Con la sentenza n. 9484/2025, il Consiglio di Stato ha chiarito che, negli appalti pubblici, la comparazione tra diversi CCNL non può limitarsi al semplice confronto numerico degli scostamenti economici.
La valutazione deve invece considerare in modo globale il livello di tutela garantito ai lavoratori impiegati nell’appalto. Si tratta di un principio di forte impatto sia per le stazioni appaltanti sia per gli operatori economici, poiché attenua in modo significativo le rigidità interpretative derivate dai criteri elaborati da ANAC per il Bando Tipo 1/2023.
Il quadro regolatorio e i criteri proposti da ANAC
Nella relazione illustrativa al Bando Tipo 1/2023 — aggiornato alla luce della circolare INL n. 2/2020 — ANAC aveva delineato una serie di parametri per misurare l’equivalenza, suggerendo che lo scostamento da più di due elementi di tutela normativa potesse far venir meno l’equivalenza stessa. Parallelamente, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nel parere n. 3522/2025, ha ribadito questa impostazione anche dopo l’entrata in vigore del decreto correttivo (D.Lgs. 209/2024), indicando come criteri essenziali:
- la parità del valore economico annuo delle componenti fisse della retribuzione;
- scostamenti normativi limitati e marginali.
È inoltre atteso un decreto interministeriale che definirà le modalità operative per attestare l’equivalenza e per valutare la marginalità delle differenze tra contratti collettivi.
L’intervento del Consiglio di Stato: un approccio sostanziale
La sentenza n. 9484/2025 si discosta da queste impostazioni, ritenute eccessivamente rigide. Il Consiglio di Stato conferma che spetta alla stazione appaltante verificare la dichiarazione di equivalenza dell’operatore, ma precisa che la valutazione deve essere coerente con l’art. 110 del Codice dei contratti. Tale disposizione, richiamando i principi consolidati sull’anomalia dell’offerta, impone una verifica globale dell’affidabilità e della coerenza dell’intera proposta, e non la mera ricerca di singole difformità.
I giudici sottolineano che un giudizio negativo non può basarsi automaticamente sul superamento dei “due parametri” indicati da ANAC. Sarebbe contrario ai principi di legge e di giurisprudenza ignorare il reale rilievo degli scostamenti e non considerare la qualità complessiva delle tutele offerte ai lavoratori. L’analisi deve quindi tenere conto:
- della coerenza del CCNL applicato rispetto alle attività oggetto dell’appalto;
- della congruità complessiva del trattamento economico e normativo;
- della confrontabilità delle mansioni previste dal contratto collettivo con quelle richieste nell’appalto;
- dell’assenza di condizioni che determinino un peggioramento significativo della tutela dei lavoratori.
La decisione del Consiglio di Stato riporta la verifica di equivalenza su un piano sostanziale e non meramente formalistico. Non tutti gli scostamenti hanno lo stesso peso e non ogni divergenza normativa è automaticamente rilevante. Si restituisce così alle amministrazioni aggiudicatrici un margine valutativo più ampio e più aderente alla realtà delle prestazioni contrattuali.
Per gli operatori economici, ciò significa poter valorizzare contratti collettivi differenti, purché effettivamente idonei a garantire un adeguato livello di tutela. Per gli enti regolatori e le istituzioni competenti, la sentenza rappresenta un segnale importante: i futuri interventi normativi e regolamentari dovranno tener conto di un approccio maggiormente flessibile e orientato alla sostanza.

