Tratto da: Lavori Pubblici  

Quali sono i limiti alla tutela del know how nei documenti di gara? Quando il diritto di accesso prevale sulla riservatezza invocata dall’aggiudicatario? Quali obblighi ha la stazione appaltante nella valutazione dei segreti tecnici?

 

Sono questi i principali interrogativi affrontati dal TAR Piemonte con la sentenza 25 luglio 2025, n. 1271, che riafferma con chiarezza i principi fondamentali in materia di accesso agli atti di gara e di corretta ponderazione tra esigenze difensive e tutela della riservatezza commerciale.

La controversia nasce dalla richiesta, da parte di un operatore economico non aggiudicatario, di accedere all’offerta tecnica della controinteressata risultata vincitrice. L’amministrazione, in accoglimento delle richieste di oscuramento avanzate dall’aggiudicataria, aveva trasmesso solo una copia parziale del documento, omettendo però qualsiasi motivazione circa la prevalenza dell’interesse alla riservatezza rispetto a quello difensivo del ricorrente.

Una prassi frequente che il TAR ha censurato, evidenziando le lacune sia nella motivazione dell’oscuramento, sia nella mancata istruttoria da parte della stazione appaltante.

Vediamo su quali principi il giudice amministrativo ha basato la propria decisione.

Nello specifico, la pronuncia offre una ricognizione puntuale della giurisprudenza in materia, ribadendo che il diritto di accesso prevale sulla riservatezza: l’accesso agli atti di gara è uno strumento fondamentale per garantire la tutela giurisdizionale dell’operatore non aggiudicatario.

La sola opposizione dell’aggiudicatario, anche se motivata da esigenze di tutela del know how, non è sufficiente a comprimere tale diritto.

Il know how deve avere requisiti stringenti: non ogni documento tecnico può considerarsi automaticamente segreto.

È necessario che l’informazione sia:

  • precisamente individuata;
  • suscettibile di sfruttamento economico;
  • dotata di effettiva segretezza oggettiva (non accessibile agli operatori del settore);
  • protetta con misure concrete, sia tecnologiche che organizzative.

Il segreto tecnico va valutato ai sensi dell’art. 98 del Codice della proprietà industriale (d.lgs. n. 30/2005): è la stazione appaltante a dover verificare l’effettiva esistenza di un segreto tecnico o commerciale, sulla base di una valutazione autonoma e motivata, e non meramente ricettizia delle dichiarazioni dell’aggiudicatario.

Nel caso esaminato, l’aggiudicataria aveva genericamente sostenuto che le soluzioni tecniche offerte costituivano il frutto della propria esperienza e della sperimentazione diretta, aggiungendo che la divulgazione di tali dati avrebbe potuto consentire indebiti vantaggi competitivi ai concorrenti in future gare.

Una motivazione che il TAR ha ritenuto totalmente apodittica e priva di riscontri oggettivi, osservando che:

  • non sono stati individuati specifici elementi suscettibili di sfruttamento economico;
  • non è stata dimostrata l’esistenza di misure tecniche o organizzative di protezione;
  • l’amministrazione si è limitata ad accogliere la richiesta senza alcuna valutazione discrezionale in ordine alla fondatezza del diniego.

Ne deriva che l’accesso doveva essere integralmente consentito, e che l’ente avrebbe dovuto esplicitare le ragioni del bilanciamento effettuato tra i contrapposti interessi in gioco, come impone l’art. 5-bis della legge n. 241/1990.

Il ricorso è stato quindi accolto, con dichiarazione di obbligo per la stazione appaltante di consegnare alla ricorrente copia integrale dell’offerta tecnica dell’aggiudicataria entro 20 giorni dalla comunicazione della sentenza.

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