Tratto da:  Lavori Pubblici 

 

Quando un operatore economico presenta una proposta di partenariato pubblico-privato, qual è il primo passo che l’amministrazione è chiamata a compiere? Cosa significa, in concreto, verificare l’“interesse pubblico” previsto dal Codice dei contratti? È sufficiente una valutazione dell’ufficio tecnico o la norma richiede competenze più articolate? E la decisione va formalizzata con un atto proprio oppure no?

A intervenire sulla fase preliminare di una proposta di PPP, chiarendo come applicare correttamente l’istituto, è il MIT con il parere del 19 novembre 2025, n. 3824, che offre una lettura puntuale della ratio dell’art. 193, comma 4 del nuovo Codice Appalti (d.Lgs. n. 36/2023).

 

Il quesito proposto al Supporto Giuridico riguarda l’esatto significato della verifica preliminare dell’interesse pubblico nelle proposte di project financing su iniziativa del promotore privato.

La norma richiede che, prima ancora di approfondire la fattibilità tecnico-economica, l’amministrazione accerti l’esistenza di un interesse pubblico concreto e attuale.

È un passaggio apparentemente preliminare, ma in realtà decisivo: serve a selezionare le iniziative realmente utili e coerenti con la programmazione dell’ente, evitando che progetti privi di adeguata utilità collettiva impegnino risorse amministrative in istruttorie lunghe, complesse e costose.

Il legislatore, con il nuovo Codice, ha chiarito che il partenariato pubblico-privato non può diventare una scorciatoia per inserire interventi non presenti nelle strategie dell’amministrazione. La proposta deve quindi essere valutata alla luce dei bisogni del territorio, degli strumenti programmatori (DUP, programmazione triennale) e degli obiettivi dell’ente. È un controllo di coerenza strategica prima ancora che tecnica.

Il parere del MIT chiarisce che questa verifica non coincide con la valutazione di fattibilità, ma ha una funzione autonoma e distinta: è un filtro sostanziale sull’allineamento tra proposta e indirizzi dell’amministrazione.

Si tratta di un’attività che va svolta in modo trasparente e motivato, e che si conclude con un provvedimento espresso, normalmente adottato dalla dirigenza tecnica. La sua natura non è meramente formale, perché rappresenta il primo passo di una scelta programmatoria.

Secondo il supporto giuridico, la verifica ha l’obiettivo di valutare l’utilità e la coerenza della proposta rispetto ai bisogni collettivi dell’ente. Non costituisce una mini-fattibilità né anticipa l’analisi del PEF, ma serve a capire se l’idea proposta merita di essere istruita in modo più approfondito.

L’amministrazione deve considerare la capacità della proposta di rispondere a fabbisogni pubblici reali, la compatibilità con la programmazione vigente e l’assenza di ostacoli giuridici o amministrativi. Nei progetti più impegnativi, è opportuno esaminare anche la complessità tecnologica, gli aspetti gestionali e la sostenibilità nel tempo.

In questa fase, ciò che si misura non è tanto la fattibilità tecnica, quanto la “ragionevolezza pubblica” dell’iniziativa: la sua capacità di diventare un tassello coerente delle politiche di investimento dell’ente.

Uno degli aspetti più significativi chiariti dal MIT riguarda le competenze necessarie.

L’ente può certamente svolgere la verifica in autonomia, ma ciò non significa che una semplice nota dell’ufficio tecnico sia sufficiente. Il partenariato è una materia multidisciplinare, che richiede competenze giuridiche, tecniche, economico-finanziarie e gestionali.

Per i progetti complessi o di grande rilevanza economica, il MIT suggerisce il coinvolgimento di professionalità specialistiche, interne o esterne. La valutazione costi-benefici, ad esempio, è considerata un passaggio imprescindibile e va affrontata con criteri oggettivi, trasparenti e metodologicamente fondati.

L’istruttoria viene predisposta dal responsabile del procedimento ai sensi della legge n. 241/1990, mentre la decisione conclusiva spetta, di regola, alla dirigenza tecnica. Anche questo conferma la natura sostanziale del procedimento.

Conclude il MIT specificando che la verifica dell’interesse pubblico termina sempre con un atto amministrativo espresso, motivato e pubblicato.

Non si tratta di una semplice fase istruttoria o di un appunto interno, ma di un provvedimento autonomo con responsabilità ed effetti propri.

È il momento in cui l’amministrazione assume ufficialmente la decisione di procedere (o meno) alla fase successiva, quella della valutazione di fattibilità tecnico-economica e dell’eventuale inserimento in programmazione.

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