tratto da biblus.acca.it

La pronuncia del Consiglio di Stato 6616/2025 affronta un tema di grande rilevanza per lo sviluppo delle energie rinnovabili: il rapporto tra i termini perentori previsti dalla normativa sulla Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e i criteri di priorità introdotti per la trattazione dei progetti di maggiore potenza. Il caso esamina il ricorso di una società che aveva presentato istanza per la realizzazione di un impianto agrivoltaico e si è scontrata con l’inerzia ministeriale, ritenuta giustificata dal criterio della “maggiore potenza”.

Il caso

Nel gennaio 2022, una società ha presentato al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica una richiesta per ottenere il provvedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA) relativo alla realizzazione di un impianto agrivoltaico con una potenza di 19,97 MW, comprensivo delle opere di connessione. Tale progetto rientra tra i progetti attuativi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), come individuati nell’allegato I-bis del D.lgs. 152/2006, e ricade sotto la competenza della Commissione tecnica PNRR-PNIEC ai sensi dell’art. 8, comma 2-bis, dello stesso decreto (c.d. Codice dell’Ambiente).

Con ricorso di primo grado notificato, la società ha impugnato il silenzio del Ministero dell’Ambiente e del Ministero della Cultura, ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a. Il T.A.R. per la Basilicata ha respinto il ricorso con sentenza n. 504/ 2024, stabilendo che:

  • l’art. 8, comma 1, del Codice dell’Ambiente ha sostituito il criterio cronologico nella trattazione dei progetti con quello della maggiore potenza degli impianti;
  • questa scelta legislativa non richiede ulteriori disposizioni attuative;
  • il criterio della maggiore potenza prevale sulla perentorietà dei termini prevista dall’art. 27, comma 8, D.Lgs. n. 152/2006;
  • l’art. 8, comma 1, è coerente con l’art. 3, comma 1, del Regolamento Europeo n. 2577/2022, entrato in vigore il 31 dicembre 2022.

La questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 è stata ritenuta manifestamente infondata, poiché genericamente proposta dalla società senza indicare alcun contrasto con articoli della Costituzione.

Con un unico motivo di appello, la società ha contestato il rigetto del ricorso, richiamando orientamenti contrari di questa Sezione (Cons. Stato, sez. IV, 4 e 6 dicembre 2024, nn. 9737 e 9777) e reiterando, ove necessario, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 1, del Codice dell’Ambiente rispetto agli artt. 24, 97 e 113 della Costituzione. Ha inoltre riproposto motivi di primo grado non esaminati.

L’amministrazione resistente ha chiesto il rigetto dell’appello, sostenendo che le modifiche normative intervenute durante il giudizio confermano le proprie ragioni.

La controversia riguarda l’interpretazione dell’art. 8, comma 1, del Codice dell’Ambiente (nella versione vigente ratione temporis), in particolare:

  • il criterio di precedenza per la valutazione dei progetti con rilevante impatto economico, occupazionale o con autorizzazioni in scadenza (quarto periodo, introdotto dal d.l. 31 maggio 2021, n. 77);
  • il criterio di priorità per i progetti attuativi del PNIEC aventi “maggiore valore di potenza” installata o trasportata (quinto periodo, introdotto dal d.l. 1° marzo 2022, n. 17, come modificato dalla legge 27 aprile 2022, n. 34).

Secondo il Ministero resistente, tesi recepita dal primo giudice, il termine di conclusione del procedimento per i progetti di minor potenza (come quello di 19,97 MW) sarebbe “sospeso” in quanto la norma darebbe priorità ai progetti di maggiore potenza (soglia indicata dal Ministero: 70 MW). In tal modo, l’amministrazione non sarebbe responsabile di eventuali ritardi per progetti non prioritari. Questa tesi non può essere condivisa, in base all’orientamento consolidato del Consiglio di Stato (Cons. Stato, sez. IV, 4 e 6 dicembre 2024, nn. 9737, 9777, 9791; sez. IV, 22 aprile 2025, n. 3465).

termini del procedimento VIA sono perentori (art. 25, comma 7, cod. ambiente) e non possono essere derogati se non da leggi successive che lo dispongano espressamente (art. 3-bis, comma 3, cod. ambiente). L’introduzione di un criterio di priorità non implica una sospensione dei termini, come confermato anche dalle modifiche legislative successive (D.L. 153/2024, convertito in Legge 191/2024).

Non è corretto sostenere che, per i progetti PNIEC, i termini possano diventare ordinatori a causa della mancata menzione nella novella normativa: un termine perentorio resta tale anche in assenza di riferimento esplicito. La modifica normativa ha solo chiarito quanto già previsto dal sistema vigente.

Quali sono i progetti prioritari?

Il criterio di priorità basato sul concetto generico di “maggiore valore di potenza” è insufficiente a derogare alla perentorietà dei termini. La nozione è indeterminata e non può incidere sulle conseguenze derivanti dal mancato rispetto dei termini, come rimborsi economici, attivazione di poteri sostitutivi, responsabilità dei dirigenti e risarcimento del danno. Una diversa interpretazione sarebbe anche incompatibile con i principi di buona amministrazione (art. 41 Carta dei diritti fondamentali UE) e buon andamento (art. 97 Cost.).

Il D.L. 153/2024 ha chiarito il criterio di priorità, specificando i progetti da considerare prioritari in base a: affidabilità tecnica ed economica, contributo alla decarbonizzazione PNIEC, rilevanza per il PNRR, valorizzazione di opere esistenti. È stata inoltre introdotta una disciplina transitoria (comma 1-bis, art. 8) che definisce specifiche categorie di progetti prioritari, tra cui:

  • interventi su impianti eolici o solari,
  • progetti fotovoltaici e agrivoltaici ≥ 50 MW,
  • progetti eolici on-shore ≥ 70 MW.

Ulteriori novità legislative (D.L. 19/2025 convertito in legge n. 60/2025) hanno previsto priorità anche per impianti rinnovabili soggetti ad autorizzazione unica statale, con soglia di potenza ≥ 300 MW.

Quando è valido il criterio di maggiore valore di potenza?

Alla data della vicenda, il criterio di “maggiore valore di potenza” rimaneva generico. Nel caso specifico, l’amministrazione ha fissato una soglia empirica di 70 MW, ma il criterio ha solo funzione interna di gestione, senza derogare ai termini di conclusione dei procedimenti per i progetti non prioritari.

Le difficoltà organizzative degli uffici non giustificano ritardi, in quanto rilevano solo ai fini della responsabilità dei singoli funzionari o dirigenti (art. 10-bis, legge n. 241/1990). Per potenziare la capacità amministrativa, il legislatore ha previsto incarichi aggiuntivi e possibilità di assegnazione di progetti tra Commissioni VIA-VAS e PNRR-PNIEC (art. 8, comma 2-novies, cod. ambiente).

In conclusione, essendo accertato il mancato rispetto dei termini perentori per la conclusione del procedimento VIA e non potendo giustificarsi con il criterio di priorità o con difficoltà organizzative interne, il ritardo del Ministero dell’Ambiente è illegittimo.

Pertanto, l’appello deve essere accolto e il Ministero è ordinato a concludere il procedimento entro 30 giorni dalla notifica della sentenza, adottando un provvedimento espresso sull’istanza della società.

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