tratto da biblus.acca.it

Quale normativa applicare di fronte ad un atto di estensione di contratto? Il vecchio o il nuovo codice? La gestione delle proroghe contrattuali è un tema molto discusso in ambito di appalti pubblici, tema di cui si è occupato anche il Consiglio di Stato nella sentenza 8082/2025.

Tra vecchio e nuovo codice: le proroghe contrattuali

Il D.Lgs. 50/2016 disciplinava le proroghe contrattuali con l’art. 106, comma 11, mentre il D.lgs. 36/2023 ha introdotto nuove regole con l’art. 120, ridefinendo i limiti e i presupposti dell’istituto. Il Consiglio di Stato chiarisce che ogni proroga costituisce un autonomo esercizio del potere amministrativo, che deve essere valutato secondo la normativa vigente al momento della sua adozione, applicando il principio generale del tempus regit actum.

Il caso specifico

La vicenda in oggetto riguarda un Comune che, dopo l’annullamento di una gara bandita nel giugno 2023 (soggetta al vecchio Codice), aveva deciso di riaffidare temporaneamente il servizio al gestore uscente nell’agosto 2024, qualificando l’atto come “proroga tecnica”. Il TAR Lazio aveva annullato la proroga, ritenendo che non si trattava di una semplice continuazione del contratto precedente, bensì di una reale rinegoziazione: pertanto mancavano i presupposti per considerare il nuovo rapporto come una semplice “proroga tecnica”, modificando anche le condizioni economiche, inclusa la riduzione del corrispettivo. Inoltre, il rinnovo contrattuale era stato effettuato tramite trattativa privata, in palese violazione delle norme sull’evidenza pubblica. Per tali motivi, il ricorso è stato accolto e l’atto di riaffidamento del servizio è stato annullato.

Il gestore uscente aveva impugnato la decisione sostenendo che la proroga dovesse essere valutata secondo l’art. 106 del D.Lgs. 50/2016, collegandola alla precedente estensione concessa prima del 1° luglio 2023.

Tempus regit actum

Il Consiglio di Stato stabilisce che, a seguito dell’annullamento giurisdizionale di un procedimento, il riesercizio del potere amministrativo deve soggiacere alla normativa ratione temporis vigente al momento del suo esercizio. Richiama, poi, l’art. 226, comma 2, del D.Lgs. 36/2023, che stabilisce la continuazione dell’applicazione del vecchio Codice solo per i procedimenti in corso, cioè le gare bandite prima del 1° luglio 2023. Tuttavia, ha chiarito che la proroga tecnica successiva non rientra nella prosecuzione automatica del contratto originario, ma costituisce un nuovo provvedimento amministrativo, soggetto ad una valutazione autonoma dei presupposti legali. Da questo deriva che ogni proroga adottata dopo il 1° luglio 2023 deve rispettare i requisiti dell’art. 120 del nuovo Codice e non quelli dell’abrogato art. 106 del D.Lgs. 50/2016.

Le caratteristiche della proroga tecnica

Secondo il Consiglio di Stato, la proroga tecnica è un istituto eccezionale e ammissibile solo se sussistono condizioni precise:

  • durata temporanea e limitata, strettamente necessaria a garantire la continuità del servizio;
  • finalità di consentire l’espletamento di una nuova gara, senza sostituirla;
  • identità delle condizioni contrattuali rispetto all’appalto originario;
  • assenza di colpa o inerzia della stazione appaltante nel ritardo della nuova procedura.

In ogni caso, la proroga non può comportare modifiche economiche, nemmeno se favorevoli alla Pubblica Amministrazione. L’art. 120, comma 11, del nuovo Codice richiede il mantenimento delle condizioni contrattuali originarie, per preservare la parità concorrenziale e la natura eccezionale della proroga.

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