Tratto da: Sentenzeappalti
Sommario: 1. Aspetti procedurali: la regola, l’eccezione e l’eccezione all’eccezione; 2. L’ambito applicativo del rito c.d. super-accelerato e l’individuazione del dies a quo; 3. L’interpretazione della nozione di “segreto tecnico o commerciale” e l’onere di motivazione; 4. L’accesso difensivo; 5. La legittimazione e l’interesse all’accesso.
Il focus propone una rassegna ragionata delle principali sentenze dei TAR e del Consiglio di Stato (con link alla versione integrale), pubblicate nel 2025 ed aventi ad oggetto l’istituto dell’accesso agli atti, come disciplinato dagli artt. 35 e 36 del nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36). Negli ultimi mesi, la giurisprudenza ha fornito importanti chiarimenti nell’interpretazione della nuova disciplina in materia di accesso, cercando di garantire un equilibrio tra la trasparenza amministrativa, la tutela della concorrenza e la riservatezza delle informazioni sensibili degli operatori economici. Le sentenze offrono, inoltre, interessanti spunti di riflessione sull’applicazione pratica del c.d. rito super-accelerato.
1. Aspetti procedurali: la regola, l’eccezione e l’eccezione all’eccezione.
L’articolo 36 del d.lgs. 36/2023 stabilisce l’obbligo della Stazione appaltante di rendere disponibili, ai candidati ammessi, l’offerta dell’aggiudicatario, i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione. La norma continua prevedendo l’ulteriore obbligo dell’amministrazione di mettere reciprocamente a disposizione degli operatori economici, collocatisi nei primi cinque posti, le offerte dagli stessi presentate.
Come chiarito dal TAR Roma, 14.01.2025 n. 584 nemmeno l’impossibilità di pubblicazione nella piattaforma di approvvigionamento digitale può esimere l’amministrazione dal dovere di ostensione/messa a disposizione dei suddetti atti, che potrebbe essere adempiuto anche tramite il semplice invio della documentazione di gara al domicilio digitale degli operatori economici, senza attendere un’apposita istanza in tal senso.
Per quanto concerne, poi, gli operatori economici collocatisi nei primi cinque posti della graduatoria, secondo quanto chiarito dal TAR Roma, 30.01.2025 n. 2051, il Codice dei contratti pubblici contempla: a) una “regola”; b) una “eccezione”; c) una “eccezione all’eccezione” (che fa dunque riespandere la “regola”).
Nel dettaglio:
a) la “regola” è che a tali operatori «sono resi reciprocamente disponibili, attraverso la [piattaforma di approvvigionamento digitale di cui all’articolo 25 utilizzata dalla stazione appaltante o dall’ente concedente], gli atti di cui al comma 1 [e.:i verbali di gara e gli atti, i dati e le informazioni presupposti all’aggiudicazione], nonché le offerte dagli stessi presentate» (art. 36, comma 2, d.lgs. 36/2023);
b) la “eccezione” è che la stazione appaltante o l’ente concedente proceda, su richiesta degli operatori interessati, all’oscuramento delle «informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali» ( 35, comma 4, lett. a), così come richiamato dall’art. 36, comma 3, d.lgs. 36/2023, secondo cui «nella comunicazione [digitale dell’aggiudicazione ai sensi dell’articolo 90], la stazione appaltante o l’ente concedente dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte di cui ai commi 1 e 2, indicate dagli operatori ai sensi dell’art. 35, comma 4, lettera a)»);
c) la “eccezione all’eccezione” è che, anche in presenza di segreti tecnici o commerciali, dev’essere comunque «consentito l’accesso al concorrente, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara» (art. 35, comma 5, d.lgs. 36/2023).
La “eccezione all’eccezione”, dunque, si pone allorquando la stazione appaltante o l’ente concedente ritenga che si sia in presenza di un segreto tecnico o commerciale nei sensi indicati da uno degli operatori collocatisi nei primi cinque posti, provvedendo perciò al relativo oscuramento, e, tuttavia, un altro di tali operatori ritenga indispensabile, per l’esercizio del proprio diritto di difesa, prendere visione di quanto oscurato.
È in questa specifica ipotesi che ha ragione di porsi il dubbio di compatibilità euro unitaria manifestato dal Consiglio di Stato sul conflitto tra il diritto alla tutela giurisdizionale e quello alla tutela dei segreti commerciali (cfr. ordinanza di rinvio Consiglio di Stato sez. V, 15 ottobre 2024, n.8278), poiché in tale specifica ipotesi:
– secondo il diritto italiano, il conflitto va inderogabilmente risolto in favore del diritto di difesa consentendo l’accesso alla documentazione pur contenente segreti tecnici o commerciali;
– secondo il diritto dell’Unione Europea potrebbe invece essere necessario mettere in atto modalità bilanciamento che tengano conto anche dell’esigenza di non divulgare i segreti tecnici o commerciali.
Risulta differente, invece, l’ipotesi in cui un operatore economico richieda l’oscuramento per ragioni di tutela dei segreti tecnici o commerciali e la stazione appaltante o l’ente concedente ritenga – in tutto o in parte – insussistenti tali ragioni: in un caso del genere l’oggetto del contendere verte esclusivamente sulla configurabilità di un segreto tecnico o commerciale, che è il presupposto affinché operi la “eccezione” alla “regola”.
Ove detto presupposto non sia configurabile, deve necessariamente operare la “regola” (della reciproca messa a disposizione delle offerte fra i primi cinque classificati) senza che assuma, a tal fine, alcuna rilevanza che non vi siano altrui interessi difensivi da tutelare. In altri termini, in assenza di un segreto tecnico o commerciale la “regola” opera per forza propria e non per il tramite della “eccezione alla eccezione”, sicché quest’ultima non viene in rilievo.
Va da ultimo precisato che, per converso, l’assenza di altrui interessi difensivi non può di per sé legittimare la pretesa, da parte di alcuno dei concorrenti collocatisi fra il secondo e il quinto posto, che la propria offerta non sia messa a disposizione degli altri primi cinque classificati, in quanto ciò stravolgerebbe la “regola” posta dall’art. 36, comma 2, d.lgs. 36/2023, la cui ratio – così come resa manifesta dalla Relazione al codice – sta nel «ridurre i tempi dell’eventuale contenzioso che può venirsi a creare rispetto alla procedura di gara», consentendo ai menzionati concorrenti di «orientarsi immediatamente se impugnare gli atti di gara oppure no».
Dal momento che il Legislatore ha inteso effettuare un bilanciamento, nei sensi sopra esposti, fra le esigenze di speditezza del contenzioso vertente sulle gare pubbliche e di riservatezza delle offerte, la realizzazione di tale bilanciamento dev’essere assicurata in sede applicativa: ne deriva che la riservatezza fra i primi cinque concorrenti non può operare oltre il limite della effettiva (e non meramente affermata) sussistenza di segreti tecnici e commerciali.
2. L’ambito applicativo del rito c.d. super-accelerato e l’individuazione del dies a quo del termine di dieci giorni per proporre impugnazione.
L’art. 36, comma 3, del d.lgs. n. 36 del 2023 prevede che «Nella comunicazione dell’aggiudicazione di cui al comma 1, la stazione appaltante o l’ente concedente dà anche atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento di parti delle offerte di cui ai commi 1 e 2, indicate dagli operatori ai sensi dell’articolo 35, comma 4, lettera a)» (quest’ultima disposizione riguarda infatti la possibile esclusione dell’accesso o della divulgazione di informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali).
Nel comunicare l’aggiudicazione, la stazione appaltante deve quindi dare atto delle decisioni assunte sulla richiesta di oscuramento e tale determinazione può eventualmente essere impugnata tanto dall’operatore che aveva interesse a mantenere riservata un’informazione (chiedendone l’oscuramento), quanto da quello interessato, invece, a conoscere integralmente il contenuto degli atti presentati in gara.
Il successivo art. 36, comma 4, del d.lgs. n. 36 del 2023 dispone che «Le decisioni di cui al comma 3 sono impugnabili …… con ricorso notificato e depositato entro dieci giorni dalla comunicazione digitale della aggiudicazione. Le parti intimate possono costituirsi entro dieci giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica del ricorso».
Dal combinato disposto dei suddetti commi, si ricava che il termine di impugnazione di dieci giorni, unitamente alle modalità procedurali di cui ai successivi commi, opera sia nei confronti dell’operatore economico interessato all’ostensione del documento, con riferimento alla decisione di oscuramento, sia nei confronti dell’operatore economico che abbia avanzato istanza di oscuramento, con riferimento al provvedimento di rigetto.
La giurisprudenza dei Tribunali Amministrativi Regionali ha già iniziato ad affrontare il problema dell’ambito applicativo del rito c.d. super-accelerato introdotto dall’art. 36 del d.lgs. n. 36 del 2023. Il Consiglio di Stato, Sez. V, 24.03.2025 n. 2384 dà atto dell’esistenza di quattro differenti orientamenti dei TAR e cioè:
1) quello secondo cui il termine breve di dieci giorni di cui all’art. 36, comma 4, d.lgs. n. 36 del 2023 si applica sempre, con decorrenza dalla comunicazione dell’aggiudicazione, anche laddove l’ostensione sia assente o, comunque, parziale, pur senza dare atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento, ravvisandosi, pur in mancanza di una esplicita motivazione, una determinazione implicita sul punto;
2) quello secondo cui il termine de quo non può applicarsi nelle ipotesi non riconducibili alla previsione legale, in cui la stazione appaltante, in violazione dell’art. 36, commi 1 e 2, del d.lgs. n. 36 del 2023, ometta, integralmente o parzialmente, di mettere a disposizione dei primi cinque concorrenti classificati le offerte degli altri, senza neppure dare atto delle decisioni assunte sulle eventuali richieste di oscuramento (ipotesi che restano soggette integralmente alla disciplina di cui all’art. 116 c.p.a.);
3) quello secondo cui il rito super-accelerato si applica a tutte le decisioni di oscuramento collegate alle gare, anche se intervenute successivamente alla comunicazione di aggiudicazione, all’esito di un’istanza di accesso, salva la decorrenza del termine, in questo ultimo caso, dal provvedimento di oscuramento;
4) quello secondo cui il rito super-accelerato si applica solo laddove si contesti l’oscuramento, ma non anche laddove si faccia valere il proprio diritto di difesa.
Sulla questione, il Consiglio di Stato dichiara di condividere il terzo orientamento, osservando come il termine di dieci giorni, previsto dall’articolo 36, co. 4, dovrebbe decorrere in linea di principio dalla comunicazione dell’aggiudicazione, perché è quello il momento in cui – secondo il “modello legale” – dovrebbe essere resa anche nota la decisione sulle richieste di oscuramento. Laddove, però, quest’ultimo adempimento manchi (ovvero laddove la decisione sull’istanza di oscuramento non sia comunicata contestualmente all’aggiudicazione, ma sia comunicata solo successivamente, all’esito dell’istanza di accesso da parte del soggetto interessato), il risultato non sarà quello dell’inapplicabilità del rito super accelerato, ma di non far decorrere il termine dei dieci giorni fissato per l’impugnazione.
Il termine decorrerà dunque solo dalla comunicazione della decisione sulla richiesta di oscuramento, la quale “non si può desumere implicitamente dalla mera comunicazione dell’aggiudicazione, da cui non trapeli né la richiesta di oscuramento né alcun elemento in tal senso”.
In definitiva, laddove la decisione assunta sulla richiesta di oscuramento non sia comunicata contestualmente alla comunicazione dell’aggiudicazione, ma successivamente, il termine di dieci giorni decorre da tale successiva comunicazione, visto che l’impugnazione de qua ha ad oggetto non l’aggiudicazione, ma la decisione assunta sulla richiesta di oscuramento.
Per il Collegio, infine, “una diversa interpretazione, oltre a collidere con il diritto di difesa, costituzionalmente garantito, finirebbe per contrastare con la ratio legis della nuova disciplina sull’accesso nelle gare pubbliche, che mira ad evitare ricorsi al buio, onerando i concorrenti di un’immediata reazione giudiziaria, di cui probabilmente non vi è neppure un’effettiva necessità, laddove, sia pure successivamente alla comunicazione dell’aggiudicazione, a fronte di una mera richiesta, l’Amministrazione provveda all’ostensione della documentazione di gara richiesta.”
In definitiva, il rito super-accelerato di cui agli artt. 36, commi 4 e ss., d.lgs. n. 36 del 2023 si applica all’impugnazione di tutte le decisioni assunte dalla stazione appaltante sulle richieste di oscuramento delle offerte che, in base ai commi precedenti del medesimo articolo, dovrebbero essere oggetto di ostensione, ma il termine di dieci giorni per la notifica del ricorso decorre dal momento della loro comunicazione, che può avvenire contestualmente all’aggiudicazione, come nel modello prefigurato dal Legislatore, o successivamente.
Così, nella sentenza Consiglio di Stato, Sez. V, 28.03.2025 n. 2616, il Collegio ha ritenuto che, vista la presenza di una determinazione della stazione appaltante di accoglimento dell’istanza di oscuramento, con conseguente mancata esibizione di alcuni documenti, l’interessata avrebbe dovuto proporre ricorso entro i termini e con le modalità di cui all’art. 36, comma 4, d.lgs. n. 36 del 2023. Di conseguenza, essendo mancata la (tempestiva) impugnazione di tale provvedimento, il ricorso di primo grado proposto andava dichiarato inammissibile, risolvendosi nella pretesa di accedere ai documenti pur a fronte del provvedimento inoppugnato che vi precludeva, o comunque irricevibile per tardiva censura del medesimo provvedimento e delle limitazioni all’accesso adottate.
Nell’Ordinanza del TAR Roma, 07.03.2025 n. 4946, è stato, invece, chiarito come non possa mai trovare applicazione il particolare rito accelerato disciplinato dall’articolo 36 del Codice, nel caso in cui la disciplina speciale dell’accesso non sia stata osservata dalla Stazione appaltante sul versante procedimentale. Come affermato, infatti, dalla giurisprudenza, nel silenzio della disciplina primaria, deve ritenersi che “(…) nel caso in cui la Stazione appaltante, in violazione del disposto di cui all’art. 36, commi 1 e 2, del D. Lgs. n. 36 del 2023, ometta, integralmente o parzialmente, di mettere a disposizione dei primi cinque concorrenti classificati le offerte degli altri quattro concorrenti e la restante documentazione di gara, deve applicarsi l’ordinario procedimento di accesso agli atti, disciplinato dalla legge n. 241 del 1990, e la disciplina processuale ricavabile dall’art. 116 cod. proc. amm. (senza deroghe), non essendo applicabili le previsioni contente nel rito super speciale di cui all’art. 36, commi 4 e 7, del D. Lgs. n. 36 del 2023”.
3. L’interpretazione della nozione di “segreto tecnico o commerciale” e l’onere di motivazione a carico sia dell’operatore economico che della Stazione appaltante.
Sulla nozione di “segreto tecnico o commerciale” rilevante nell’ambito delle gare pubbliche, si ravvisano orientamenti giurisprudenziali non univoci.
Secondo un più diffuso indirizzo ermeneutico, che segue un approccio piuttosto restrittivo sia quanto alla configurabilità del segreto sia per quanto riguarda la sua prova; «l’opposizione alla ostensione, ponendosi in un rapporto di eccezione rispetto alla regola dell’accessibilità, non può basarsi su motivazioni generiche o stereotipate, atteso che nella definizione di segreti tecnici o commerciali non può ricadere qualsiasi elemento di originalità dello schema tecnico del servizio offerto, risultando fisiologico che ogni imprenditore abbia una specifica organizzazione; è dunque onere di chi eccepisce la sussistenza di tale qualificata esigenza di riservatezza dimostrare l’esistenza di un vero e proprio segreto tecnico o commerciale mediante elaborazioni o studi specialistici, fornendo altresì allegazioni idonee ad inferire che il modello, ovvero l’idea da mettere al riparo dalla concorrenza, sia passibile di trovare applicazione in una serie indeterminata di appalti, avvantaggiando indebitamente il concorrente che strumentalizza l’istanza di accesso per fini diversi rispetto a quelli difensivi […]. L’esistenza di un segreto tecnico – commerciale deve essere dimostrata in coerenza con la definizione normativa contenuta nel d.lgs. 10 febbraio 2005 n. 30, che richiede, ai fini della tutela, che le informazioni aziendali e commerciali e le esperienze sulle applicazioni tecnico – industriali rispondano a requisiti di segretezza e rilevanza economica e siano soggette, da parte del legittimo detentore, a misure di protezione ragionevolmente adeguate. In altre parole, è agli specifici caratteri di cui all’art. 98 del Codice della proprietà industriale che la dichiarazione “motivata e comprovata” circa l’esistenza di un segreto commerciale deve fare riferimento, non potendo viceversa l’operatore limitarsi ad una mera e indimostrata affermazione tesa a ricomprendere certe informazioni nel patrimonio aziendale o riferite alla peculiarità dell’offerta. Inoltre, nella definizione di segreti tecnici o commerciali non può ricadere qualsiasi elemento di originalità dello schema tecnico del servizio offerto, perché è del tutto fisiologico e risponde a criteri di ragionevole gestione aziendale che ogni imprenditore abbia una specifica organizzazione, propri contatti commerciali e idee differenti da applicare alle esigenze della clientela. La qualifica di segreto tecnico o commerciale deve, invece, essere riservata a elaborazioni e studi ulteriori, di carattere specialistico, che trovano applicazione in una serie indeterminata di appalti e sono in grado di differenziare il valore del servizio offerto solo a condizione che i concorrenti non ne vengano a conoscenza. Dunque, l’esercizio del diritto di accesso non può essere impedito adducendo generiche ragioni di riservatezza industriale o commerciale, ma solo in presenza di specifiche informazioni di carattere segreto – da valutare alla luce di quanto disposto dall’art. 98 del d.lgs. n. 30/2005 – ovvero riservato, ove comunque afferenti al know – how aziendale, secondo la comprovata e motivata opposizione all’accesso sollevata dai controinteressati».
Secondo, invece, una diversa posizione interpretativa, caratterizzata da una maggiore apertura, «la prova circa l’esistenza del segreto, almeno in quella parte dell’offerta tecnica in cui vengono illustrati gli aspetti più direttamente espressivi dell’identità dell’impresa, può ritenersi “alleggerita”, in quanto la partecipazione ad una procedura così impostata sollecita, inevitabilmente, in ogni partecipante la proposta di modelli rappresentativi del suo peculiare know-how. La motivazione a giustificazione della tutela del segreto tecnico e commerciale può essere, pertanto, tratta anche per relationem dalla consultazione dei documenti di gara, laddove i profili oggetto di scrutinio da parte della commissione giudicatrice identificano il tipo di informazioni aziendali che l’operatore economico rende visibili con la partecipazione alla competizione e, quindi, il livello di intrusione nei propri affari che subisce in caso di accesso. Una lettura evolutiva della nozione di “segreto tecnico e commerciale” contenuta nell’art. 53, co.5, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016 (e, oggi, nell’art. 35, co.4, lett. a), del d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36) non può non tener conto, da un lato, del valore patrimoniale ormai riconosciuto alla contigua categoria dei “dati personali” in ambito consumeristico e, dall’altro, del rafforzamento della tutela del know-how per effetto del d.lgs. 11 maggio 2018, n. 63, di attuazione della Direttiva (UE) 2016/943, che ha, tra l’altro, sia previsto la fattispecie colposa dell’illecita acquisizione o utilizzazione dei segreti industriali sia arricchito gli strumenti di tutela processuale del segreto mediante l’attribuzione al giudice del potere di inibirne la divulgazione ad ogni soggetto a vario titolo coinvolto nel giudizio. Una puntuale ricostruzione della nozione di know-how è stata compiuta dalla Corte di Cassazione, che lo ha definito come quel “patrimonio cognitivo e organizzativo necessario per la costruzione, l’esercizio, la manutenzione di un apparato industriale (Sez. 5, n. 25008 del 18/05/2001, Rv. 219471). Ci si riferisce, con tale espressione, a una tecnica, o una prassi o, oggi, prevalentemente, a una informazione, e, in via sintetica, all’intero patrimonio di conoscenze di un’impresa, frutto di esperienze e ricerca accumulatesi negli anni, e capace di assicurare all’impresa un vantaggio competitivo, e quindi un’aspettativa di un maggiore profitto economico. Si tratta di un patrimonio di conoscenze il cui valore economico è parametrato all’ammontare degli investimenti (spesso cospicui) richiesti per la sua acquisizione e al vantaggio concorrenziale che da esso deriva, in termini di minori costi futuri o maggiore appetibilità dei prodotti. Esso si traduce, in ultima analisi, nella capacità dell’impresa di restare sul mercato e far fronte alla concorrenza. L’informazione tutelata dalla norma in questione è, dunque, un’informazione dotata di un valore strategico per l’impresa, dalla cui tutela può dipendere la sopravvivenza stessa dell’impresa” (così TAR Roma, 26.02.2024 n. 3811).
Ad avviso del TAR Roma, 30.01.2025 n. 2051, i suddetti due approdi non sono da considerarsi necessariamente inconciliabili e contrastanti, ma possono trovare composizione ritenendo che il secondo abbia un ambito di applicazione speciale e, dunque, differenziato (anziché sovrapposto) rispetto al primo.
È possibile affermare che, in linea di principio, la complessiva organizzazione aziendale (intesa in senso ampio) e la personalizzazione delle offerte alla clientela che da essa deriva non costituiscono, di per sé ed in quanti tali, segreti tecnici o commerciali; deve però essere altresì considerato che, in determinati settori del mercato di più recente emersione, i due aspetti non sono scindibili, giacché in tali settori la competizione concorrenziale fra le imprese che vi operano si gioca proprio (e soltanto) su una continua personalizzazione delle offerte alla clientela quanto più innovativa, mirata e specifica possibile.
Il settore del welfare aziendale, ad esempio, è da ritenersi inquadrabile in questa specifica categoria, sicché in relazione ad esso dev’essere seguita quella «lettura evolutiva della nozione di “segreto tecnico e commerciale”» di cui al richiamato precedente (TAR Roma, n. 3811/2024 cit.). Risulta perciò meritevole di positivo apprezzamento la richiesta dell’impresa di non ostensione della propria offerta nelle parti che ritiene, nel loro insieme, espressione di una strategia aziendale da ricondurre nell’area della segretezza tecnica e commerciale e, quindi, nell’ambito della tutela di cui all’art. 35, comma 4, lett. a), d.lgs. 36/2023.
Rispetto, poi, alla motivazione, l’impresa ha l’onere di motivare realmente l’istanza di oscuramento, dando espressa indicazione degli elementi idonei a riscontrare – effettivamente – l’esistenza di segreti tecnici e commerciali (TAR Bari, 05.03.2025 n. 300). A sua volta, la Stazione appaltante ha sempre il dovere di svolgere una propria ed autonoma valutazione circa l’esistenza di effettivi segreti tecnici e commerciali, non potendo, viceversa, limitarsi a generiche affermazioni (TAR Roma, 07.03.2025 n. 4946). E’ stato, inoltre, precisato che in mancanza della prova dell’esistenza di segreti commerciali, la parte ricorrente è esentata dall’onere di dimostrare l’indispensabilità dell’accesso quale snodo strumentale indefettibile per la difesa in giudizio poiché, nel difetto di concreti elementi di prova sulla sussistenza di reali esigenze di riservatezza, riprendono vigore, in specie, i generali principi di trasparenza e pubblicità dell’azione amministrativa.
4. L’accesso difensivo
Il comma 5 dell’art. 35 del d.lgs. n. 36 del 2023 dispone che, quando l’accesso è indispensabile per la difesa in giudizio, il segreto deve considerarsi recessivo.
Come chiarito dal TAR Roma, 11.02.2025 n. 3002, l’accessibilità alle informazioni costituenti segreti tecnici o commerciali non è, infatti, preclusa in assoluto, dovendo invece essere garantita se indispensabile ai fini della difesa in giudizio degli interessi giuridici rappresentati dal richiedente in relazione alla procedura di gara.
Tale valutazione non è compiuta dalla Stazione appaltante in sede di decisione circa le istanze di oscuramento dei concorrenti, per l’ovvia ragione che in tale fase le esigenze conoscitive degli altri concorrenti non sono rappresentate.
Nella Relazione al Codice dei contratti si afferma che “In caso di messa a disposizione sulla piattaforma dell’offerta selezionata, con indicazione delle parti oscurate, il procedimento di accesso nella sua fase amministrativa si intende concluso per cui coloro che hanno interesse a conoscere le parti riservate dovranno adire direttamente il giudice amministrativo”. Tale conclusione deve, tuttavia, ritenersi circoscritta ai casi in cui il richiedente l’accesso intenda contestare la valutazione compiuta dalla stazione appaltante circa la natura riservata delle informazioni oggetto di oscuramento.
L’accesso alle informazioni contenute nelle offerte può, invero, essere conseguito dai partecipanti alla gara o contestando la natura di informazioni riservate dei dati cui vorrebbero accedere ovvero dimostrando, senza porre in dubbio detta natura, che l’accesso all’informazione è indispensabile ai fini della difesa in giudizio.
Quest’ultimo accertamento non può essere effettuato per la prima volta in giudizio. Vi ostano consolidati principi giurisprudenziali in base ai quali “il c.d. giudizio sul rapporto […] non può essere la ragione né la sede per esaminare la prima volta avanti al giudice questo rapporto perché è il procedimento la sede prima, elettiva, immancabile, nella quale la composizione degli interessi, secondo la tecnica del bilanciamento, deve essere compiuta da parte del soggetto pubblico competente, senza alcuna inversione tra procedimento e processo” (Cons. Stato, Ad. plen., 2 aprile 2020 n. 10, §. 11.9.).
Una diversa interpretazione implicherebbe, invece, che, a fronte della decisione della stazione appaltante sull’oscuramento, il concorrente che intendesse accedere all’informazione in quanto ritenuta strettamente indispensabile per la difesa in giudizio, ma senza contestarne la natura riservata, sarebbe costretto a impugnare un provvedimento che in realtà non intende censurare, ma che costituirebbe la mera occasione per l’instaurazione di un processo in cui il giudice sarebbe chiamato non già a decidere circa la legittimità del bilanciamento di interessi effettuato dall’Amministrazione, bensì a operare direttamente detto bilanciamento. Ne deriverebbe una radicale trasformazione del giudizio in materia di accesso, di cui invero non vi è traccia nella normativa, nonché un’indubbia commistione tra funzioni giurisdizionali e amministrative.
Occorre allora ritenere che, anche allorquando sia preclusa la contestazione circa la sussistenza o meno dei presupposti dell’oscuramento, il concorrente può sempre sollecitare la stazione appaltante, mediante istanza di accesso, a valutare l’esistenza dei presupposti di ostensibilità delle informazioni riservate sulla base del giudizio di stretta indispensabilità. La determinazione della stazione appaltante sul punto potrà, poi, essere oggetto di impugnativa negli ordinari termini previsti dal rito in materia di accesso.
Secondo il TAR Roma, 07.03.2025 n. 4947, con argomentazioni che possono essere estese all’applicazione della sopravvenuta disciplina di cui all’art. 35, “al fine dell’esercizio del diritto di accesso nell’ambito di un procedimento per l’affidamento di contratti pubblici, laddove l’accesso integrale potrebbe disvelare segreti tecnici o commerciali, il richiedente l’accesso deve dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità dell’utilizzazione della documentazione richiesta in uno specifico giudizio, atteso che, nel quadro del bilanciamento tra il diritto alla tutela della riservatezza ed il diritto all’esercizio del cosiddetto accesso difensivo, risulta necessario accertare l’effettiva sussistenza o meno del nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate”. E’ stato altresì specificato che devono “rimanere distinti nell’ambito del procedimento (e, poi, del processo): la valutazione che l’amministrazione è chiamata a compiere sull’istanza di accesso e sulla sussistenza dei presupposti per il suo accoglimento avuto riguardo alla motivazione dell’istanza di accesso; la valutazione sulla sussistenza dei segreti tecnici o commerciali; la valutazione della sussistenza delle esigenze della difesa in giudizio in capo a chi ha formulato la richiesta di accedere a documenti contenenti le informazioni predette. Ciascuno dei momenti enucleati in base alla normativa di riferimento dovrà essere positivamente valutato prima che si proceda al passaggio logico successivo, sicché se l’istanza di accesso non presenta i requisiti richiesti per il suo accoglimento ciò precluderà in radice che si faccia questione dell’esistenza di segreti tecnici e commerciali; se invece l’istanza sarà favorevolmente valutata e non dovessero sussistere segreti tecnici o commerciali, non sarà necessario valutare la sussistenza di esigenze di difesa in capo all’istante; se invece, dovessero essere valutate favorevolmente l’istanza di accesso e la “motivata e comprovata dichiarazione” del controinteressato fondata sulla sussistenza di segreti tecnici o commerciali (sulla quale si richiama, Cons. Stato, Sez. V 31 marzo 2021, n. 2714), l’amministrazione sarà chiamata ad operare un bilanciamento fra le contrapposte esigenze, dovendo giudicare l’effettiva sussistenza del nesso di strumentalità (Cons. Stato, n. 369 del 2022) o del “collegamento necessario fra la documentazione richiesta e le proprie difese” (Cons. Stato, ord. n. 787 del 2023)” (ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 27.02.2024 n. 1914; id., 29.01.2024 n. 871).
Sempre in tema di accesso difensivo, il TAR Roma, 20.03.2025 n. 5793 ha avuto modo di precisare che a fronte di un diniego di accesso alle informazioni inerenti all’offerta presentata da un operatore economico in sede di gara per ragioni legate alla tutela di segreti tecnici e/o commerciali, l’interesse ostensivo dell’istante diviene prevalente solo ove tale soggetto dimostri la stretta indispensabilità della conoscenza della documentazione richiesta rispetto alla difesa in giudizio dei propri interessi correlati all’affidamento pubblico, il che avviene sulla base di una valutazione “svolta in concreto alla luce delle “deduzioni difensive potenzialmente esplicabili” da parte del soggetto che ha richiesto l’accesso (cfr. Cons. Stato, sez. V, sent. n. 369 del 20 gennaio 2022)”.
5. La legittimazione e l’interesse all’accesso in alcuni casi particolari.
Dalla nuova disciplina in materia di accesso agli atti di gara, quale declinata nel D.lgs. n. 36 del 2023, si evince come l’ostensione delle offerte in forma integrale possa essere riferibile solo ai concorrenti e sia in particolare garantita in riferimento ai soli primi cinque graduati. Per tale ragione, secondo il Consiglio di Stato, Sez. V, 18.02.2025 n. 1353, nel caso di un affidamento diretto avvenuto a seguito di mera richiesta di preventivi, l’impresa ricorrente, in quanto non concorrente ad una procedura di gara, non può vantare alcun interesse qualificato e differenziato alla conoscenza dell’offerta tecnica della controinteressata in forma non oscurata. Nell’ambito di un affidamento diretto non sono, infatti, ravvisabili concorrenti in senso proprio e gli eventuali competitori nel mercato di riferimento possono contestare la decisione dell’amministrazione di addivenire all’affidamento diretto, ma non gli esiti della procedura informale cui non hanno preso parte, destinata ad individuare l’affidatario e pertanto l’offerta da esso presentata.
Secondo il TAR Palermo, 10.03.2025 n. 528 la qualità di ausiliaria conferisce all’impresa ricorrente la legittimazione e l’interesse ad agire per ottenere l’ostensione dei documenti richiesti aventi a oggetto l’esecuzione dei lavori, in vista della eventuale tutela giurisdizionale del vantato credito. La società ricorrente, in qualità di ausiliaria, infatti, ha documentalmente provato in giudizio di vantare il diritto all’esecuzione del contratto di avvalimento, in forza del quale l’impresa ausiliata ha assunto il correlato obbligo del pagamento del corrispettivo commisurato al valore del contratto di appalto stipulato con la stazione appaltante; ne consegue il diritto dell’impresa ricorrente alla conoscenza – nei limiti di tale esigenza difensiva – degli atti indicati nella domanda di accesso.