Tratto da: Ildirittoamministrativo.it 

Autrice: Laura Pergolizzi

Corte dei conti, Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia 

  1. 275/2025 PASP                                                                                                                                   Abstract

    La pronuncia ribadisce i limiti applicativi dell’obbligo di parere preventivo della Corte dei Conti in materia di enti partecipati, richiamando i precedenti arresti sul tema. La delibera di costituzione di una fondazione di partecipazione per la gestione di una Comunità Energetica Rinnovabile non è sottoposta all’art 5 comma 3  del Dlgs 175/2016.

    Sommario: 1. Premessa 2. La Fondazione di partecipazione 3. Le Comunità energetiche gestite attraverso una Fondazione di Partecipazione  4. L’art. 5 del Dlgs 175/2016 e l’ambito di applicazione 5. Il dibattito della Corte dei conti 6. Conclusioni

     

    1. Premessa

    Il tema dell’applicabilità alle Fondazioni di partecipazione del Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica e in particolare dell’articolo 5 comma 3 è stato dibattuto in seno alle diverse Sezioni Regionali di Controllo della Corte dei conti.

    Una parte della giurisprudenza contabile ha osservato che il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, pur non disciplinando direttamente le fondazioni, potrebbe applicarsi in via analogica.

    Nel caso esaminato dalla Sezione Lombardia il Comune di Pessano con Bornago ha trasmesso alla Corte dei conti – Sezione Regionale di Controllo per la Lombardia la deliberazione del consiglio comunale n. 24 del 12 giugno 2025, di costituzione di una fondazione di partecipazione per la gestione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi del D. Lgs. n.199/2021.

    La Sezione Regionale ha chiarito che l’atto deliberativo in esame non è ascrivibile al perimetro applicativo dell’art. 5, commi 3 e 4, del Dlgs 175/2016, imponendo l’assenza di una espressa previsione normativa una declaratoria di non luogo a provvedere sull’istanza presentata dal Comune.

     

    1. La Fondazione di partecipazione

    La fondazione di partecipazione rappresenta un modello giuridico atipico[1] che si è affermato nella prassi amministrativa come strumento di collaborazione tra pubblico e privato per il perseguimento di finalità di utilità sociale[2].

    Si tratta di una tipologia di fondazione nata da un’evoluzione spontanea del modello di fondazione tradizionale, in risposta a esigenze pratiche emerse nel contesto dell’amministrazione pubblica e della società civile, che combina elementi propri delle fondazioni, come la destinazione di un patrimonio a uno scopo, con tratti tipici delle associazioni, come la partecipazione attiva dei soggetti coinvolti.

    La fondazione di partecipazione, dunque, si configura come un ente non lucrativo – che si caratterizza per la presenza di una pluralità di fondatori, pubblici e privati, che condividono una medesima finalità –  aperto – per la sua capacità di accogliere una pluralità di fondatori o partecipanti, anche con apporti non patrimoniali, e per la possibilità di una gestione condivisa e dinamica, e con un patrimonio che si forma progressivamente e non è necessariamente definito in modo rigido al momento della costituzione.

    La Corte dei conti in sede consultiva, ha più volte ribadito la legittimità per gli Enti locali di costituire fondazioni di partecipazione, purché ciò avvenga nel rispetto di precisi requisiti. In particolare, si afferma che “la fondazione di partecipazione deve essere dotata di personalità giuridica; deve essere istituita per soddisfare esigenze generali, aventi finalità non lucrative; occorre che l’organo di amministrazione o vigilanza sia designato in maggioranza da un ente pubblico; la coerenza della fondazione con l’esercizio di funzioni fondamentali o amministrative assegnate agli enti locali”[3].

    Il modello della Fondazione partecipata si è rivelata particolarmente adatta per il perseguimento di finalità di interesse generale da parte delle amministrazioni pubbliche, che vi hanno fatto ricorso in misura crescente per gestire attività culturali, sociali, educative, sportive, ambientali, e per attuare progetti di sviluppo locale o di utilizzo di fondi europei e da ultimo, come nel caso in esame, per gestire comunità energetiche.

     

    1. Le Comunità energetiche gestite attraverso una Fondazione di Partecipazione

    La «comunità di energia rinnovabile» è stata definita dalla Direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili nota come RED II, come un soggetto giuridico fondato sulla partecipazione, aperta e volontaria, di chi – persona fisica, PMI (a condizione che la partecipazione alla comunità non costituisca l’attività commerciale principale) o pubblica amministrazione – si trovi nelle vicinanze dei suoi impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili ed abbia come obiettivo principale quello di «fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi azionisti o membri o alle aree locali in cui opera, piuttosto che profitti finanziari» (art. 2, par. 1)[4].

    La Deliberazione 4 agosto 2020, 318/2020/R/EEL di ARERA, precedente all’emanazione del D.lgs. 199/2021 che ha trasposto la Direttiva 2018/2001/UE, stabilisce che sarebbe auspicabile la massima flessibilità per le regole di governance delle CER, prevedendo uno status giuridico tale da richiedere un agile iter burocratico e che dovrebbe essere possibile prevedere che le comunità di energia rinnovabile possano costituirsi in qualsiasi forma giuridica, con l’unica condizione che tali entità, agendo a proprio nome, possano esercitare diritti ed essere soggette a obblighi. Nel TIAD (“Testo integrato sull’autoconsumo diffuso”), corrispondente alla Deliberazione 27 dicembre 2022 727/2022/R/EEL, l’Autorità mantiene la medesima impostazione, statuendo che “le CER e le CEC (a differenza dei gruppi di autoconsumatori e dei gruppi di clienti attivi) sono veri e propri soggetti giuridici, per cui si rende necessaria la presenza di uno statuto che ne identifichi la costituzione e le finalità. Le finalità devono essere coerenti con quanto previsto dai decreti legislativi 199/21 e 210/21 nelle rispettive definizioni, fermo restando che non si ritiene opportuno che l’Autorità identifichi elementi caratterizzanti le CER e le CEC ulteriori rispetto a quelli presenti nella normativa primaria, al fine di non comprimerne la flessibilità”.

    Il Decreto legislativo n. 199/2021, che ha dato attuazione alla direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili [5], all’articolo 31 qualifica la comunità energetica come un soggetto di diritto autonomo.

    La normativa europea e nazionale non indica le forme giuridiche adottabili per la costituzione della comunità energetica rinnovabile ma prescrive le indefettibili caratteristiche, quali:

    1) autonomia giuridica dai soci o membri, con titolarità di propri diritti ed obblighi (combinato disposto degli Artt. 2 n. 16), Direttiva (UE) 2018/2001 e 31 comma 1 lett. b), D.lgs. 199/2021);

    2) libertà nella scelta della forma giuridica, purché sia tale da garantire la massima partecipazione a tutti i consumatori (Considerando n. 71 Direttiva (UE) 2018/2001, Deliberazioni 318/2020/R/EEL e 727/2022/R/EEL di ARERA);

    3) prevalenza di scopo mutualistico, ancorché non sia vietata in assoluto la distribuzione di utili, ma non deve trattarsi della finalità prevalente della CER (combinato – disposto degli Artt. 2 n. 16) lett. c), Direttiva (UE) 2018/2001 e 31 comma 1 lettera a) D.lgs. 199/2021).

    La libertà della forma giuridica delle comunità energetiche rinnovabili pertanto deve necessariamente coniugarsi con le caratteristiche individuate dall’art 31 del Dlgs 199/2021: la prevalenza dello scopo mutualistico di fornire benefici ambientali, economici o sociali ai loro soci o membri e non realizzare profitti finanziari (comma 1, lettera a); e la garanzia di permettere la partecipazione a qualunque produttore o consumatore interessato.

    La forma giuridica della fondazione di partecipazione è coerente con le finalità delineate dalla normativa sulla Comunità energetica rinnovabile e funzionale agli obiettivi dell’Amministrazione, in quanto aperta alla partecipazione e finalizzata ex se non al perseguimento necessario del profitto, bensì alla possibilità di conciliare lo scopo mutualistico con una governance aderente alla necessità di garantire il ruolo di indirizzo del Comune (o della P.A.) presente in qualità di socio fondatore.

    La particolare natura “ibrida” della fondazione di partecipazione ha però fatto sorgere qualche perplessità in merito alla disciplina applicabile e ai limiti dell’intervento pubblico.

    La Corte dei conti ha più volte ribadito che la fondazione di partecipazione, pur essendo un ente di diritto privato, può assumere una funzione pubblicistica in presenza di determinati requisiti[6]. In questi casi, la fondazione, pur restando un ente di diritto privato, si avvicina funzionalmente alla sfera pubblica, tanto da poter essere considerato, a certi fini come un soggetto pubblico.

    In questo contesto si pone la questione dell’applicabilità alle fondazioni del Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica (T.U.S.P.), di cui al D. Lgs.175/2016.

     

    1. L’art. 5 del Dlgs 175/2016 e l’ambito di applicazione

    Le disposizioni del Dlgs 175/2016 hanno a oggetto la costituzione di società da parte di amministrazioni pubbliche, nonché l’acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di tali amministrazioni, in società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta.

    L’art 1 del Dlgs 175/2016 al comma 2 ha previsto che le disposizioni contenute nel presente decreto sono applicate avendo riguardo all’efficiente gestione delle partecipazioni pubbliche, alla tutela e promozione della concorrenza e del mercato, nonché alla razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica. Per tutto quanto non derogato dalle disposizioni del presente decreto, si applicano alle società a partecipazione pubblica le norme sulle società contenute nel codice civile e le norme generali di diritto privato.

    L’art. 5 del Dlgs 175/2016 rubricato “Oneri di motivazione analitica”[7] stabilisce le condizioni per la costituzione di una società a partecipazione pubblica o l’acquisto di partecipazioni societarie in società già costituite e nella sua prima formulazione prescriveva:

    – una motivazione analitica dell’atto deliberativo, con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’articolo 4;

    – una procedura “informativa” all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e alla Corte dei conti che valuta la conformità dell’atto con particolare riguardo alla sostenibilità finanziaria e alla compatibilità della scelta con i princìpi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa.

    La “ratio” dell’articolo 5, chiarita dalla Relazione illustrativa del Governo al Testo Unico, evidenziava  «Vengono legificati i principi dettati dalla costante giurisprudenza nazionale e comunitaria, prevedendo che l’atto deliberativo, che ovviamente è diverso dall’atto costitutivo della società[8], debba essere motivato con riferimento alla necessità della società per il perseguimento delle finalità istituzionali previste dall’articolo 4[9], evidenziando, altresì, gli obiettivi gestionali cui deve tendere la società stessa, sulla base di specifici parametri qualitativi e quantitativi, nonché le ragioni e le finalità che giustificano la scelta, anche sul piano della convenienza economica e in considerazione della possibilità di destinazione alternativa delle risorse pubbliche impegnate».

    La norma, modificata dalla L. n. 118/2022, prevede che gli enti pubblici, prima di costituire una società o acquisire partecipazioni, debbano trasmettere l’atto alla Corte dei conti, che “delibera, entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento, in ordine alla conformità dell’atto (…) con particolare riguardo alla sostenibilità finanziaria e alla compatibilità della scelta con i principi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa”. La segreteria della Sezione competente [10] trasmette il parere, entro cinque giorni dal deposito, all’amministrazione pubblica interessata, la quale è tenuta a pubblicarlo entro cinque giorni dalla ricezione nel proprio sito internet istituzionale. In caso di parere in tutto o in parte negativo, ove l’amministrazione pubblica interessata intenda procedere egualmente è tenuta a motivare analiticamente le ragioni per le quali intenda discostarsi dal parere e a dare pubblicità, nel proprio sito internet istituzionale, a tali ragioni” (cfr. art. 5, c. 3 e 4).

    Con la modifica all’art. 5 del D. Lgs. n. 175/2016, ad opera della L. n. 118/2022[11], si introduce un’attività di controllo sull’atto deliberativo della società: la comunicazione alla Corte dei conti non avviene solo a fini informativi, bensì determina un controllo sugli atti deliberativi di costituzione di una nuova società ovvero di acquisizione di una partecipazione in un organismo esistente, preordinato all’adozione di un parere in ordine al perseguimento delle finalità istituzionali di cui all’art. 4, alla sostenibilità finanziaria e alla compatibilità della scelta con i princìpi di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa[12].

    La ratio di questa funzione di controllo risiede nell’esigenza di sottoporre a scrutinio i presupposti giuridici ed economici della scelta amministrativa di costituire un nuovo soggetto societario o di acquisire la partecipazione in una società già esistente “in ragione delle rilevanti conseguenze che la nascita di un nuovo soggetto societario o l’intervento pubblico in una realtà già esistente determina sotto molteplici profili”. L’intervenuta modifica va inquadrata secondo la Corte dei conti[13] nel sistema delineato dalla Corte costituzionale[14] secondo cui le norme del T.U.S.P. si qualificano quali principi fondamentali espressivi del coordinamento finanziario, “trattandosi di norme che, in linea con le disposizioni in materia di riduzione del costo della pubblica amministrazione (cosiddetta spending review), pongono misure finalizzate alla previsione e al contenimento delle spese delle società a controllo pubblico per il loro funzionamento”.

    In tale quadro si inserisce l’esigenza – ribadita da alcune pronunce della Corte[15] – di  una oggettiva serietà di analisi e di verifica del quadro istruttorio preliminare all’adozione della decisione amministrativa non solo in funzione dell’imparzialità dell’azione amministrativa, ma anche a salvaguardia dell’interesse pubblico.

    La serietà dell’analisi, dunque, richiede da un lato che il vaglio della Sezione regionale di controllo non si riduca alla semplice presa d’atto della rappresentazione istruttoria fornita dall’Amministrazione, e dall’altro che l’amministrazione svolga una sua istruttoria preliminare fornendone in modo esaustivo gli elementi, evitando cioè superficiali descrizioni e valutazioni meramente apodittiche.

    Dalla superiore disamina non è dubbio che tali principi debbano trovare puntuale applicazione con riguardo alla scelta amministrativa di costituire un nuovo soggetto societario o di acquisire la partecipazione in una società già esistente. Perplessità invece suscita una loro estensione.

    Formalmente, il Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica è rivolto alle sole società e non si applica alle fondazioni.

    La giurisprudenza contabile affrontato il tema dell’applicazione del Testo unico sulle società partecipate alle Fondazioni di partecipazione.

     

    1. Il dibattito della Corte dei conti

    Le fondazioni in via generale, non sono né destinatarie, né oggetto delle disposizioni del Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica.

    L’assenza di una disciplina organica per le fondazioni pubbliche ha portato la giurisprudenza contabile a interrogarsi sulla possibilità di applicare il Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica in via analogica o estensiva, soprattutto quando la fondazione presenti un contatto qualificato con la P.A., tale da configurare una forma di controllo pubblico.

    In tal senso si è pronunciata la Corte dei conti Sezione Regionale di Controllo per l’Emilia Romagna[16] in merito alla trasmissione della delibera di Consiglio comunale del Comune di Casalfiumanese avente ad oggetto la costituzione di una Fondazione di partecipazione per la gestione di una Comunità energetica rinnovabile.

    La Sezione ha osservato, che sebbene non vi sia un’esplicita estensione della norma alle Fondazioni, il ricorso a una fondazione da parte di un’amministrazione pubblica deve comunque poggiare su solide giustificazioni circa l’idoneità di tale forma organizzativa al perseguimento dei fini istituzionali. In altre parole, anche se l’art. 5 T.U.S.P. non è formalmente applicabile, i suoi principi – in particolare quelli relativi alla coerenza con le finalità istituzionali, alla sostenibilità economica e alla motivazione dell’atto costitutivo – devono essere rispettati ogniqualvolta una P.A. decida di costituire o partecipare a una Fondazione.

    In conclusione secondo la Sezione Regionale per l’Emilia Romagna il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, pur non disciplinando direttamente le fondazioni, potrebbe applicarsi in via analogica quando queste siano costituite da enti pubblici e svolgano attività di interesse generale con risorse pubbliche[17].

    Ad un approdo diverso perviene la Sezione di Controllo per la Regione Lombardia con la deliberazione 275/2025

    Il Comune di Pessano con Bornago ha trasmesso alla Corte la deliberazione del consiglio comunale n. 24 del 12 giugno 2025, di costituzione di una fondazione di partecipazione per la gestione di una comunità energetica rinnovabile, cui sono allegate le bozze dell’atto costitutivo e dello statuto della fondazione, e la «Relazione illustrativa della comunità energetica rinnovabile promossa da ATES SRL, richiedendo parere ai sensi dell’art 5, comma 3 del Dlgs 175/2016.

    Il Collegio chiarisce che preliminarmente va accertato se l’atto trasmesso rientri tra quelli per cui la Corte dei conti deve rendere il parere ex art. 5, ovvero se l’atto attenga alla costituzione di una società a partecipazione pubblica o all’acquisizione di una partecipazione societaria pubblica. Al riguardo la Sezione ricorda come abbia già avuto modo di affermare in molteplici occasioni [18] il principio secondo cui

    il Soggetto partecipato interessato dalla delibera di acquisizione o costituzione de[ve] necessariamente essere qualificabile come organismo di cui ai titoli V e VI, capo I, del libro V del codice civile (art. 2, comma 1 lettera l, del d.lgs. n. 175/2016).

    Nel caso in esame, invece, il Comune di Pessano con Bornago sottopone alla Sezione il provvedimento di costituzione di una fondazione di partecipazione.

    La Sezione di Controllo per la Lombardia addiviene pertanto alla conclusione dell’estraneità della fattispecie alla norma attributiva del potere, in quanto il provvedimento trasmesso attiene alla costituzione di una fondazione di partecipazione, ovvero di un soggetto giuridico estraneo al novero delle società contenuto nel Codice civile.

    I più recenti arresti giurisprudenziali di altre Sezioni di Controllo sembrano superare le perplessità sulla possibilità di una applicazione analogica del Testo Unico e definire la questione in ossequio ai principi ricordati dalla Sezione di Controllo per la Lombardia.

    La Sezione di Controllo della Sardegna[19] in una recentissima pronuncia ribadisce che la costituzione o comunque la partecipazione ad una fondazione da parte di un ente pubblico non rientra tra le operazioni per cui il legislatore ha richiesto il preventivo parere della Corte dei conti ai sensi dell’art. 5, come da ultimo novellato dal d. lgs. n. 118/ 2022.

    La Sezione chiarisce che è il medesimo Testo Unico a perimetrare e specificare il proprio ambito applicativo.

    In primis, all’art. 1, comma 1, in base al quale “Le disposizioni del presente decreto hanno a oggetto la costituzione di società da parte di amministrazioni pubbliche, nonché l’acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di tali amministrazioni, in società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta” e, quindì, all’art. 2, comma 1, lettera l), il quale stabilisce che per “società” debbano intendersi “gli organismi di cui ai titoli V e VI, capo I, del libro V del codice civile, anche aventi come oggetto sociale lo svolgimento di attività consortili( … )”. Ancora, l’art. 3, comma 1, Tusp, impone il rispetto di un vincolo tipologico per la partecipazione societaria pubblica, laddove recita: “Le amministrazioni pubbliche possono partecipare esclusivamente a società, anche consortili, costituite in forma di società per azioni o di società a responsabilità limitata, anche in forma cooperativa”.

    Al contrario, l’operazione sottoposta all’attenzione del Collegio riguardante una fondazione ovvero un soggetto giuridico disciplinato agli artt. 14 e ss. del Codice civile, non ricompreso tra gli “organismi di cui ai titoli V e VI, capo I, del libro V del Codice civile”, come prescritto dall’art. 2, comma 1, lettera 1) del Tusp.

    Inoltre precisa che dalle superiori argomentazioni, naturalmente, non discende che un ente pubblico non possa costituire una fondazione[20], bensì  la vita giuridica di una fondazione continua ad essere disciplinata dagli artt. 14 e ss. del Codice civile e da altre leggi speciali. Ricorda al riguardo, come lo stesso Tusp all’art. 1, comma 4, dispone: ”restano ferme”, tra l’altro, “b) le disposizioni di legge riguardanti la partecipazione delle amministrazioni pubbliche in enti associativi diversi dalle società e a fondazioni”.

     

    1. Conclusioni.

    La pronuncia della Sezione Lombardia 275/2025, unitamente alle pronunce rese in precedenza e puntualmente richiamate dalla Corte nel caso esaminato, nonchè  quelle rese successivamente da altre Sezioni, consentono di superare le perplessità in merito all’applicazione dell’art 5 del Dlgs 175/2016 alle fondazioni di partecipazione e definirne i limiti.

    Le Fondazioni di partecipazione rappresentano un modello organizzativo utile e flessibile per il perseguimento di finalità pubbliche.

    In assenza di una norma espressa attributiva del potere le Amministrazioni pubbliche che intendano costituire o partecipare a una fondazione pur dovendo motivare adeguatamente tale scelta, dimostrandone la coerenza con le proprie finalità istituzionali, valutandone la sostenibilità economico-finanziaria, non possono essere sottoposte al vaglio della Corte per mera analogia.

     

     

     

     

    [1] In tal senso E. BELLEZZA – F. FLORIAN, Le fondazioni di partecipazione, La Tribuna, 2006. p. 38-39, secondo i quali la fondazione di partecipazione «è contemplata proprio nella locuzione «altre istituzioni di carattere privato» che, in quanto previste nell’art. 12, sono ammesse al riconoscimento pure essendo necessariamente atipiche». L’articolo 12 è stato abrogato dall’art. 11, comma I, lett. a), D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361 e recepito all’art 1 del medesimo D.P.R.; NAPOLITANO G., Le fondazioni di origine pubblica: origine e regole, in Pubblico e privato nel diritto amministrativo, Milano, 2003.; A. ZOPPINI, Le fondazioni. Dalla tipicità alle  tipologie, Napoli, 1995, p. 90, per il quale «la spiegazione più convincente della formula che compare nella norma è essenzialmente di carattere storico: essa è stata pensata da un legislatore timoroso che enti insuscettibili di essere sussunti ai tipi nominati potessero così sottrarsi al riconoscimento … ».

    [2] Vale quindi anche con riguardo alle fondazioni il principio secondo cui la scelta, da parte di una amministrazione pubblica, di dar vita a una persona giuridica privata, o di modificarla o estinguerla è “una scelta organizzativa afferente al perseguimento dell’interesse pubblico” (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, sentenza 3 giugno 2011, n. 10).

    [3] La Corte dei conti – Sezione regionale di controllo per l’Emilia-Romagna con deliberazione n. 20/2024 ha anche chiarito che “l’ipotesi di una contribuzione a regime occorrente per colmare le perdite a cui la fondazione vada incontro e garantirne l’equilibrio economico-finanziario (…) non si concilia con l’istituto attivato dall’ente”, poiché ciò snaturerebbe la natura privatistica della fondazione, trasformandola di fatto in un soggetto pubblico.

    [4] Il fenomeno regolato ed incentivato dalla UE era già noto a livello internazionale come “community energy”, M. L. DE VIDOVICH, L. TRICARICO e M. ZULANIELLO, Community energy map. Una ricognizione delle prime esperienze di comunità energetiche rinnovabili, Milano, 2021, 17; G. PROIETTO, E. ROSSI SCARPA GREGORJ, Autoconsumo collettivo e comunità energetiche: prime riflessioni sul recepimento della Direttiva RED II (D. Lgs. 199/2021 e D.L. n. 17/2022), Management delle utilities e delle infrastrutture, 2022, 2, 58

    [5] Il legislatore italiano ha introdotto dapprima una disciplina transitoria delle CER, nelle more del completo recepimento della direttiva RED II. Le CER, dunque, sono state introdotte in Italia dal d.l. milleproroghe 30 dicembre 2019, n. 162 (convertito con la l. n. 28 febbraio 2020, n. 8) la disciplina delle CER, dichiaratamente sperimentale e transitoria, aveva ad oggetto Comunità di taglia piccola in cui la potenza degli impianti condivisi non poteva eccedere i 200KWh, e la finalità principale di contrastare il dilagante fenomeno della povertà energetica. La disciplina transitoria era attuata da parte di ARERA con la delibera 4 agosto 2020 318/2020/R/ee, e da parte del MISE con il d.m. 16 settembre 2020.

     

    [6] Nella delibera n. 654/2010/PAR della Sez. contr. Emilia-Romagna, si afferma che essa rappresenta “lo strumento moderno attraverso il quale un ente pubblico persegue uno scopo di pubblica utilità, nel tentativo di creare una partnership pubblico-privato”. Analogamente, la delibera n. 22/2019/PAR della Sez. Friuli-Venezia Giulia sottolinea la necessità di valutare attentamente la struttura statutaria e l’impatto economico-finanziario della fondazione sull’ente locale.

    [7] PRIMERANO G.A., Oneri di motivazione analitica in Codice delle società a partecipazione, a cura di G. MORBIDELLI, Giuffrè, 2018, pp. 199 e ss.; R. CAMPORESI “Profili economici degli oneri di motivazione analitica ed obblighi di dismissione” in “Le Società Pubbliche” a cura di Fimmanò, Catricalà, Cantone ed. 2020

    [8] Parere del Consiglio di Stato del 21 aprile 2016, n. 968, reso sullo schema di testo unico

    [9] Le amministrazioni pubbliche non possono, direttamente o indirettamente, costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né acquisire o mantenere partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. Nei limiti di cui al comma 1, le amministrazioni pubbliche possono, direttamente o indirettamente, costituire società e acquisire o mantenere partecipazioni in società esclusivamente per lo svolgimento delle attività sotto indicate:

    1. a) produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi;
    2. b) progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’articolo 193 del decreto legislativo n. 50 del 2016;
    3. c) realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato di cui all’articolo 180 del decreto legislativo n. 50 del 2016, con un imprenditore selezionato con le modalità di cui all’articolo 17, commi 1 e 2;
    4. d) autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento;
    5. e) servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 50 del 2016.

    [10] Ai fini di quanto previsto dal c. 3, per gli atti delle amministrazioni dello Stato e degli enti nazionali sono competenti le Sezioni Riunite in sede di controllo; per gli atti delle regioni e degli enti locali, nonché dei loro enti strumentali, delle università o delle altre istituzioni pubbliche di autonomia aventi sede nella regione, è competente la Sezione regionale di controllo; per gli atti degli enti assoggettati a controllo della Corte dei conti ai sensi della L. 21 marzo 1958, n. 259, è competente la Sezione del controllo sugli enti medesimi.

    [11] Modifica introdotta dall’art. 11, comma 1, lettera a), numeri 1) e 2), della legge n. 118 del 2022 Legge annuale

    Per il mercato e la concorrenza

    [12] In linea di principio la sostenibilità finanziaria attiene alla capacità dello strumento societario di attivare la gestione prospettica mantenendo un equilibrio economico finanziario e patrimoniale senza ricorso successivo dell’ente locale socio. Lo strumento di indagine cui farà riferimento la Corte dei conti sarà il Business Plan della società e l’obiettivo è quello di scongiurare sintomi patologici che non devono portare al c.d. “soccorso finanziario”, vietato ai sensi dell’art. 14 comma 5 del Tuspp. Diversamente la compatibilità ai principi di efficienza, efficacia ed economicità attiene alla verifica degli effetti che tale scelta potrebbe portare sull’equilibrio futuro del bilancio dell’ente .

    [13] cfr. Corte dei conti, Sezioni Riunite di Controllo, del. n. 16/SSRRCO/QMIG/2022

    [14] Corte cost., sentt. n. 86/2022 e n. 194 del 2020 “la finalità complessiva di coordinamento della finanza pubblica del T.U.S.P., [le cui norme configurano] parametri interposti [di coordinamento finanziario ex art. 117, c. 3, Cost.] sono anche teleologicamente orientati alla razionalizzazione e riduzione delle partecipazioni pubbliche nelle società, e pertanto intersecano profili di coordinamento finanziario e tutela del buon andamento della pubblica amministrazione”

    [15]cfr. Corte dei conti Sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna del. n. 32/2023 “il giudice deve estendere il suo sindacato in profondità, calandosi dentro il percorso argomentativo” valutando sia l’aspetto dei presupposti di fatto, sia il contenuto e la qualità dell’istruttoria compiuta, oltre che l’interpretazione e applicazione di leggi e regolamenti. Ciò sta a significare che il sindacato è diretto a cogliere “la logicità e la coerenza interna del giudizio formulato (…) ove la motivazione è volta a dare trasparenza alle decisioni, non solo in funzione dell’imparzialità dell’azione amministrativa, ma anche a salvaguardia dell’interesse pubblico”.

    [16] Corte dei conti Sezione Regionale di Controllo per l’Emilia Romagna del 84/2025

    [17] Cfr. Corte dei conti, Sezione Controllo Basilicata, del. n. 52/2017/PAR; Corte dei Conti, Sezione Veneto,  del. n. 130/2020/PAR, afferma che la coerenza della fondazione con le funzioni dell’ente locale è essenziale per evitare che risorse pubbliche siano destinate a finalità estranee, eludendo i vincoli di destinazione della spesa. Inoltre, ha ribadito che l’eventuale contribuzione pubblica non può diventare sistematica per coprire perdite, pena lo snaturamento della fondazione in uno “schermo privatistico” per l’esercizio di funzioni pubbliche.

    [18] Corte dei conti Sezione Controllo Lombardia deliberazioni n. 169/2023/PASP del 24 luglio 2023, 17/2023/

    PASP del 23 gennaio 2023 e 200/2022/PASP del 2 dicembre 2022

    [19] Corte dei conti Sezione di Controllo per la Regione Sardegna del. n. 162/2025/PASP

    [20] Corte dei conti, sez. Veneto, 28 maggio 2014, n. 345: “Dal punto di vista normativo – vale a dire sotto il profilo dei vincoli di finanza pubblica, non sono ravvisabili ostacoli alla partecipazione degli enti locali in fondazioni, sia essa il frutto della trasformazione di preesistenti organismi, anche associativi, sia la conseguenza della costituzione ex novo di tali soggetti giuridici”.

     

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