Territorio e autonomie locali 6 Novembre, 2025
 
Categoria 13 Status degli Amministratori Locali
 
Sintesi/Massima Il mandato di consigliere comunale non è compatibile con la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione della S.p.a. che gestisce il servizio di fornitura e distribuzione di gas, sulla base di una convenzione stipulata con l’ente locale.
Testo

(Parere prot. 2870 del 27.01.2025). È stato chiesto di conoscere l’orientamento di questo Ministero riguardo alla contestabilità della causa di incompatibilità, di cui all’articolo 63, comma 1 n. 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000 n.267 in capo al consigliere comunale che risulta ricoprire la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione della S.p.a. che detiene la concessione del pubblico servizio di distribuzione del gas su l’intero territorio comunale, dietro il versamento di un canone annuale all’ente locale, a titolo di corrispettivo. Tanto premesso, in punto di diritto, si osserva che le cause ostative all’espletamento del mandato elettivo si individuano nell’articolo 63 del decreto legislativo 267 del 2000 (TUOEL). In particolare, secondo le previsioni normative di cui all’art.63, comma primo, n.2 del TUOEL: “Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale: (…) colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell’interesse del comune o della provincia, ovvero in società ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in forza di una legge dello Stato o della regione”. L’istituto della incompatibilità risponde al fine di assicurare un corretto adempimento del mandato elettivo sotto il profilo del buon andamento e dell’imparzialità dell’amministrazione. Esso disciplina le cc.dd. “incompatibilità d’interessi”, le quali mirano ad impedire che possano candidarsi all’esercizio delle funzioni della carica elettiva soggetti portatori di interessi contrastanti con quelli del comune o che si trovino comunque in condizioni che ne possano compromettere l’imparzialità (Corte Costituzionale, sentenza 20 febbraio 1997, n 44). Come già evidenziato nel parere fornito da questo Ministero in data 13 maggio 2022 (pubblicato nella sezione dedicata del sito internet istituzionale del Ministero dell’Interno), l’ipotesi contemplata dal comma 1, n. 2, del menzionato art.63, si basa su un duplice presupposto: il primo di natura soggettiva ed il secondo di natura oggettiva. Sul piano soggettivo, è necessario che l’interessato rivesta la qualità di “titolare” (ad esempio, di impresa individuale), di “amministratore” (ad esempio, di società di persone o di capitali) ovvero di “dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento”. In sostanza, le qualità soggettive individuate rimandano a cariche legittimanti poteri gestionali e decisionali. Inoltre, afferma la Corte di Cassazione che il legislatore, definendo le modalità di partecipazione al servizio, attraverso l’utilizzo degli avverbi “direttamente o indirettamente” – abbia voluto rafforzare l’effettività della norma, limitando l’esercizio del diritto di elettorato passivo non soltanto al soggetto per il quale il conflitto di interessi sia immediatamente e formalmente riferibile, in quanto titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ma anche al soggetto considerato “ “reale” portatore dell’interesse “particolare”, potenzialmente confliggente con quelli “generali”, connessi all’esercizio della carica elettiva” (Cass. Civ., sez. I, sentenza 16 gennaio 2004, n. 550, cit.). Dal punto di vista oggettivo, è necessario che l’amministratore locale, rivestito di tali qualità, abbia parte in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell’interesse del comune. La locuzione “aver parte” allude alla contrapposizione tra interesse “particolare” del soggetto ed interesse “generale” del comune, in relazione alle funzioni attribuitegli e quindi ad una situazione di potenziale conflitto di interessi del predetto soggetto, rispetto all’esercizio imparziale del mandato. Comprende anche forme di partecipazione eterogenee, essendo irrilevante la natura, pubblicistica o privatistica, dello strumento prescelto dall’ente locale per la realizzazione delle proprie finalità istituzionali. L’espressione “servizi” non allude soltanto ai “servizi pubblici” locali, come sono tradizionalmente intesi, gestiti in proprio dall’ente locale o affidati alla gestione di altri soggetti, pubblici o privati ma comprende, appunto, qualsiasi tipo di servizio svolto “nell’interesse del comune”. La formulazione assai ampia della disposizione di cui all’art. 63, comma I, n. 2, con riferimento alla espressione “servizi”, è giustificata dalla ratio alla quale si ispira, che intende comprendere in essa ogni tipologia di attività “che l’ente locale, nell’ambito dei propri compiti istituzionali e mediante l’esercizio dei poteri normativi ed amministrativi attribuitigli, fa e considera proprie. In altri termini, il servizio nell’interesse del Comune, e in questo senso, pubblico, può comprendere una qualsiasi attività istituzionale del Comune (o una fase di essa, organizzata in servizio, nella misura in cui, di norma, non sia implicato l’esercizio di poteri autoritativi dell’ente locale” (Cass. Civ. sez. I, sentenza 16 gennaio 2004, n.550). Altrettanto ampia deve ritenersi la categoria dell’esazione di diritti e della somministrazione o appalti svolti in favore dell’ente. La suddetta causa di incompatibilità riguarda “tutti coloro che abbiano posto in essere con il comune un rapporto giuridico, con carattere di relativa durata, in virtù del quale essi siano tenuti ad effettuare al comune, o a terzi nell’interesse o per conto del comune, prestazioni ripetentesi nel tempo in modo che si determini un conflitto, sia pure potenziale, fra i propri interessi e quelli dell’ente nel corso dell’adempimento degli obblighi rispettivamente assunti” (Corte d’Appello Campobasso, Sent. 27 gennaio 2011, n.7). Orbene, il servizio di fornitura e distribuzione di gas rientra chiaramente nella nozione di “servizio” come sopra delineato, pertanto, per quanto rappresentato, si ritiene che il mandato di consigliere comunale non sia compatibile con la carica di Presidente del Consiglio di Amministrazione di una società che gestisce il suddetto servizio, sulla base di una convenzione stipulata con l’ente locale.In tal senso depongono sia le linee ermeneutiche fornite dalle pronunce giurisprudenziali sia la ratio della prospettata fattispecie d’incompatibilità.
 

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