Tratto da: Sentenzeappalti 

Quando una gara può dirsi davvero “conosciuta” dagli operatori? Il semplice avviso di aggiudicazione basta per far partire il conto alla rovescia dei 30 giorni entro i quali è possibile impugnare l’esito della procedura? Oppure, come spesso accade nella pratica, tutto ruota intorno alla pubblicazione dell’offerta dell’aggiudicatario e dei verbali sulla piattaforma telematica?

 

Ha risposto a queste domande il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia che, con la sentenza n. 2348 del 24 ottobre 2025, è intervenuto su una problematica molto rilevante che riguarda la quasi totalità delle procedure digitali e che è notevolmente cambiata con la riforma del Codice dei contratti pubblici di cui al D.Lgs. n. 36/2023: la “conoscenza legale” dell’aggiudicazione e quali sono le responsabilità della stazione appaltante.

Il caso oggetto dell’intervento dei giudici di primo grado riguarda una gara di appalto suddiviso in dieci lotti per la manutenzione dei mezzi destinati alla raccolta rifiuti. Il lotto interessato dalla controversia prevedeva la manutenzione quadriennale di 16 autocompattatori e aveva attirato l’attenzione di undici operatori economici, con offerte piuttosto competitive.

L’aggiudicazione era stata adottata il 14 aprile 2025 e comunicata qualche giorno dopo ai sensi dell’art. 90 del Codice dei contratti. Sulla carta tutto sembrava procedere come previsto. Ma verificando la piattaforma digitale della gara emergeva un problema evidente: non risultavano pubblicati né l’offerta dell’aggiudicatario, né i verbali, né gli atti alla base dell’aggiudicazione.

Gli operatori secondi e terzi classificati hanno, quindi, iniziato a sollecitare la stazione appaltante, chiedendo la messa a disposizione dei documenti. Anche a metà maggio, però, il portale riportava ancora lo stato “in aggiudicazione”. Solo il 9 giugno 2025 la documentazione veniva finalmente caricata.

È a quel punto che le imprese decidevano di impugnare. L’amministrazione, però, rispondeva sostenendo che il termine dei 30 giorni fosse già scaduto, facendo decorrere tutto dalla comunicazione del 17 aprile. È da qui che nasce il cuore della questione.

Per capire perché il TAR non ha condiviso la tesi dell’amministrazione, basta guardare con attenzione alla logica delle norme coinvolte.

Cominciamo con l’art. 36 del Codice che non si limita a elencare i documenti da mettere online ma chiarisce che l’offerta dell’aggiudicatario, i verbali e tutti gli atti che hanno portato all’esito della gara devono essere resi disponibili sulla piattaforma insieme alla comunicazione dell’aggiudicazione. La ratio è molto semplice: la comunicazione serve a dire “abbiamo aggiudicato”, ma la piattaforma serve a far capire come e perché.

Non è un dettaglio formale. Nel sistema digitale del nuovo Codice, la pubblicazione non è un passaggio eventuale ma il punto in cui il concorrente acquisisce una conoscenza piena e verificabile dell’aggiudicazione.

Su questo innesto si colloca l’art. 120 del codice del processo amministrativo, che lega il termine dei 30 giorni proprio a quel momento. Il ricorrente deve poter leggere le offerte, vedere i verbali, verificare i punteggi e, finché questo non è possibile, il termine non può iniziare a decorrere.

A tutto ciò si aggiunge l’art. 5 del Codice dei contratti, che richiama i principi di buona fede e affidamento. Anche qui il messaggio è molto chiaro: la stazione appaltante deve comportarsi in modo trasparente e leale, evitando condotte che possano sviare o ritardare la conoscenza dei fatti da parte degli operatori. In un contesto in cui la piattaforma digitale è lo strumento centrale di comunicazione, un ritardo di settimane nella pubblicazione non può essere considerato neutro.

Letti insieme, questi articoli costruiscono un meccanismo molto lineare: comunicazione e pubblicazione devono camminare insieme, altrimenti l’aggiudicazione non è “conoscibile” nel senso voluto dal legislatore.

Partendo dal delineato quadro normativo appena descritto, la conclusione del TAR è evidente. I giudici amministrativi partono da un dato incontestabile: gli atti della gara sono stati pubblicati solo il 9 giugno, dopo oltre un mese e mezzo dalla comunicazione. Fino a quel momento gli operatori non avevano potuto vedere l’offerta dell’aggiudicatario né i verbali che avevano portato alla scelta.

Alla luce di questo dato evidente ed oggettivo:

  • il termine per impugnare non poteva decorrere dal 17 aprile, perché mancava la pubblicazione prevista dall’art. 36;
  • finché gli atti non sono resi disponibili sulla piattaforma, la conoscenza dell’aggiudicazione non è “piena” né “legale”;
  • ritardare per oltre due mesi un adempimento così essenziale è contrario alla buona fede e non può avvantaggiare la stazione appaltante;
  • la data utile da cui far decorrere il termine è il 9 giugno 2025.

Una conclusione netta che porta a ritenere i ricorsi tempestivi.

Il ragionamento del TAR si inserisce perfettamente nella logica del nuovo Codice. Il sistema digitale del D.Lgs. n. 36/2023 non è stato progettato per formalizzare attività già esistenti, ma per rendere trasparente e accessibile ogni passaggio della procedura.

La piattaforma telematica è il luogo in cui la gara “vive” e in cui gli operatori possono verificare la correttezza del procedimento. Finché l’offerta dell’aggiudicatario, i verbali e gli altri documenti non sono caricati, la procedura resta opaca. E senza trasparenza non c’è possibilità di difesa.

È interessante anche il ruolo dell’art. 5. Non è solo un principio ma un vero e proprio criterio operativo. Una stazione appaltante che ritarda la pubblicazione oltre due mesi, pur avendo comunicato l’aggiudicazione, preclude di fatto ai concorrenti la conoscenza necessaria a valutare l’esito della gara. È una condotta che interferisce con l’affidamento dei partecipanti e che il giudice non può ignorare.

La sentenza, in questo senso, segna una linea chiara: la pubblicazione non può diventare una variabile discrezionale ma è parte integrante del procedimento.

In conclusione, il TAR Sicilia ha dichiarato tempestivi i ricorsi e ha respinto le eccezioni della stazione appaltante. Il termine è iniziato a decorrere solo dal 9 giugno 2025, data della pubblicazione degli atti.

Il caso oggetto di questa sentenza contiene alcune utili informazioni operative per le stazioni appaltanti che, alla luce del nuovo sistema digitale previsto dal Codice dei contratti, devono:

  • pubblicare immediatamente gli atti di gara insieme alla comunicazione;
  • curare la gestione della piattaforma digitale come parte essenziale della procedura;
  • evitare ritardi ingiustificati che possano compromettere la stabilità dell’aggiudicazione;
  • considerare la buona fede come un parametro operativo, non astratto.

Altrettanto importanti sono le informazioni che possono essere utili agli operatori economici:

  • controllare regolarmente la piattaforma, non solo la PEC;
  • sollecitare la pubblicazione quando mancano i documenti;
  • impugnare quando la conoscenza è effettiva, non “presunta”;
  • documentare ogni passaggio (richieste, solleciti, comunicazioni).
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