza, ai sensi dell’art. 101 TFUE e la violazione ai sensi dell’art. 102 TFUE, a causa della condanna della Aspen, nella sua veste di multinazionale farmaceutica, per abuso della posizione dominante, a seguito della sua imposizione di prezzi oggettivamente iniqui di farmaci salvavita, idonei a curare malati oncoematologici.

Per il caso Aspen si rileva l’orientamento giurisprudenziale del TAR LAZIO, sez. prima, n. 8945/2017, sentenza che accerta la vittoria dell’Antitrust e la correttezza del suo operato.

L’Antitrust sanziona nel settore farmaceutico la violazione della concorrenza, connotata da condotte di preclusione, fonte di ricavi elevati e di illeciti profitti.

SOMMARIO: 1. Introduzione: l’AGCOM, garante del settore farmaceutico, “epifania” del settore economico, il ruolo della concorrenza e del Regolamento n.1/2003; 2. Caso Avastin: violazione art. 101 TFUE; 3. Caso Aspen: violazione dell’art. 102 TFUE e il significativo contributo giurisprudenziale del Tar Lazio, n.8935/2017, l’accertamento della correttezza del modus operandi dell’AGCOM e condanna della Aspen, multinazionale farmaceutica.; 4. Conclusioni: altre fattispecie analoghe, il caso Pfizer e considerazioni.

 

 

1.Introduzione: l’AGCOM, garante del settore farmaceutico, epifania del settore economico, il ruolo della concorrenza e del Regolamento n.1/2003.

Con il presente documento la scrivente intende affrontare la tematica dell’Antitrust, con particolare riferimento al rapporto fra l’Antitrust medesimo e il settore farmaceutico, il quale risente dell’impatto della normativa europea della concorrenza, definito dalla Corte di Giustizia della Unione Europea come settore particolarmente sensibile. Il «settore farmaceutico è riconducibile nell’alveo dei settori economici»[2] e assume un ruolo di suprema importanza per il benessere della collettività, ove la salute è intesa quale bene pubblico e, per questo, meritevole di tutela da parte dell’AGCOM, Autorità Garante anche nel settore farmaceutico.

Pertanto, entrano in gioco i diritti costituzionalmente garantiti, come il diritto alla salute, diritto presidiato costituzionalmente ai sensi dell’art. 32 della Costituzione, espressione del servizio pubblico sanitario, quale servizio essenziale, proteso alla tutela della collettività e alla tutela della concorrenza, ai sensi dell’art. 41 della Costituzione, avente origine nello Sherman Act, atto giuridico della sua genesi negli Stati Uniti nel 1890.

Garantire l’efficienza nel settore sanitario vuol dire assicurare ai cittadini, nella loro veste di utenti o

pazienti, l’efficacia dei mezzi diretti alla loro cura e a costi sostenibili per la finanza pubblica, sostenuti dal servizio sanitario nazionale.

Strettamente correlato al tema della riduzione dei costi in ambito sanitario è anche il contenimento della spesa pubblica e la conseguente riduzione delle qualità dei servizi del servizio sanitario nazionale, il così detto SSN, col rischio gravissimo di creare diseguaglianze fra i cittadini che necessitano di cure e di violare il diritto alla salute, ai sensi dell’art. 32 della Costituzione, che risulterebbe gravemente pregiudicato, unitamente all’art. 3 Cost.

Qui la concorrenza è da supporto, in quanto ha lo scopo di ridurre la spesa pubblica e di garantire e mantenere alti i livelli di qualità dei servizi. La concorrenza, quale parametro a beneficio della collettività ed espressione della Costituzione economica, tutela l’interesse pubblico della riduzione e del contenimento della spesa pubblica, e inoltre, favorisce il risparmio gravante sulla finanza pubblica, ergo sull’erario, patrimonio dello Stato e quindi della collettività.

Nella presente trattazione, si affronta nello specifico il caso Avastin e il caso Aspen, fattispecie riguardanti la violazione della concorrenza, ai sensi dell’art. 101 TFUE e la violazione ai sensi dell’art. 102 TFUE, a causa della condanna della Aspen, nella sua veste di multinazionale farmaceutica, per abuso della posizione dominante, a seguito della sua imposizione di prezzi oggettivamente iniqui di farmaci salvavita, idonei a curare malati oncoematologici.

Per il caso Aspen si rileva il substrato giuridico dell’orientamento giurisprudenziale del TAR LAZIO, sez. prima, n. 8945/2017, sentenza che accerta la vittoria dell’Antitrust e della correttezza del suo operato.

Si evidenzia come l’intervento dell’AGCOM, nel suo ruolo istituzionale, di garanzia e di vigilanza della concorrenza sia stato essenziale proprio per la tutela dei pazienti e della collettività, in quanto la concorrenza costituisce quel parametro di equilibrio tra l’erogazione delle prestazioni sanitarie e la fornitura dei servizi sanitari.

L’Antitrust sanziona nel settore farmaceutico quelle condotte attuative del tentativo di preclusione della concorrenza, tale da giustificare la diversità del prezzo e da costituire fonti di ricavi elevati, di illeciti profitti e prezzi iniqui per farmaci salvavita, come nel caso Aspen e per la cura della patologia di degenerazione maculare senile dell’Avastin, medicinale presente sul mercato ad un prezzo oggettivamente molto ridotto rispetto al Lucentis, farmaco concorrente per il medesimo principio attivo e idoneo alla cura della medesima malattia oftalmica.

Da quanto esposto fin qui in premessa, vengono in rilievo i diritti costituzionalmente garantiti come la concorrenza, che riceve presidio costituzionale, ai sensi dell’art. 41 Cost., con la tutela dell’iniziativa economica privata e la salute, diritto garantito costituzionalmente, ai sensi dell’art. 32 Cost., ove ottiene la sua sacralità nel peculiare servizio pubblico essenziale, qual è la sanità, qualificata quale «servizio essenziale»[3] teleologicamente finalizzato alla tutela della collettività.

Da ciò consegue che anche il farmaco costituisce una espressione del servizio sanitario e, in quanto tale, si sostanzia in un servizio pubblico essenziale, poiché il farmaco medesimo consiste proprio nel mezzo mediante il quale viene garantito[4], al livello costituzionale, il diritto alla salute, ai sensi dell’art. 32 della Costituzione.

La definizione di servizio universale è stata attribuita dalla Commissione dell’Unione Europea, espressa in merito ai servizi di interesse generale, avente la ratio di individuare i principi da rispettare nella erogazione dei servizi sanitari medesimi e farmacologici.

Il settore farmaceutico si caratterizza per il suo connotato peculiare relativo al ruolo che il medesimo riveste, di suprema importanza per il benessere della collettività, ove la salute è intesa quale bene pubblico.

Inoltre, lo stesso settore farmaceutico assume una funzione fondamentale anche per lo sviluppo della competitività nazionale, ma dove le logiche della concorrenza e del libero mercato devono cedere il passo all’interesse generale della collettività, che viene in gioco.

Il settore farmaceutico risente dell’impatto della normativa europea della concorrenza ed è espressione di un settore economico e, pertanto, costituisce un «settore particolarmente sensibile», come specificato nella nota sentenza della Corte di Giustizia della Unione Europea, conosciuta per il famoso caso Pfizer, avente la seguente nomenclatura: «Case C-307/18-Generics (UK) and Others, (ECLI: EU: C: 2020:28) del 30 Gennaio 2020».

Nella presente trattazione, ora si affrontano nello specifico le violazioni emblematiche come il caso Avastin e il caso Aspen, fattispecie riguardanti la violazione della concorrenza, ai sensi dell’art. 101 TFUE e la violazione ai sensi dell’art. 102 TFUE, a causa della condanna della Aspen, nella sua veste di multinazionale farmaceutica, per abuso della posizione dominante. 

Si evidenzia come l’intervento dell’AGCOM, nel suo ruolo istituzionale, di garanzia e di vigilanza della concorrenza sia stato essenziale proprio per la tutela dei pazienti e della collettività, in quanto la concorrenza costituisce quel parametro di equilibrio tra l’erogazione delle prestazioni sanitarie e la fornitura dei servizi sanitari medesimo.

La «concorrenza rappresenta quel parametro posto a beneficio dell’interesse pubblico», canone garante della riduzione della spesa pubblica sanitaria e approda con il suo referente normativo nella Costituzione, ai sensi dell’art. 41 della Costituzione, nella sua qualità di paradigma e di anima della Costituzione, così detta, economica.

Il diritto alla salute implica una situazione giuridica soggettiva rilevante per la persona e per la collettività e per questo non può essere sacrificato per il soddisfacimento dell’interesse pubblico, comportando una deroga al principio della concorrenza, attuabile come regola generale, ma dove la concorrenza costituisce, ad ogni modo, un parametro di difesa e di garanzia di primaria importanza per i cittadini. 

Così viene in rilevo la concorrenza medesima, che ha proprio lo scopo ridurre la spesa pubblica e al contempo, garantire e mantenere alti i livelli di qualità dei servizi.

Il valore del farmaco non può essere considerato come l’equivalente di un prezzo, di un qualsiasi prodotto e, in considerazione delle sentenze Menarini e nelle successive sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la Corte medesima riconosce il valore economico del farmaco e chiede la necessità di un adattamento ai precetti comunitari degli ordinamenti nazionali, in materia di fissazione dei prezzi, con lo scopo di creare un mercato globalizzato. Tutto ciò è proprio finalizzato a garantire l’efficienza del sistema farmaceutico, premesso questo non è possibile procedere alla liberalizzazione del mercato dei farmaci per garantire la sicurezza dei medicinali stessi.

L’Antitrust si presenta, dunque, come una garanzia alla vigilanza anche nel settore sanitario, dove solo la concorrenza può essere posta come parametro a difesa del giusto equilibrio tra l’erogazione delle prestazioni sanitarie e la fornitura del servizio sanitario medesimo, quale servizio pubblico essenziale effettuata mediante strutture pubbliche e private, poste appunto in sinergia.

La concorrenza è quel parametro, che, se non viziato dalla patologia del così detto, abuso del diritto,

nella forma del così denominato, abuso di posizione dominante, consente la crescita della Nazione, della qualità e produttività, assicurando gli elevati standard sanitari, la riduzione della spesa pubblica sanitaria con la sua funzione di neutralizzare quelle condotte anticoncorrenziali, antimonopoliste e illecite.

Si verifica così un «uso distorto del diritto», la cui utilizzazione esula dal fine per il quale sia stato preposto dalla legge.

Ai fini del corretto funzionamento di questo equilibrio, l’Antitrust tende ad ambire ad una differenziazione tra la regolamentazione e la gestione, in cui si identifica la fornitura del servizio sanitario stesso per la riduzione della spesa pubblica. L’ Antitrust cerca di arginare le condotte monopoliste delle aziende farmaceutiche.

Premessa necessaria, ai fini del prosieguo della presenta trattazione giuridica è la definizione del «principio attivo del farmaco», principio attivo interpretato quale discrimen fondamentale e del rapporto esistente fra il principio attivo medesimo del farmaco e la concorrenza.

Il principio attivo di un farmaco è oggetto di appalti pubblici di servizi e beni sanitari e la sua scoperta e portata innovativa, creativa consente di costituire il brevetto, quale espressione della proprietà intellettuale, caratterizzato da una durata temporale a scadenza, delimitata legislativamente.

Le varie imprese farmaceutiche hanno cercato di ostacolare la concorrenza tra i farmaci originator, titolari del brevetto e i biosimilari, argomentando sulla diversità biologica degli stessi.

Nonostante l’Antitrust abbia favorito la concorrenza fra farmaci biologici e biosimilari, l’AGCOM stesso ha trovato come fondamento «il criterio della terapeutica sovrapponibilità», cioè la loro perfetta sostituibilità, per qualità e sicurezza.

Il criterio della sovrapponibilità terapeutica si sostanzia nella «equivalenza terapeutica», che conduce alla concorrenza, all’accesso al mercato del farmaco e alla riduzione dei prezzi.

Pertanto, applicando il parametro della concorrenza si realizza, così, un contenimento della spesa pubblica, in quanto la concorrenza medesima ha lo scopo teleologico di ridurre la spesa pubblica stessa e, al contempo, di garantire e mantenere alti i livelli di qualità dei servizi, inclusi i servizi sanitari e farmaceutici, come per le fattispecie oggetto di analisi con la presente trattazione.

Il mercato rilevante nel settore farmaceutico consiste nella funzione terapeutica sostituibile del farmaco, destinato alla cura della patologia nella sua funzione sociale. Anche i farmaci off-label, espressione della funzione sociale del farmaco, sono stati introdotti per alleggerire il SSN, purché non esista una valida alternativa terapeutica, senza autorizzazione, se non per altre patologie diverse da quelle specificamente autorizzate, ma innovativi, sottoposti a sperimentazione, inseriti nell’elenco dei farmaci erogabili, ex Art. 1. D.l. n. 536/1996.

Emblematico è il caso Avastin, ove l’Antitrust ha sollevato la violazione dell’art. 101 TFUE, non correttamente interpretato, tra la Roche e la Novartis per la produzione di un farmaco per curare patologie oftalmiche, sostenendo che entrambi i farmaci fossero tra loro sostituibili e accertando la manipolazione dei rischi dei prodotti e l’asimmetria informativa, tra produttori e consumatori, lucrando indebitamente e favorendo un illecito aumento del prezzo, producendo uno squilibrio e una condotta di abuso di posizione dominante. Quest’ultima riscontrata anche col caso Aspen, ove è stato violato l’art. 102 TFUE, a causa di prezzi ingiusti oggettivamente per farmaci salvavita.

Si evidenzia come il rispetto del principio della concorrenza, il cui referente normativo a livello costituzionale è l’art. 41 della Costituzione stessa, impatta e coinvolge anche il settore farmaceutico.

Pertanto, si reputa necessario considerare la genesi della tutela della concorrenza, che trova fondamento giuridico negli Stati Uniti con lo Sherman Act nel 1890.

Tale fondamento normativo vieta le intese restrittive alla concorrenza, allo scopo di arginare la creazione dei monopoli e il rischio di alterazione delle regole del mercato, quale luogo di scambi commerciali.

Negli anni novanta nasce l’Antitrust, nella sua veste istituzionale di Autorità Garante di Vigilanza in Italia e quale organo decentrato dell’amministrazione comunitaria, per quanto concerne le condotte di abuso di posizione dominante e di violazione della concorrenza, anche a livello comunitario, con la conseguente applicazione anche del diritto dell’Antitrust comunitario, in virtù del Regolamento n.1/2003.

L’Antitrust, o altrimenti detta AGCOM, opera a beneficio della collettività e assolve alle funzioni, non solo di accertamento di natura provvedimentale, dotata dell’esercizio di competenze propositive, conoscitive e consultive, ma tale Autorità Garante si caratterizza anche per le sue funzioni investigative, di indagine gnoseologiche, di natura cognitiva nei settori economici[5], dove la fissazione dei prezzi, gli scambi commerciali e altre situazioni fattuali facciano presumere che la concorrenza sia falsata, alterata, ristretta oppure ostacolata.

Anche «il settore farmaceutico è riconducibile nell’alveo dei settori economici», alla pari di quei settori relativi ai servizi portuali[6], ai servizi dell’energia elettrica, del gas o del petrolio e via di seguito.

La ratio normativa dell’AGCOM risiede proprio nella sua funzione diretta a tutela della concorrenza e del mercato e che gioca un ruolo fondamentale di vera e propria «garanzia nel settore farmaceutico».

Per quanto riguarda il caso Avastin e del caso Aspen, l’AGCOM è intervenuta a tutela dei pazienti e ha rilevato circostanze fattuali di distorsioni[7] della concorrenza medesima e del suo funzionamento, il quale devia da quanto previsto espressamente dalla legge, nonché in assenza di legittime esigenze di interesse generale.

L’Antitrust agisce come tradizionale potere dello Stato a garanzia degli utenti e/o pazienti ed esercita anche il suo controllo preventivo e, in tal senso, esprime anche pareri, al fine di rimuovere quelle situazioni fattuali di distorsione delle condotte delle imprese, con conseguente violazione della concorrenza in questione.

In virtù del Regolamento n.1/2003 si è creata una situazione di «criticità del problematico rapporto tra le finalità comunitarie della concorrenza e il ruolo delle Autorità nazionali in materia»[8].

Il Regolamento, emanato in sede comunitaria, presenta un impasse di questo sistema binario, definito da parte della Dottrina come «parallelo»[9], relativo alla concorrenza, per la quale viene applicato il decentramento amministrativo delle Autorità nazionali Garanti in materia di antitrust. Si crea un rafforzamento del potere delle Autorità Garanti nazionali medesime, ai fini della tutela dei Trattati e contestualmente si potenziano i poteri della Commissione della Unione Europea per il controllo, per la vigilanza sulla posizione dominante e sulle intese.

La tutela della concorrenza viene garantita sia al livello nazionale sia al livello comunitario, come ad esempio il divieto dell’abuso della posizione dominante nella Unione Europea, divieto tassativo per legge.

Pertanto, è possibile affermare che il Regolamento n.1/2003 abbia rappresentato una importante svolta epocale in materia di antitrust, in quanto il Regolamento medesimo ha consacrato il decentramento delle Autorità nazionali Garanti per quanto concerne la disciplina antitrust europea.

La Commissione non applica direttamente l’art. 101 e l’art. 102 TFUE, del Trattato, ma la stessa esercita una funzione di controllo sull’applicazione uniforme e omogenea del diritto europeo da parte delle Autorità nazionali della concorrenza tra gli Stati Membri e attua le norme derivanti dal Trattato solo in presenza di intese, violative della concorrenza medesima, e caratterizzate da condotte distorsive.

Da ciò consegue la necessità di applicare una ermeneutica corretta e una giusta esegesi e interpretazione delle norme e di effettuare un adeguamento alla politica della concorrenza europea.

Si realizza così una situazione peculiare che la dottrina chiama «spostamento di baricentro della vigilanza»[10], avente lo scopo di assicurare l’applicazione uniforme ed omogenea del diritto dell’antitrust e una uniformità di soluzioni o decisioni e di conformità del mercato, nell’azione normativa comunitaria.

Il Regolamento n.1/2003 imprime la necessità di una sorta di collaborazione, di «coordinamento» e di cooperazione fra le Autorità nazionali Garanti stesse e la Commissione, ma di confermare sempre

l’indipendenza delle Authorities medesime da ogni ingerenza politica.

La concorrenza costituisce una vera e propria espressione, una «epifania» della «costituzione economica»; costituzione economica, nomenclatura data dalla dottrina.[11]

Da quanto fin qui esposto, si comprende perfettamente come l’Antitrust rappresenta la democrazia economica e i giudici di Palazzo Spada del Consiglio di Stato sanciscono la competenza esclusiva dell’AGCOM, ai fini della neutralizzazione e della eliminazione di pratiche concorrenziali scorrette, anche nel settore farmaceutico, di cui si sono citati i casi emblematici di Avastin e di Aspen.

 

  1. Il Caso Avastin: violazione art. 101 TFUE.

Il caso Avastin tratta della questione giuridica posta in essere per il farmaco off label dell’Avastin, farmaco fuori etichetta, a carico del solo paziente e non del servizio sanitario nazionale (SSN) e autorizzato, non per la cura di patologie oftalmiche, ma per le patologie inerenti al tumore metastatico del colon retto. Il farmaco, così, diventa un bene puro scambiato sul mercato, in considerazione del suo valore economico, riconosciuto al farmaco stesso dalla giurisprudenza, quindi non ricade sulla collettività, poiché non è posto a carico del SSN.

La giurisprudenza attribuisce piena legittimità delle procedure degli appalti pubblici per il principio attivo dei farmaci medesimi, che si pongono in concorrenza tra farmaci originator, sottoposti a brevetto, e biosimilari o generici.

L’impresa farmaceutica coinvolta nel caso Avastin, prodotto della Roche, in antitesi col Lucentis della Novartis, farmaco on label, autorizzato per la cura della degenerazione maculare senile, presenta ricorso avverso la concorrenza per annullamento della gara.

La differenza dei costi tra l’Avastin e il Lucentis è notevole, rispettivamente di trenta euro e di ottocentodieci euro, a carico del SSN, ergo della collettività.

La Novartis, produttrice del farmaco Lucentis, utilizza come argomentazione nel ricorso la diversità del principio attivo tra i medesimi farmaci. Pertanto, l’impresa farmaceutica attua un vero e proprio tentativo di preclusione della concorrenza, con il fondamento giuridico della diversità ontologica tra

originator e biosimilari e giustificando la diversità del prezzo.

Il Consiglio di Stato rigetta il ricorso, anche a seguito dell’intervento del parere AIFA, sopraggiunto

a seguito della Legge Balduzzi, e sancisce la perfetta e sostanziale sovrapponibilità di sicurezza e di

efficacia tra i farmaci in questione.

L’AGCOM apre l’istruttoria e accerta, al contrario di quanto sostenuto dall’impresa farmaceutica, l’equivalenza terapeutica e statuisce la sostituibilità tra i farmaci Avastin e Lucentis, di cui si acclara la presenza del medesimo principio attivo, anche per la cura di patologie oftalmiche, favorendo un maggior accesso al mercato per il farmaco e una notevole riduzione del prezzo, con conseguente contenimento della spesa pubblica sanitaria, la quale viene ridotta in maniera considerevole e non dando luogo più ad un «ingiusto aumento del profitto», creando un ulteriore danno alla concorrenza e alla qualità dei servizi sanitari.

La ratio risiede sempre nella tutela dell’interesse pubblico, il quale si indentifica con la riduzione e

il contenimento della spesa pubblica.

La concorrenza è quel parametro, che, qui viene in rilievo, parametro che, se non viziato da alcuna patologia, come l’abuso del diritto e l’abuso della posizione dominante, garantisce l’equilibrio del mercato e a tutela sempre della collettività, favorendo, per ciò solo, «il risparmio della spesa del servizio sanitario nazionale (SSN)».

L’Unione Europea consente legislativamente l’utilizzo dei farmaci off label, che assicurano il contenimento della spesa pubblica e la cura di gravi patologie. Si ricorda il farmaco off label del dott. Di Bella, con previo consenso del paziente.

La somministrazione del farmaco off label è proprio la manifestazione della funzione sociale del farmaco, ai sensi della Legge n. 648/96.

Il presupposto fondamentale per l’uso del farmaco off label è che non sussista una valida alternativa terapeutica e che, ad ogni modo, siano sempre rispettate le prescrizioni scientifiche a livello internazionale e vi sia la constatazione di risultati favorevoli ed esiti positivi della cura di una determinata patologia, seppure non autorizzata nello specifico. Come lo è nel caso dell’Avastin.

Nella fattispecie Avastin, l’Antitrust dichiara espressamente la concorrenza fra l’Avastin stesso e il Lucentis e, in considerazione del rapporto concreto di sostituibilità, ergo, del soddisfacimento di assicurare la cura della stessa patologia, l’Autorità Garante sancisce la violazione dell’art. 101 TFUE per la ristretta concorrenza oggettiva attuata dalla Novartis, che espleta una intesa restrittiva della concorrenza, funzionalizzata ad impedire l’uso del farmaco Avastin in ambito oftalmico a vantaggio del Lucentis, con un prezzo cinquanta volte superiore dell’Avastin, argomentando anche sulla esistenza della specifica autorizzazione per le patologie maculari collegate all’età.

Il Lucentis, infatti, è farmaco on label, cioè preventivamente autorizzato per la cura specifica di degenerazione maculare.

L’AGCOM rileva, in tal modo, l’attuazione di pratiche commerciali scorrette, fonte di ricavi elevati e di illeciti profitti, grazie anche alla pubblicità ingannevole e al condizionamento dei medici, quali soggetti deputati alle prescrizioni mediche.

L’ Antitrust interviene a beneficio della collettività, sanzionando amministrativamente tale condotta di rilevante gravità, in virtù dell’intesa diretta a ridurre la domanda del prodotto meno costoso l’Avastin, a vantaggio di quello più costoso, il Lucentis.

Si vede chiaramente come la concorrenza sia il criterio perfetto di equilibrio e di garanzia, ai fini di scongiurare una riduzione della qualità dei servizi sanitari coinvolti e di tutelare la salute del cittadino e quindi di assicurare la collettività da rischi. La concorrenza vista, pertanto, anche quale parametro dell’aumento della produttività e della crescita economica nazionale.

 

  1. Caso Aspen: violazione dell’art. 102 TFUE e il significativo contributo giurisprudenziale della famosa sentenza del Tar Lazio, n.8935/2017, l’accertamento della correttezza del modus operandi dell’AGCOM e la condanna della Aspen, multinazionale farmaceutica.

Sempre nel rispetto dell’esercizio del diritto di cronaca, diritto ad essere correttamente informati sui fatti e sulla veridicità dei fatti stessi, ai sensi dell’art. 21 Cost., fatti accertati giuridicamente, si prosegue nella presente trattazione giuridica col caso Aspen.

Il caso Aspen, nome della multinazionale farmaceutica Aspen appunto, condannata con sanzione amministrativa di circa cinque milioni di euro, a seguito di istruttoria dall’AGCOM in ragione della violazione dell’art. 102 TFUE, per abuso della posizione dominante, fattispecie tipica dell’abuso del diritto, di creazione dottrinaria. A supporto di tale condanna viene in rilievo la sentenza del TAR LAZIO la n. 8945 del 2017.

Come impresa farmaceutica, l’Aspen fissa dei prezzi oggettivamente iniqui, ingiusti e sproporzionati di farmaci salvavita per malati oncoematologici, come anziani e bambini. La Aspen, quale multinazionale farmaceutica, minaccia di togliere dal mercato i medesimi medicinali salvavita, ai fini dell’ottenimento dell’aumento dei prezzi, con pregiudizio grave e potenziale per gli ammalati, violati nel loro diritto alla salute, creando disagi eccessivi alla cura dei pazienti.

L’imposizione dei prezzi iniqui, in assenza di esimenti di carattere economico generale conduce l’Antitrust ad intervenire per la violazione costituitasi, per assicurare il corretto bilanciamento tra i diritti costituzionalmente protetti coinvolti, come il diritto alla salute e il diritto alla libertà economica e di impresa.

Tutto ciò è diretto al contenimento della spesa pubblica e ad evitare di gravare, per ciò solo, sulla finanza pubblica, quindi sull’erario, inteso come patrimonio dello Stato.

Col caso Aspen, l’impresa farmaceutica porta avanti una negoziazione sui prezzi con l’AIFA, la quale poi con sentenza del Tar Lazio innanzi menzionata, sarà destinataria di una condanna in solido con l’Aspen con sanzione amministrativa dall’Antitrust.

L’Aspen cerca di delegittimare l’intervento sanzionatorio dell’AGCOM con la presentazione del ricorso avverso l’AGCOM stesso, avente ad oggetto l’annullamento del provvedimento sanzionatorio dell’Autorità Garante, posto nei suoi confronti.

L’Aspen stessa contesta all’AGCOM la diffida dalla stessa presentata per travisamento dei fatti, per eccesso di potere, per profili di illegittimità, pone fra i motivi delle doglianze, la limitazione e la compressione del diritto di difesa, costituzionalmente garantito, ex art. 111 Cost., il diniego di accesso alla documentazione del Ministero della Salute, il mancato rispetto dell’obbligo di tempestiva comunicazione dell’illecito presunto violato, l’erronea qualificazione da parte dell’AGCOM per ipotesi di non sussistenza di abuso del diritto, ma solo di abuso del diritto di imposizione dei prezzi. Il Tar Lazio, con nota sentenza n. 8945/2017, rigetta il ricorso presentato dall’Aspen e concede la vittoria all’Antitrust, la quale accerta l’abuso della posizione dominante «per eccessiva iniquità dei prezzi» per il farmaco Cosmos salvavita.

La giurisprudenza del Tar Lazio utilizza la giurisprudenza comunitaria per definire l’abuso della posizione dominante e, all’uopo, indica tale posizione dominante come una situazione di potenza economica e di ostacolo per la concorrenza, con conseguente pregiudizio.

L’Aspen sostiene l’esercizio della sua facoltà secondo legge, ma in realtà viene accertato dalla giurisprudenza proprio un esercizio di pressione indebita sull’ente regolatore dell’Aifa, integrando una pratica abusiva scorretta, fra cui imporre il limite alla produzione, con danno agli utenti e/o pazienti, ai sensi dell’Art. 102 TFUE, lettera a) e lettera b).

L’AGCOM interviene nella sua funzione di accertamento conoscitivo e nella sua funzione di indagine nei settori economici, compreso il settore farmaceutico, dove il mercato rilevante, quale luogo di scambi commerciali, il comportamento dei prezzi e di altre circostanze siano indici sintomatici tali da far presumere che la concorrenza si stata alterata, falsata, ristretta e violata.

La giurisprudenza del Tar Lazio analizza l’abusività della condotta del pricing, dei prezzi, con cui l’Autorità Garante dell’Antitrust ha applicato proprio il test, così detto United Brands, il quale scinde l’analisi in due fasi, di cui la prima diretta a verificare se vi sia una «eccessiva differenza tra prezzo e costo»[12], ovvero se «il profitto marginale sia qualificabile come eccessivo»[13].

In caso di esito positivo, la seconda fase del test riguarda i fattori ulteriori, protesi a verificare che «l’elevata marginalità sia dovuta ad un uso distorto della posizione dominante», di cui l’impresa gode e priva, invece, di un alto tasso di efficienza o innovazione che l’impresa medesima sia stata in grado di realizzare.

L’orientamento giurisprudenziale del Tar Lazio conferma la correttezza dell’AGCOM, applicata al caso di specie Aspen, dove l’Antitrust opera in conformità alle prudenziali indicazioni comunitarie, applicando diversi metodi di calcolo e approdando a conclusioni analoghe.

La giurisprudenza constata la sproporzione tra prezzo e costi mediante il margine lordo di contribuzione, cioè la differenza tra il valore netto delle vendite e il costo del prodotto venduto, allineandosi all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.

Il test di analisi della sproporzione tra i prezzi applicati e i costi sostenuti dalla Aspen per i farmaci in oggetto di giudizio dimostra ricavi eccessivi rispetto ai costi complessivamente sostenuti dalla impresa per la realizzazione dei farmaci, eccesso espresso in percentuale molto elevata.

Altresì, la giurisprudenza constata come sia precluso al giudice amministrativo intervenire direttamente sulle decisioni rimesse alla «discrezionalità tecnica dell’Antitrust», che qui entra in gioco in maniera considerevole.

A parere del Collegio giudicante l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha correttamente valutato l’iniquità dei rilevanti aumenti dei prezzi, verificando anche l’assenza di ragioni giustificatrici economiche ed extraeconomiche a supporto di tale aumento, come per esempio, la mancanza di miglioramento qualitativo nella vita e nella cura del paziente, trattandosi di farmaci salvavita già da tempo sviluppati e immessi sul mercato, dunque, considerando anche la non sussistenza di alcuna novità del prodotto in oggetto della vexata questio giuridica.

Inoltre, l’organo giudicante rievoca la giurisprudenza del Consiglio di Stato, con cui i giudici di Palazzo Spada qualificano l’illecito antitrust come un illecito istantaneo con effetti permanenti e la necessità di bilanciamento con l’interesse pubblico.

La sproporzione tra prezzi e costi ha comportato un aggravamento della spesa sanitaria, a carico del

SSN e l’Autorità garante concretizza una sanzione amministrativa rispettosa della proporzionalità e

graduazione della pena, in ossequio all’art. 3 Cost., all’art. 7 CEDU, all’art. 49 della Carta di Nizza.

Tali fattispecie sono una prova evidente, come detto sin dall’inizio della presente trattazione, dell’importanza fondamentale della tutela della concorrenza, effettuata dall’AGCOM, in quanto la concorrenza è quel parametro di difesa nel servizio pubblico essenziale sanitario e farmacologico.

 

4.Conclusioni: altre fattispecie analoghe, il caso Pfizer e considerazioni.

In conclusione, la concorrenza è essenza stessa a garanzia e a beneficio della collettività, quale equilibratore perfetto a tutela dei pazienti e degli utenti, per i quali l’Autorità Garante interviene a presidio dei diritti costituzionalmente garantiti in presenza di distorsioni, di utilizzo distorto del diritto, vera e propria «patologia della concorrenza», in quanto si ha un «abuso del diritto».

Si avverte la necessità anche di avvalersi dell’istituto giuridico della Buona Fede, quale canone ermeneutico, parametro etico e giuridico, che si sostanzia nel dovere di lealtà e correttezza, nelle trattative negoziali e nel rispetto dei Trattati.

In merito alla presente trattazione giuridica, avente ad oggetto il rapporto tra l’Antitrust e il settore farmaceutico è opportuno precisare l’esistenza di altri casi in cui si è assistito alla violazione della concorrenza e all’abuso della posizione dominante, accertato dall’AGCOM e in sede giurisdizionale dalla Cassazione per il caso Pfizer[14] e dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per la fattispecie citata all’inizio del documento: «Case C-307/18-Generics (UK) and Others, (ECLI: EU: C: 2020:28) del 30 Gennaio 2020».

In entrambi i casi, come nella analisi della fattispecie Pfizer, si è registrata una violazione dell’art. 101 TFUE e dell’art. 102 TFUE. Sono state giudicate scorrette quelle condotte dirette a ostacolare e, nel caso in esame, a ritardare l’ingresso nel mercato di farmaci, come il prostaglandine per la cura del glaucoma, generando un abuso connotato del fine escludente e limitativo della concorrenza e attuando una protezione brevettuale del principio attivo del farmaco, quindi anche un abuso della posizione dominante, con conseguenti effetti pregiudizievoli per il mercato e causa dell’incremento dei prezzi e del mantenimento del prezzo di monopolio, ritenuto ingiusto in virtù della esistenza del criterio della equivalenza terapeutica tra farmaci originator, titolari del brevetto e farmaci generici, dotati del medesimo principio attivo.

Sul punto, i Giudici di Piazza Cavour della Suprema Corte di Cassazione hanno respinto il ricorso della Pfizer, presentato contro l’AGCOM, e gli Ermellini hanno accertato l’illecito anticoncorrenziale e un aggravio per le casse dello Stato, quindi un “danno erariale”, poiché il farmaco in questione è compreso in fascia A, quindi è rimborsabile ed è a carico del Servizio Sanitario Nazionale, con conseguente pronuncia del  diritto al risarcimento del danno dalla Pfizer, multinazionale farmaceutica statunitense, in favore del Ministero della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

In ultima analisi, non si può non considerare la Relazione redatta dalla Commissione dell’Unione Europea e presentata al Consiglio e al Parlamento dell’Unione Europea. La Commissione delinea la necessità dell’osservanza della normativa sulla concorrenza nel peculiare settore farmaceutico, in considerazione dell’importanza di garantire il diritto alla salute e l’accesso all’ assistenza sanitaria, qualificabili come, appunto, diritto della persona e in funzione dell’importanza sociale ed economica, che riveste il servizio farmaceutico e il servizio sanitario.

Sulla Commissione incombe l’attività di applicazione della normativa antitrust, in cooperazione continua con le Authorities,  e il compito di fronteggiare i numerosi casi di illecito Antitrust, fonte di risarcimento danni, ai fini di attuare un controllo rigoroso sull’osservanza, di applicazione corretta delle norme sulla concorrenza, di monitoraggio del mercato, di fissazione dei prezzi, e, contribuendo così, a tutelare l’accesso dei pazienti alle cure e assicurarli medicinali innovativi, a prezzi contenuti e arginare farmaci con «prezzi predatori» e costosi.

La Commissione si esprime anche in merito alla riforma legislativa dell’Unione Europea in materia di prodotti farmaceutici e sulla strategia farmaceutica dell’Europa. Il 26 Aprile del 2023, la Commissione europea ha adottato il così detto: “pacchetto farmaceutico”, con il quale si propone al Consiglio e al Parlamento europeo la revisione della normativa europea in materia di prodotti farmaceutici.

Tale proposta di revisione trova la sua Ratio, il suo fine ultimo nel rendere i medicinali più accessibili fra i vari Stati Membri della Unione europea , farmaci disponibili, scongiurando il rischio di carenza, programmare un accesso economico per tutti i SSN devi vari Stati, favorire la competitività, nel rispetto dell’ambiente e, in particolare, garantire un maggior accesso al mercato del farmaco dopo la scadenza della protezione brevettuale del medicinale originator, quindi dare una maggiore attenzione al diritto della proprietà intellettuale, diritto, per ciò solo, esistente anche nel settore farmaceutico.

 

[1] PhD Student, Dottoranda in Diritto ed Economia, 39 Ciclo, Università degli Studi del Molise, Campobasso

Col presente saggio, ammessa come relatrice alla conferenza di Diritto ed Economia presso la Facoltà di Giurisprudenza La Sapienza di Roma, in data 18-20 Dicembre 2024, organizzata dalla SIDE, Società italiana di Diritto ed Economia

[2] F. MERUSI -M. PASSARO, Le Autorità Indipendenti, Il Mulino, Bologna, 2011, pag. 37

[3] L. GUARINO, Antitrust e aspetti farmaceutici, in Le Autorità Amministrative Indipendenti, Aracne editrice, maggio 2019, p.131.

[4] R. FERRARA, L’ordinamento della sanità, Giappichelli, Torino, 2007

[5] F. MERUSI- M. PASSARO, Le Autorità Indipendenti, Il Mulino, Bologna, 2011, pag. 37

[6] cit, Ibidem pag. 37

[7] cit, Ibidem pag. 37

[8]A. CLARIZIA, Autorità Indipendenti e ordinamento comunitario. Il sistema antitrust dopo il regolamento 1/2003, in

Authorities Imparzialità e Indipendenza, in Authorities, Imparzialità e indipendenza, Donzelli Editore, Roma, 2007, pag. 109

[9] A. CLARIZIA, Autorità Indipendenti e ordinamento comunitario. Il sistema antitrust dopo il regolamento 1/2003, in

Authorities Imparzialità e Indipendenza, cit., pag. 110

[10] E. BANI, Lezioni di diritto dell’economia, Giappichelli, Lavis, 2023, pag. 148

[11] F. DI PORTO, Lezioni di diritto dell’economia, Giappichelli, Lavis, 2023, pag. 15

[12] Tar Lazio, 26 Luglio 2017, n. 8945

[13] Cit. Ibidem

[14] Cass., civ., sez. prima, Ordinanza 2 Gennaio 2024.

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