Tratto da: Sentenzeappalti
Consiglio di Stato, sez. V, 18.10.2024 n. 8352
Occorre premettere che l’appalto di che trattasi ricade tra quelli soggetti alla disciplina del nuovo codice dei contratti pubblici, approvato col D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36, posto che il bando di gara è stato pubblicato successivamente al primo luglio 2023 (artt. 226, comma 2 e 229, comma 2 del citato D. Lgs. n. 36/2023).
L’art. 209, comma 1, lett. a), del citato D. Lgs. n. 36/2023 ha sostituito l’art. 120 del c.p.a., che detta disposizioni specifiche per i giudizi aventi a oggetto le controversie relative ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento, anche in concessione, di pubblici lavori, servizi e forniture.
Tale ultima norma, al comma 2, dispone che: “Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale, e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, sono proposti nel termine di trenta giorni. Il termine decorre, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all’articolo 90 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo di attuazione della legge n. 78 del 2022 oppure dal momento in cui gli atti sono messi a disposizione ai sensi dell’articolo 36, commi 1 e 2, del medesimo codice”.
Il citato art. 90 stabilisce, al comma 1, che qui rileva, che: “Nel rispetto delle modalità previste dal codice, le stazioni appaltanti comunicano entro cinque giorni dall’adozione:
a) la motivata decisione di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro, o di riavviare la procedura o di non attuare un sistema dinamico di acquisizione, corredata di relativi motivi, a tutti i candidati o offerenti;
b) l’aggiudicazione all’aggiudicatario;
c) l’aggiudicazione e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato l’appalto o parti dell’accordo quadro a tutti i candidati e concorrenti che hanno presentato un’offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta non siano state definitivamente escluse, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se tali impugnazioni non siano state già respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva;
d) l’esclusione ai candidati e agli offerenti esclusi, ivi compresi i motivi di esclusione o della decisione di non equivalenza o conformità dell’offerta;
e) la data di avvenuta stipulazione del contratto con l’aggiudicatario ai soggetti di cui alla lettera c)”.
L’art. 36 del medesimo codice, nei primi due commi, prevede, a sua volta, che:
“1. L’offerta dell’operatore economico risultato aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione sono resi disponibili, attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall’ente concedente, a tutti i candidati e offerenti non definitivamente esclusi contestualmente alla comunicazione digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90.
2. Agli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti in graduatoria sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la stessa piattaforma, gli atti di cui al comma 1, nonché le offerte dagli stessi presentate”.
In base alla trascritta disciplina processuale, il dies a quo del termine decadenziale stabilito per l’impugnazione degli atti di gara, coincide, dunque, con quello in cui l’interessato acquisisce, o è messo in grado di acquisire, piena conoscenza degli atti che lo ledono.
Tale normativa, che persegue l’obiettivo di evitare i c.d. ricorsi “al buio”, si pone in linea con l’orientamento espresso dal giudice euro unitario secondo cui “la direttiva 89/665, e in particolare i suoi articoli 1 e 2 quater, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta, deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di 30 giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati, a condizione che i provvedimenti in tal modo comunicati siano accompagnati da una relazione dei motivi pertinenti tale da garantire che detti interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell’Unione dagli stessi lamentata” (cfr. Corte di giustizia UE, Sez. IV, ord. 14 febbraio 2019, in C- 54/18; Cons. Stato, Sez. V, 6 dicembre 2022, n. 10696).
Nel caso di specie, non risulta che la stazione appaltante abbia messo a disposizione dell’odierna appellante tutti gli atti del procedimento di gara, se non a seguito della richiesta di accesso da quest’ultima avanzata.
Ne consegue che, come correttamente dedotto nell’appello, il termine per impugnare non poteva iniziare a decorrere se non dall’ostensione della documentazione oggetto dell’istanza di accesso, avvenuta in data 21 dicembre 2023.
Il ricorso di primo grado, notificato in data 22 gennaio 2024 doveva, quindi, considerarsi tempestivo, tenuto conto che il giorno 20 gennaio cadeva di sabato.
La doglianza sarebbe fondata anche laddove alla procedura di che trattasi fosse stata applicabile la disciplina vigente precedentemente alle modifiche introdotte dal D. Lgs. n. 36/2023.
La giurisprudenza formatasi nel vigore del precedente regime ha, infatti, affermato i seguenti principi:
a) quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario, ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, la proposizione dell’istanza d’accesso agli atti di gara comporta una dilazione temporale del termine per ricorrere pari a quindici giorni (ex art. 76, comma 2, del citato D. Lgs. n. 50/2016);
b) presupposto per l’applicazione della dilazione temporale è, a sua volta (oltreché la natura del vizio da far valere, il quale non deve essere evincibile se non all’esito dell’acquisizione documentale) la tempestività dell’istanza d’accesso, avanzata, cioè, entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione;
c) laddove la stazione appaltante non dia immediata conoscenza degli atti di gara reclamati, in specie mediante tempestiva risposta alla (anch’essa tempestiva) domanda d’accesso, da evadere entro il termine di quindici giorni, si farà applicazione dell’ordinario termine d’impugnazione di trenta giorni, decorrente dalla effettiva ostensione dei documenti richiesti (Cons. Stato, A.P. 2 luglio 2020, n. 12; Sez. V, 27 marzo 2024, n. 2882; 7 febbraio 2024, n. 1263; 20 marzo 2023, n. 2796; Sez. III, 15 marzo 2022, n. 1792).
Nel caso di specie la società -OMISSIS- ha presentato la richiesta di accesso ad atti la cui conoscenza era necessaria ai fini della formulazione delle contestazioni dedotte, entro i quindici giorni dalla pubblicazione del provvedimento di aggiudicazione, mentre i documenti sono stati consegnati oltre il termine assegnato all’amministrazione per rispondere. Conseguentemente, il termine decadenziale di trenta giorni per impugnare l’aggiudicazione decorreva, per intero, dal momento dell’effettiva ostensione dei documenti richiesti.
In contrario non vale obiettare che il termine assegnato alla stazione appaltante per provvedere sarebbe stato rispettato, in quanto, in data 6 dicembre 2023 e, quindi, entro i quindici giorni dall’istanza d’accesso, la medesima aveva comunicato alla richiedente di aver notificato, ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 12 aprile 2006, n. 184, la suddetta richiesta ai controinteressati, allo scopo di consentire loro di manifestare eventuale opposizione alla consegna.
E invero:
a) in base all’art. 53, comma 1, del codice dei contratti pubblici di cui al D. Lgs. n. 50/2016, la legge generale sul procedimento amministrativo (L. 7 agosto 1990, n. 241, artt. 22 e ss.) trova applicazione in tema di diritto di accesso agli atti della procedura di gara soltanto per i profili non espressamente e puntualmente disciplinati dal medesimo codice;
b) ai sensi del comma 5, lett. a) del suddetto art. 53 i concorrenti devono manifestare l’opposizione all’ostensione delle informazioni che costituiscono segreti tecnici o commerciali in sede di offerta, con motivata e comprovata dichiarazione che attesti l’esigenza di tutelare tali segreti, spettando all’amministrazione, cui pervenga l’istanza di accesso, valutare se la dichiarazione in precedenza resa risulti adeguatamente motivata e comprovata (Cons. Stato, Sez. IV, 28 Luglio 2016, n. 3431).
Il che rendeva superflua e ridondante la comunicazione di cui al ricordato art. 3 del D.P.R. n. 184 del 2006.