tratto da biblus.acca.it

Qual è il rapporto tra consultazioni preliminari di mercato e diritto di accesso agli atti? A spiegarlo è il TAR Lazio, con la sentenza 14725/2025. Sebbene il caso esaminato riguardasse il quadro normativo precedente, i principi enunciati dal giudice amministrativo conservano piena validità anche nell’attuale ordinamento, costituendo un utile riferimento per stazioni appaltanti e operatori economici. Le consultazioni preliminari trovano disciplina nell’articolo 77 del D.Lgs. 36/2023, norma che ha sostituito l’articolo 66 del D.Lgs. 50/2016. L’attuale disposizione amplia le finalità di tale strumento: non si tratta più soltanto di un momento volto a informare gli operatori sui requisiti richiesti e a predisporre correttamente gli atti di gara, ma anche di una fase che consente al RUP di orientare la scelta della procedura più adeguata per l’affidamento.

La vicenda

Il caso in esame nasce dall’iniziativa di una stazione appaltante che, per programmare l’acquisizione di due aeromobili antincendio, aveva avviato una consultazione di mercato finalizzata sia a calibrare il fabbisogno dell’amministrazione, sia a predisporre la documentazione di gara. Conclusa tale fase, l’amministrazione aveva deciso di ricorrere ad una procedura negoziata ex art. 76, individuando l’aggiudicatario. Proprio a seguito di questa scelta, un operatore economico che aveva partecipato alla consultazione preliminare ha chiesto l’accesso agli atti amministrativi e alla documentazione tecnica relativa all’affidamento.

La richiesta trovava giustificazione, secondo il ricorrente, nella sua partecipazione diretta alla consultazione e nell’esigenza di tutelarsi di fronte ad una situazione di lock-in che caratterizzava il mercato di riferimento. Tale condizione, contraddistinta da elevati costi di transizione e dalla difficoltà di sostituire i fornitori a causa di vincoli tecnologici, riduceva infatti gli spazi di reale concorrenza. Di qui la necessità di accedere non soltanto ai verbali di gara, ma anche all’offerta dell’aggiudicatario e a tutti i dati e le informazioni che avevano portato alla decisione di affidamento, in linea con quanto previsto dall’articolo 36 del Codice.

Di diverso avviso era la stazione appaltante, secondo la quale l’operatore avrebbe dovuto impugnare direttamente la determina a contrarre, in quanto primo atto lesivo della propria posizione. Non avendo intrapreso tale strada, l’istanza di accesso, a giudizio dell’amministrazione, non poteva essere accolta.

La decisione del TAR

Il TAR ha, però, respinto questa impostazione, riconoscendo al ricorrente un interesse qualificato all’ostensione degli atti, seppur con il limite imprescindibile della tutela del segreto tecnico e commerciale. Secondo il giudice, la partecipazione alla consultazione preliminare conferisce all’operatore economico un titolo specifico per verificare la correttezza e la coerenza degli atti successivamente adottati dall’amministrazione, anche quando la procedura si conclude con un affidamento diretto. Tale diritto, tuttavia, non può estendersi alla divulgazione di informazioni sensibili, come progetti, soluzioni tecniche o know-how industriale dei concorrenti, che devono essere opportunamente oscurati.

Risvolti pratici

La consultazione preliminare, lungi dall’essere una fase marginale o meramente ricognitiva, diventa un momento capace di radicare un interesse giuridicamente rilevante all’accesso. Questo principio si rivela applicabile non soltanto nelle procedure sopra soglia, ma anche negli affidamenti diretti in regime sottosoglia, quando l’amministrazione, pur non essendovi tenuta, scelga di avviare indagini di mercato strutturate attraverso piattaforme telematiche. In tali circostanze, la partecipazione degli operatori legittima in modo pieno la successiva richiesta di ostensione degli atti, in attuazione dei principi di trasparenza e concorrenza sanciti dagli articoli 35 e 36 del Codice dei Contratti Pubblici.

In definitiva, il TAR Lazio rafforza l’idea che la consultazione preliminare non sia un passaggio formale privo di conseguenze, ma un vero e proprio strumento di garanzia, che riconosce agli operatori coinvolti il diritto di vigilare sulla correttezza delle scelte amministrative e sul rispetto dei principi cardine dell’evidenza pubblica.

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