Il TAR Potenza, con la sentenza 487/2025, chiarisce un aspetto importante in riferimento al cumulo alla rinfusa: esso non è applicabile agli appalti relativi ai beni culturali. Nel caso specifico, il Consorzio aveva indicato come imprese esecutrici due consorziate in possesso della qualificazione SOA nella categoria OG2 (restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela), rispettivamente con le classifiche III bis e III. Tali qualifiche non consentivano tuttavia di coprire integralmente l’importo dei lavori richiesti, quindi, l’appalto non poteva essere eseguito integralmente.
Il Tribunale ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai sensi dell’art. 67, comma 4, del D.Lgs. 36/2023, il cumulo alla rinfusa – che permette ai consorzi stabili di sommare i requisiti posseduti dalle proprie consorziate, anche se non esecutrici – non è applicabile agli appalti riguardanti beni culturali. In tali casi, infatti, gli artt. 132 e 133 del Codice dei contratti e l’Allegato II.18 impongono che la qualificazione sia direttamente e integralmente posseduta dalle imprese che eseguono i lavori, senza possibilità di utilizzare i requisiti maturati da altri soggetti del consorzio.
Il TAR ha inoltre osservato che il certificato SOA prodotto non dimostrava il possesso, da parte del Consorzio, della qualificazione OG2 classifica V maturata attraverso appalti eseguiti in proprio, come richiesto anche dal Comunicato ANAC del 28 maggio 2025. È il Consorzio, infatti, a dover provare di aver conseguito autonomamente la qualificazione nelle categorie e classifiche previste dal bando.
La decisione ha anche confermato la legittimità del disciplinare di gara, che impone – conformemente alla sentenza della Corte costituzionale n. 91/2022 – che i requisiti siano posseduti dal Consorzio, se esegue direttamente, o dalle imprese designate per l’esecuzione.
Il giudice ha infine rilevato ulteriori irregolarità: il Consorzio non aveva dichiarato in modo puntuale le lavorazioni da subappaltare, come previsto dal disciplinare, né poteva modificare la composizione soggettiva delle imprese designate dopo la presentazione dell’offerta, in violazione dell’art. 7 del disciplinare e delle disposizioni del D.Lgs. 36/2023.

