Tratto da: Lavori Pubblici
Quali limiti ha l’Amministrazione nel ritirare un permesso di costruire in sanatoria già rilasciato? Come si applica il termine di 12 mesi previsto dall’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990? È possibile superarlo in presenza di un falso o in caso di istruttoria silente?
Ha risposto a queste domande il TAR Campania che, con la sentenza n. 5336 del 15 luglio 2025, approfondisce il tema del potere di autotutela della P.A., disciplinato dagli articoli 21-quinquies (Revoca del provvedimento) e 21-nonies (Annullamento d’ufficio) della Legge n. 241/1990, che consente all’Amministrazione di annullare un proprio provvedimento illegittimo, anche se favorevole, purché:
- sussista un interesse pubblico concreto e attuale;
- sia rispettato un termine massimo di 12 mesi dal rilascio del provvedimento;
- vengano valutati l’affidamento e gli interessi del destinatario.
Tema molto delicato, soprattutto nel settore edilizio, che investe i permessi di costruire in sanatoria: titoli che, pur riferiti ad abusi edilizi, una volta rilasciati o formatisi per silenzio-assenso diventano provvedimenti consolidati. L’annullamento d’ufficio, dunque, non può intervenire in modo arbitrario né oltre i limiti temporali normativamente previsti.
La vicenda esaminata dal TAR Campania riguarda un permesso di costruire in sanatoria rilasciato nel gennaio 2014 a seguito di istanza presentata ai sensi della Legge n. 47/1985 (primo condono edilizio) e poi reiterata ai sensi della Legge n. 724/1994 (secondo condono edilizio).
Solo nel dicembre 2024, a distanza di oltre dieci anni, il Comune annullava il permesso di costruire in sanatoria, ritenendolo viziato da una mendace o errata rappresentazione dello stato dei luoghi che avrebbe caratterizzato l’istanza di sanatoria e la mancata ultimazione delle opere all’1 ottobre 1983.
Il privato ha impugnato il provvedimento, lamentando la violazione del termine di 12 mesi previsto dall’art. 21-nonies e l’assenza di un interesse pubblico attuale.
I giudici del TAR hanno evidenziato che:
- l’annullamento d’ufficio è avvenuto oltre il termine massimo di 12 mesi dalla formazione del titolo;
- non ricorreva alcuna ipotesi di falso o dichiarazione mendace accertata con sentenza definitiva, tale da giustificare l’applicazione del comma 2-bis dell’art. 21-nonies;
- l’Amministrazione non ha dimostrato alcun interesse pubblico concreto e attuale, necessario per legittimare l’annullamento.
Ma il passaggio più rilevante della decisione è un altro: l’Amministrazione aveva piena conoscenza dei presunti vizi fin dal 1984, avendo effettuato sopralluoghi anche nel 2004, ben prima del rilascio del permesso in sanatoria.
“La conoscenza da parte della Amministrazione ab initio dei vizi (…) rende oggettivamente ingiustificabile lo spatium temporis intercorso dal gennaio 2014 al dicembre 2024”, scrivono i giudici.
Ciò significa che l’Amministrazione non poteva sostenere di aver scoperto solo recentemente l’illegittimità del titolo: il ritardo è frutto di una consapevole inerzia, e non di un evento sopravvenuto.
L’art. 21-nonies prevede che un provvedimento amministrativo illegittimo possa essere annullato d’ufficio:
- entro un termine ragionevole, comunque non superiore a 12 mesi;
- solo se sussiste un interesse pubblico attuale;
- tenendo conto dell’interesse del destinatario e dei controinteressati.
Il comma 2-bis consente l’annullamento oltre il termine solo nei casi di false dichiarazioni costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato.
Nel caso in esame:
- il termine era decorso da oltre un decennio;
- non risultava alcun falso rilevato o provato;
- l’Amministrazione aveva contezza da tempo della situazione urbanistica.
Il giudice ha evidenziato anche che il termine decorre dalla formazione del titolo, sia esso espresso o tacito (per silenzio-assenso), e che non è possibile prorogarlo sulla base di considerazioni istruttorie tardive.
L’intervento del TAR Campania offre un chiarimento fondamentale per chi si confronta con i procedimenti di autotutela in materia edilizia, soprattutto nei casi di titoli rilasciati in sanatoria. Il principio richiamato è netto: non è possibile annullare un permesso di costruire dopo 12 mesi dalla sua adozione o formazione tacita, salvo casi eccezionali espressamente previsti dalla legge.
La decisione assume un rilievo ancora maggiore quando, come nel caso esaminato, l’Amministrazione aveva avuto piena contezza fin dall’origine delle condizioni urbanistiche e delle presunte difformità. In tali ipotesi, ogni intervento tardivo risulta privo di giustificazione e lesivo dell’affidamento del privato, soprattutto quando il titolo ha prodotto effetti consolidati nel tempo.
Non basta quindi richiamare genericamente l’interesse pubblico o evocare una presunta illegittimità urbanistica: l’annullamento richiede una motivazione puntuale, fondata su elementi oggettivi e concreti, e deve rispettare rigorosamente i limiti temporali fissati dall’art. 21-nonies della legge n. 241/1990.
Per i tecnici e gli uffici comunali, la sentenza rappresenta un utile promemoria operativo:
- il potere di autotutela non è illimitato e va esercitato con rigore e tempestività;
- il termine dei 12 mesi è perentorio, e non può essere esteso per effetto di semplici rivalutazioni tecniche o amministrative;
- la conoscenza pregressa dei fatti blocca ogni possibilità di intervento tardivo;
- la tutela dell’affidamento legittimo del cittadino è un principio che non può essere aggirato, soprattutto nei casi in cui la P.A. ha avuto tutto il tempo per intervenire.
Una decisione che rafforza la certezza del diritto e che richiama le Amministrazioni alla necessità di una gestione responsabile e tempestiva dei procedimenti edilizi.