La sanatoria paesaggistica è un’eccezione alla regola generale che vieta la sanabilità retroattiva degli abusi. Il CdS chiarisce i casi in cui essa, così come l’accertamento postumo della compatibilità paesaggistica, possono essere concessi.
La sentenza n. 1260/2025 del Consiglio di Stato conferma l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la sanatoria paesaggistica è possibile solo per abusi minori e l’accertamento postumo non è ammesso con aumenti di volumetrie e superfici, ribadendo la tutela del paesaggio come interesse preminente.
Il caso in esame riguarda un contenzioso relativo alla richiesta di sanatoria paesaggistica e accertamento di conformità di un’opera edilizia. La vicenda ha coinvolto il Ministero della Cultura, rappresentato dalla Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio e due privati cittadini.
L’oggetto del giudizio riguarda il diniego di compatibilità paesaggistica espresso dal Comune e confermato dalla Soprintendenza in relazione a una serie di interventi edilizi abusivi:
- ricostruzione di un ex fienile con incremento di superficie e volume rispetto all’originario;
- realizzazione di una struttura in lamiera su pali di legno;
- sistemazione del terreno circostante.
Il Comune aveva imposto il ripristino dello stato dei luoghi. I privati avevano adempiuto solo in parte, interrando il piano seminterrato dell’ex fienile e ripristinando il terreno circostante. Tuttavia, l’accertamento edilizio e paesaggistico richiesto nel luglio 2016 è stato dichiarato improcedibile dalla commissione edilizia comunale e, successivamente, confermato dalla Soprintendenza.
I privati hanno impugnato il diniego davanti al Tar Toscana, lamentando:
- violazione dell’art. 167 del D.Lgs. 42/2004, eccesso di potere e difetto di istruttoria;
- difetto di motivazione e illogicità manifesta.
Il TAR ha accolto il primo motivo e ha ordinato al Comune e alla Soprintendenza di riesaminare la richiesta di sanatoria. Il Ministero ha quindi presentato appello al Consiglio di Stato.
Il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza del TAR, ribadendo che la sanatoria paesaggistica è concessa solo per interventi minori che non alterano il contesto paesaggistico (art. 167, comma 4, D.Lgs. 42/2004):
La sanatoria paesaggistica- costituendo un’eccezione alla regola generale della non sanabilità ex post degli abusi, sia sostanziali che formali – è consentita per i soli abusi minori contemplati dall’art. 167 comma 4 d.lgs. n. 42/2004, accomunati dall’assenza di offensività per i valori ambientali e paesaggistici tutelati con l’apposizione del vincolo.
Sono, in particolare, suscettibili di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica esclusivamente: i) gli interventi realizzati in assenza o difformità
dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato la creazione di superfici utili o di volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati; ii) l’impiego di materiali diversi da quelli prescritti dall’autorizzazione paesaggistica; iii) i lavori configurabili come interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi della disciplina edilizia (art. 167, comma 4).
Inoltre, il rilascio della compatibilità paesaggistica non è ammesso quando i lavori effettuati hanno comportato la creazione di nuove superfici utili o volumi, oppure l’aumento di quelli già legittimamente esistenti. Questo principio si applica indistintamente a qualsiasi tipo di volume, inclusi quelli tecnici e interrati.
Questa interpretazione è confermata dall’articolo 167, comma 4, del D.lgs. 42/2004, che consente l’accertamento postumo della compatibilità paesaggistica solo per interventi che non abbiano determinato la creazione di nuove superfici utili o volumi, senza fare distinzioni tra tipologie di volume.
Pertanto, nel caso specifico, diversamente da quanto ritenuto dal Tar Toscana, l’interramento del piano seminterrato non ha riportato l’edificio al suo stato originario. A differenza della rimozione del volume, infatti, il semplice interramento permette di recuperarne l’uso in qualsiasi momento, confermando che la modifica non è assimilabile a un ripristino delle condizioni preesistenti.
Di conseguenza, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello del Ministero e ha confermato il diniego della sanatoria.