12.06.2015 – Riforma Madia, per i dirigenti locali equilibrio difficile tra flessibilità e indipendenza

Riforma Madia, per i dirigenti locali equilibrio difficile tra flessibilità e indipendenza

di Pasquale Monea e Marco Mordenti

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Nel corso delle audizioni alla Camera sulla riforma Madia sono emerse da più parti molteplici osservazioni orientate a una definizione puntuale delle modalità di affidamento degli incarichi dirigenziali e, in particolare, di quello relativo al ruolo apicale negli enti locali: su questo aspetto convergono le indicazioni di tutti i soggetti interpellati, dall’Anci alla Corte dei conti. L’intento unanime è quello di salvaguardare l’autonomia dirigenziale, accanto ad una maggiore flessibilità, tramite percorsi selettivi improntati a criteri meritocratici – come già auspicato sul Quotidiano degli enti locali e della Pa del 14 aprile.

Concorso nazionale 

Per conciliare autonomia da un lato e rapporto fiduciario dall’altro, occorre intanto ribadire che la selezione della dirigenza apicale deve avvenire mediante corso concorso nazionale, secondo il modello francese dell’Ecole nationale d’administration, in modo da individuare le migliori professionalità disponibili sul territorio. Del resto, lo spirito della riforma è proprio questo: i dirigenti, tutti, sono dirigenti della Repubblica e sono reclutati con procedura nazionale, sulla base di un fabbisogno annuale soggetto al principio del contingentamento; non avrebbe alcun senso consentire a ogni ente di bandire e gestire in autonomia il proprio concorso per dirigente apicale.

Dirigente apicale e ruoli unici 

Il testo del disegno di legge prevede l’attribuzione alla dirigenza «di cui al presente articolo», dei compiti di attuazione dell’indirizzo politico, coordinamento dell’attività amministrativa e controllo della legalità dell’azione amministrativa, all’interno degli enti locali. Andrebbe chiarito se si intende fare riferimento a tutta la dirigenza pubblica o alla sola dirigenza degli enti locali, come appare logico, fermo restando il principio di mobilità tra i ruoli (nazionale, regionale, locale).

Area professionale 

È condivisibile la necessità evidenziata (finalmente…) dall’Anci di definire all’interno del ruolo unico della dirigenza locale un’articolazione per aree professionali e, segnatamente, un’area riservata ai soggetti in possesso dello specifico profilo professionale necessario per dirigere l’ente locale: questi soggetti devono disporre di adeguate competenze di natura sia gestionale sia amministrativa, coerentemente con la previsione generale legata alla istituzione della figura apicale unica, in grado di contemperare legalità ed efficienza. L’area della dirigenza apicale deve essere articolata in modo tendenzialmente flessibile, tenuto conto del diverso grado di competenze richiesto nelle varie tipologie di enti sulla base anche delle loro dimensioni; in ogni caso occorre predeterminare regole chiare e precise di accesso all’area, che tengano conto di tutti i compiti riconducibili alla figura apicale.

Nomina del dirigente apicale 

L’Anci chiede inoltre la modifica del meccanismo di preselezione in fase di nomina, che prevede la definizione di una rosa di candidati da parte della commissione nazionale; in effetti, non tutti i criteri previsti dalla norma sembrano pienamente compatibili con le nomine in questione (si pensi ad esempio all’estrema disomogeneità delle procedure di valutazione adottate nelle singole amministrazioni). Tuttavia occorre mantenere il ruolo di garanzia della commissione, chiamata a verificare la regolarità delle nomine da parte dei sindaci con riferimento al profilo professionale di volta in volta necessario: solo in questo modo è possibile contemperare autonomia, merito e fiduciarietà, in un contesto storico e culturale in cui un’applicazione acritica dello spoils system rischierebbe di produrre sprechi e inefficienze. In definitiva, la scelta fiduciaria “a valle” si giustifica a patto di mantenere “a monte” un sistema rigoroso e meritocratico, in grado di garantire livelli adeguati di professionalità. La riforma deve favorire prassi virtuose ed equilibrate, abbandonando il vecchio sistema – scarsamente flessibile – a favore di una dirigenza più moderna e dinamica ma al tempo stesso capace e non ricattabile.

 

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