tratto da biblus.acca.it

La disciplina della tutela paesaggistica nel nostro ordinamento è fortemente articolata e trova una delle sue norme fondamentali nell’articolo 146, comma 6, del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, noto anche come Codice dei beni culturali e del paesaggio. Questo articolo sancisce espressamente la necessità di una netta separazione tra le funzioni di autorizzazione paesaggistica e le attività di natura urbanistico-edilizia, al fine di preservare l’autonomia e l’efficacia della tutela ambientale.

Tuttavia, tradurre questo principio in prassi amministrativa, soprattutto nei piccoli Comuni, può risultare complesso. La sfida consiste nel conciliare l’esigenza di differenziare rigorosamente le competenze senza generare inutili duplicazioni burocratiche. L’approfondimento che segue intende esplorare gli aspetti più critici e le interpretazioni giurisprudenziali di questo delicato equilibrio, offrendo spunti utili per amministratori, tecnici e operatori del settore.

Scopriamo insieme i chiarimenti che giungono in merito dalla sentenza n. 5539/2025 del Consiglio di Stato.

Autorizzazioni paesaggistiche e permessi edilizi: fino a che punto è necessaria anche la distinzione dei relativi uffici?

I ricorrenti originari, proprietari di un’abitazione, si sono opposti ad un intervento autorizzato dai vicini riguardante il recupero, ampliamento e modifica di un vecchio fienile, adiacente alla loro proprietà. Precedentemente, i ricorrenti avevano già contestato un permesso di costruire e un’autorizzazione paesaggistica rilasciati per lavori simili, che erano stati annullati con sentenza TAR in quanto il cambio di destinazione d’uso da agricolo a residenziale risultava vietato e gli ampliamenti eccedevano i limiti volumetrici consentiti.

Successivamente, i proprietari del fienile hanno ottenuto nuovi titoli edilizi e paesaggistici: un permesso in sanatoria per interventi precedentemente realizzati e un permesso per nuovi lavori, mirati a mantenere la destinazione d’uso a magazzino, ampliando l’edificio nei limiti consentiti e apportando modifiche tra cui la scala esterna e un porticato. I vicini hanno nuovamente impugnato tali atti con nuovo ricorso al TAR, contestandone la legittimità sotto vari profili, tra cui viene altresì denunciata la violazione del principio di separazione delle funzioni paesaggistica e urbanistico-edilizia, in quanto, secondo loro, il Comune non ha predisposto strutture idonee a garantire la separazione degli incarichi.

Il Tar ha accolto nuovamente il ricorso e, tra i motivi di accoglimento, i giudici hanno “ritenuto fondato il secondo motivo aggiunto, volto a censurare l’unicità dell’organo che ha rilasciato l’autorizzazione paesaggistica sia quella edilizia, ritenendo integrata la violazione dell’art. 146, co. 6, d.lgs. 42/2004, che sancisce il principio della separazione delle funzioni paesaggistica e urbanistico-edilizia“.

I proprietari del fienile, infine, si sono appellati ai giudici di Palazzo Spada.

Tralasciando tutte le motivazioni più direttamente legate ai titoli edilizi e al presunto cambio di destinazione d’uso del fienile, gli appellanti sostengono che il Tribunale Amministrativo Regionale non abbia tenuto conto del fatto che la Regione ha emanato una disposizione specifica volta a garantire la separazione tra le funzioni paesaggistiche e urbanistico-edilizie, prevedendo la designazione di due distinti responsabili per i rispettivi procedimenti. Inoltre, evidenziano come tale prescrizione sia stata integralmente rispettata dal Comune, ente di dimensioni ridotte, per il quale non è ragionevole pretendere l’istituzione di un ufficio dedicato esclusivamente alla tutela del paesaggio.

Gli appellati evidenziano, invece, che i provvedimenti urbanistici ed edilizi sono stati sottoscritti dallo stesso funzionario, vale a dire il dirigente del settore urbanistica, al quale fanno capo entrambi i responsabili coinvolti. Del resto, questo dirigente ricopre anche la carica di presidente della commissione edilizia che ha espresso i pareri preliminari necessari al rilascio dei permessi di costruire.

Inoltre, sottolineano che la persona incaricata dei procedimenti di autorizzazione paesaggistica svolge contemporaneamente il ruolo di segretario della stessa commissione edilizia.

CdS: la separazione tra funzioni paesaggistiche e urbanistico-edilizie si garantisce attraverso autonome istruttorie e responsabili distinti, anche senza duplicazione fisica di uffici, purché sia assicurata l’indipendenza valutativa di ciascuna funzione

I giudici di Palazzo Spada premettono che secondo quanto stabilito dall’articolo 146, comma 6, del Decreto Legislativo n. 42 del 2004, le Regioni hanno la possibilità di delegare ai Comuni l’esercizio delle funzioni di autorizzazione in materia paesaggistica, purché tali enti dispongano di strutture organizzative che garantiscano una chiara distinzione tra le attività di tutela paesaggistica e quelle relative all’esercizio delle funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia.

Questa disposizione sancisce il principio fondamentale della separazione tra le funzioni di natura paesaggistica, da un lato, e quelle urbanistico-edilizie, dall’altro. Tale principio si fonda sull’esigenza di evitare che la valutazione urbanistica possa interferire con l’autonomia della valutazione paesaggistica, riconosciuta come funzione superiore e delegata (come confermato dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, Sezione VI, 5 giugno 2015, n. 2784).

Ma i giudici spiegano che pur essendo oggetto di interpretazioni diverse in sede giurisprudenziale — alcune delle quali più rigorose, imponendo una divisione fisica tra uffici e soggetti incaricati —, prevale una lettura che cerca di coniugare il valore della norma con le oggettive difficoltà organizzative tipiche dei piccoli Comuni. In questa prospettiva, la distinzione prevista riguarda la sostanza delle attività e delle valutazioni, dovendo assicurare la separazione dei procedimenti. Non è quindi necessario che vi sia una separazione totale dei settori o uffici o che vi sia la distinzione soggettiva dei responsabili apicali, soprattutto in realtà locali di dimensioni contenute.

In ogni caso, pur essendo auspicabile la differenziazione tra i soggetti titolari delle competenze amministrative, in assenza di una norma che stabilisca una incompatibilità soggettiva specifica, si preferisce un’interpretazione conforme all’autonomia e alle limitazioni organizzative dei piccoli Enti locali: la differenziazione deve almeno essere assicurata a livello istruttorio e/o di responsabile del procedimento, al fine di garantire, nella sostanza, l’acquisizione di adeguato e autonomo apporto conoscitivo rispetto alla valutazione ambientale (cfr. Cons. Stato, Sez. VII, 14 aprile 2023, n. 3414; Id., Sez. VI, 7 febbraio 2024; Id., Sez. II, 18 marzo 2024, n. 2613).

La separazione deve essere garantita almeno a livello istruttorio o tramite la nomina di un responsabile del procedimento differente, ciò al fine di assicurare un apporto conoscitivo adeguato e autonomo nella valutazione ambientale.

In questo contesto, la normativa regionale (Liguria) del caso risulta pienamente conforme alle esigenze richiamate dall’articolo 146, comma 6, poiché prevede che i Comuni, cui sono delegate le funzioni in materia di autorizzazioni paesaggistiche, debbano dotarsi di un responsabile tecnico specifico per i procedimenti paesaggistici, distinto da quello che cura gli sportelli unici edilizia (SUE) e attività produttive (SUAP), come previsto dall’articolo 9 della legge regionale Liguria n. 13/2014.

Nel caso specifico, il principio di separazione delle funzioni è stato osservato correttamente, poiché il Comune ha identificato responsabili distinti per i procedimenti di autorizzazione paesaggistica da una parte e per i permessi di costruire dall’altra. Le istruttorie sono state condotte autonomamente, senza alcuna commistione nelle valutazioni.

A tal riguardo: non rileva che i responsabili facciano capo a un medesimo settore comunale e quindi a uno stesso dirigente, né, tantomeno, che il dirigente in questione e il responsabile del procedimento di autorizzazione paesaggistica collaborino nell’ambito della commissione edilizia, poiché ciò che conta è la divaricazione oggettiva dell’attività e non quella soggettiva degli organi (per un precedente analogo, parimenti afferente alla regione Liguria, cfr. Cons. Stato, Sez. VII, 14 aprile 2023, n. 3414).

non assume rilievo il fatto che i responsabili dipendano dallo stesso settore comunale o che vengano coordinati dallo stesso dirigente né che questi collaborino nell’ambito della commissione edilizia. Ciò che conta, infatti, è la reale separazione oggettiva delle attività svolte, non una separazione soggettiva degli organi coinvolti.

Il ricorso è, quindi, accolto.

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