tratto da biblus.acca.it

Come funzionano gli accertamenti di conformità edilizia previsti dagli artt. 36 e 36-bis del D.P.R. 380/2001 dopo le modifiche del Decreto “Salva Casa”.

Il Consiglio Nazionale del Notariato ha pubblicato l’8 luglio 2025 lo studio n. 226-2024/P dedicato all’accertamento di conformità e alle principali novità introdotte dal decreto salva casa.

Lo studio esamina gli articoli 36 e 36 bis del D.P.R. n. 380/2001 sui procedimenti di sanatoria c.d. “a regime” dopo le modifiche introdotte dal decreto Salva Casa.

Il contributo esamina, in particolare la nozione di accertamento di conformità, la sua ratio, i presupposti, e il contenuto del provvedimento di sanatoria.

Viene analizzata inoltre la nuova conformità “asimmetrica”, con particolare attenzione alle menzioni urbanistiche alla luce anche delle recenti sentenze.

Il documento in esame  è suddiviso nei seguenti capitoli:

  • accertamento di conformità: nozione;
  • accertamento di conformità: dall’art. 13 della legge n. 47 del 1985 all’accertamento giurisprudenziale;
  • il nuovo art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001 dopo le modiche introdotte dal decreto Salva Casa;
  • brevi cenni su alcuni aspetti peculiari del procedimento di accertamento di conformità di cui all’art. 36 del Testo Unico dell’Edilizia;
  • differenza tra procedimento di sanatoria a regime e procedimento di sanatoria “straordinaria”;
  • valenza del provvedimento di sanatoria di cui all’art. 36 del Testo Unico dell’edilizia sulla regolarità urbanistica del bene e sul trasferimento dell’immobile;
  • art. 36 bis del Testo Unico dell’edilizia: accertamento di conformità per gli abusi c.d. minori;
  • accertamento di conformità e posizione del notaio: vecchie e nuove norme a confronto;
  • artt. 36 e 36 bis del D.P.R. 380 del 2001 e menzioni urbanistiche alla luce della sentenza n. 8230/2019 delle Sezioni Unite;
  • silenzio-rigetto;
  • conformità asimmetrica;
  • il pagamento dell’oblazione: un’ipotesi di fiscalizzazione?
  • accertamento di conformità e stato legittimo;
  • atto di conferma ex articolo 46 comma 4 TUE e articolo 36 TUE;
  • conclusioni.

Accertamento di conformità

Lo studio del Notariato ricorda in primis che l’accertamento di conformità è un provvedimento amministrativo che consente di regolarizzare opere edilizie abusive, purché siano rispettati determinati presupposti normativi. Si tratta di uno strumento a regime, quindi sempre disponibile, a differenza del condono edilizio, che è straordinario e limitato nel tempo.

In pratica, questo consente al proprietario (o a chi ha commesso l’abuso) di ottenere un permesso in sanatoria, ma solo se sono rispettati determinati requisiti previsti dalla legge. Grazie a questo provvedimento, l’opera viene “regolarizzata”, cioè resa conforme alla normativa urbanistica ed edilizia, ristabilendo così la legalità.

Dall’art. 13 della legge 47/1985 all’art. 36 del Testo Unico Edilizia: come nasce l’accertamento di conformità

Lo studio esamina l’evoluzione normativa nel tempo, ripercorrendo le tappe principali dello sviluppo della disciplina sulla conformità edilizia. L’accertamento di conformità, oggi regolato dall’art. 36 del D.P.R. 380/2001, è uno strumento che consente di regolarizzare un abuso edilizio – cioè un’opera costruita senza autorizzazione – purché risulti conforme alle regole urbanistiche.

Questo istituto non è una novità assoluta: era già stato introdotto dall’art. 13 della Legge 47/1985, che stabiliva una condizione ben precisa per ottenere la sanatoria: l’opera doveva essere conforme sia al momento in cui era stata realizzata, sia al momento in cui veniva presentata la domanda.

Questa doppia condizione (nota come “doppia conformità”) è stata interpretata in modo molto rigoroso: se nel frattempo i piani urbanistici erano cambiati e diventavano favorevoli solo al momento della decisione del Comune, la sanatoria non poteva essere concessa.

Tuttavia, nel tempo la giurisprudenza ha cercato di ammorbidire questa rigidità. Secondo il Consiglio di Stato – Cons. Stato 13 febbraio 1995, n. 238, in Giust. civ., 1995, 1981, con nota di Bozza. Risposta Quesito 191-2006/ C, Condono edilizio e sanatoria giurisprudenziale, est. G. Casu, in Cnn notizie del 26 aprile 2006 – , la norma del 1985 doveva essere letta come una tutela per il cittadino contro l’inerzia della pubblica amministrazione che rende inopponibili al richiedente i mutamenti degli strumenti urbanistici, purché la conformità agli stessi sussistesse in entrambe le date di riferimento indicate dalla legge; resta fermo, in base ai principi generali, l’istituto della sanatoria delle opere conformi agli strumenti urbanistici vigenti al momento in cui l’amministrazione esamina la domanda di autorizzazione; pertanto è illegittimo il diniego di concessione edilizia di opere conformi ad un piano di lottizzazione, motivato con richiamo all’esigenza della “doppia conformità” di cui all’art. 13 delle Legge 47/1985 e con il fatto che la variante del piano di lottizzazione, alla quale le opere erano conformi, era stata approvata dopo la data di effettuazione delle opere stesse.

Questa interpretazione ha portato alla nascita della cosiddetta “sanatoria giurisprudenziale”, una forma di regolarizzazione elaborata dai giudici, basata sul principio che non ha senso demolire un’opera che oggi sarebbe perfettamente regolare, solo perché in passato mancava il permesso.

Alla fine, però, il legislatore è intervenuto nuovamente, confermando con l’articolo 36 del Testo Unico Edilizia che il principio della doppia conformità resta essenziale:

  • l’intervento edilizio può essere sanato solo se conforme alle norme urbanistiche ed edilizie sia al momento della realizzazione, sia al momento della domanda.

Differenza tra procedimento di sanatoria a regime e procedimento di sanatoria “ straordinaria”

Il Notariato ricorda che esiste una differenza tra la sanatoria a regime, ossia il procedimento di cui all’art. 36, e la sanatoria in itinere, ossia il condono.

Il condono edilizio costituisce un procedimento amministrativo che si instaura tra il privato e il Comune, inteso a porre quest’ultimo nella condizione di emettere un provvedimento di sanatoria che trasformi un bene caratterizzato da abuso edilizio in un bene caratterizzato da regolarità urbanistica ed edilizia. Va chiarito che il procedimento di condono edilizio: è un procedimento eccezionale; è limitato nel tempo; è destinato a sanare il passato. E quindi non va mai configurato come procedimento a regime.

In parole povere esso, è un provvedimento eccezionale e temporaneo, concesso dal legislatore solo in particolari momenti storici (es. leggi sul condono del 1985, 1994, 2003).

Mentre la sanatoria a regime è un procedimento ordinario sempre previsto dalla legge, attivabile in qualsiasi momento se ricorrono le condizioni stabilite dal legislatore.
Si applica in particolare ai cosiddetti abusi formali, ossia a interventi realizzati:

  • senza titolo abilitativo (es. permesso di costruire o SCIA);
  • oppure in totale difformità dal titolo ottenuto.

Rispetto al condono edilizio la sanatoria a regime è sempre accessibile, non legata a finestre temporali, non ha limiti dimensionali, si fonda su presupposti oggettivi e mira a regolarizzare opere sostanzialmente lecite ma formalmente abusive.

Posizione del notaio e menzioni urbanistiche

Con le modifiche apportate all’art. 36 e con l’introduzione del nuovo art. 36 bis, è stata riscritta la normativa sull’accertamento di conformità in modo più chiaro per l’operatore rispetto al passato, distinguendo, ai fini in questione, quattro possibili tipologie di abusi edilizi:

  • assenza di titolo;
  • totale difformità;
  • variazioni essenziali;
  • parziale difformità.

Su queste quattro nozioni lo stesso legislatore cerca di fare chiarezza, fornendo nella stessa relazione illustrativa questa elencazione:

  • parziali difformità (articoli 34 e 37 del TUE), trattasi di difformità comprese tra:
    • i limiti delle tolleranze costruttive (articolo 34-bis);
    • i limiti delle variazioni essenziali (che sono definiti dalla legislazione regionale);
  • variazioni essenziali (articolo 32 del TUE), trattasi di intervento completamente diverso – per caratteristiche costruttive o destinazione d’uso – rispetto a quanto oggetto di permesso e se vi sono variazioni essenziali (i cui criteri sono individuati all’articolo 32 del TUE e declinati dalla legislazione regionale);
  • assenza di titolo (articoli 31 e 33 del TUE), titolo inesistente (mai chiesto o mai rilasciato) o un titolo esistente, ma privo di efficacia, sia in origine, sia a seguito di revoca del comune o provvedimento del giudice amministrativo;
  • totale difformità (articoli 31 e 33 del TUE), la realizzazione di manufatti completamente diversi per caratteristiche tipologiche, planivolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso, e per l’esecuzione di volumi oltre i limiti indicati nel progetto e autonomamente utilizzabili.”
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