un articolo di Luigi Oliveri tratto da rilievoaiaceblogliveri.wordpress.com

#assenteismo Caccia all’untore dipendente #pubblico Brunetta non ha ragione

Pubblicato il 3 gennaio 2015 di rilievoaiaceblogliveri

Oggettivamente, un Paese nel quale si discetta sulla circostanza se l’ex Ministro Brunetta abbia ragione o torto rispetto all’assenteismo dei pubblici dipendenti non pare proprio aver cambiato alcun verso. Il tema ed il modo col quale il Governo lo sta trattando è esattamente nella conclamata linea di continuità con gli ultimi 20 anni.

Per altro, nella guerra tra gli epigoni di Brunetta e l’originale, oggettivamente non può che fare miglio figura l’ultimo, che infatti sui social networks non può non vantarsi:

Renato Brunetta (@renatobrunetta) - Twitter.clipular

Ma, allora, si scopre che “aveva ragione Brunetta”? Essendo il tweet citato sintetico e molto demagogico, non può essere oggettivamente preso in considerazione come fonte e risposta della domanda.

Infatti, si tratta di un’affermazione tautologica, come “non tutte le squadre che giocano il campionato vincono lo scudetto”, oppure “tra tanti uomini rossi, biondi e neri di capelli esistono anche gli albini”, o ancora “tra i cittadini esistono quelli che non pagano le tasse”.

Posta in questi termini, la questione dell’assenteismo non può che dare luogo a liti da comari chioggiotte, per far vedere chi risulti più rigoroso con quei fannulloni e panzoni dei dipendenti pubblici.

Commettendo l’odioso errore di generalizzare, inducendo i dott. Livore, che si annidano sempre alla ricerca di qualcuno con cui sfogarlo, a dare la caccia all’untore e sentenziare che tutti i dipendenti pubblici rubano lo stipendi e sono assenteisti.

Chi si vuole dilettare in queste chiacchiere da bar sport, faccia pure: aggiungiamo, per dare sale, che “tutti gli imprenditori e commercianti evadono” e che “gli immigrati vengono a rubarci il lavoro”, per fornire ulteriori argomentazioni alle ore passate tra un colpo di stecca e un bicchiere di quello buono.

E’ evidente che Brunetta non ha né ragione, né torto. Sicuramente, come Ministro della Funzione Pubblica ha attivato una serie di disposizioni normative vigenti, che servono con una certa efficacia a contrastare il fenomeno, presente in qualsiasi organizzazione pubblica o privata che sia, della poca produttività e dell’assenteismo.

Le disposizioni normative adottate su sua spinta sono sacrosante e, probabilmente, meritano ulteriori rinforzi, specie dal lato dei controlli e delle sanzioni per i medici consenzienti, ricordando che in Italia il fenomeno dei falsi invalidi è un’altra gravissima piaga, che vede nei medici correi indispensabili per le connesse truffe.

Tuttavia, il dalli al dipendente pubblico assenteista a partire dal 2011 si è affievolito, di molto. Perché? Perché non c’è più stato Brunetta, dal novembre di quell’anno, come Ministro? Può darsi. Ma, un altro dato forse è alla base dell’allentamento dell’attenzione sulla questione: il rapporto Inps 2012 sulle assenze per malattia sia nel lavoro pubblico, sia in quello privato, desunto dalla raccolta dei dati derivanti dai certificati medici telematici.

Ebbene, quel rapporto congelò non poco il fuoco sacro di chi voleva la guerra santa contro i dipendenti pubblici fannulloni, perché risultò quello che mai Brunetta, epigoni, giornalisti alla Stella&Rizzo e cacciatori di untori vari si sarebbero mai aspettato: 17 giornate di malattia del 2011 come numero medio annuo per ciascun lavoratore nel settore privato, contro 15,6 giorni di malattia dei dipendenti pubblici!

La notizia, sconvolgente, venne data con risalto per pochissimo tempo e, poi, fu immancabilmente insabbiata.

Tanto che, oggi, all’indomani dello scandalo di Roma, riparte il coro, o piuttosto, ripartono le urla di piazza, contro i dipendenti pubblici “tutti fannulloni” ma anche “più assentesisti del privato”. Contro, come si nota, ogni evidenza e dato. Tanto che, per far tornare i conti di una necessariamente maggiore assenza dei lavoratori pubblici rispetto ai privati, si intorpidiscono i dati, calcolando tra le assenze i giorni di ferie, non conteggiate, invece, per il settore privato…

Allora, se il Ministro Brunetta non ha ragione, né torto, dove sta la ragione? Ovviamente, non può stabilirlo questo scritto. Certo è che si sta commettendo l’errore di partire da un caso specifico, quello di Roma, per una generalizzazione fuori luogo.

A Roma è capitato un evento molto preciso e molto grave: i vigili urbani hanno utilizzato le falle che ci sono nel sistema anti assenteismo, dovute alla sostanziale inoppugnabilità dei certificati medici e alla scarsa efficienza delle visite fiscali delle Usl, allo scopo di porre in essere una protesta contro l’intenzione del comando di applicare le regole anticorruzione sulla rotazione.

Non si tratta, dunque, di fannulloneria, ma di un gravissimo atto di sciopero sui generis, attuato con mezzi quanto meno scorretti, perché il lavoratore che sciopera intanto ci rimette di tasca propria e, comunque, deve assicurare i servizi minimi essenziali. La collocazione in malattia come forma di sciopero è gravissima ed intollerabile.

Ma, questo è quello che è avvenuto a Roma la notte di San Silvestro e su questo occorre indagare e, laddove possibile (con pochissime speranze) sanzionare.

Risulta odiosa e superficiale la gratuita conclusione secondo la quale un disdicevole e da condannare comportamento di un gruppo di agenti di polizia locale di una sola città debba essere preso come spunto per allargare a milioni di altri lavoratori pubblici il paradigma dell’assenteismo fannullone.

Non è questo quello che è successo a Roma. Non è corretto trasporre quell’episodio gravissimo ad un sistema. Si dimostra ancora una volta populismo, volontà di innescare odio sociale e guerre tra gli strati sociali di base, senza affrontare la concreta questione che è di Roma, specifica di quel comune, di quei dipendenti, di quel settore, di qui medici che hanno certificato. Se si vuol essere seri e concludenti. Se si vuol continuare con dosi di populismo a buon mercato stile sud americano, invece, si può continuare lungo la strada delle generalizzazioni. D’altra parte divide et impera è formula conosciuta, che rende sempre moltissimo a chi di volta in volta siede sugli scranni del governo.

 

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