È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.M. 11/09/2025, che introduce significative modifiche all’allegato 1 del D.M. 05/08/2024 sui CAM per l’affidamento del servizio di progettazione ed esecuzione dei lavori di costruzione, manutenzione e adeguamento delle infrastrutture stradali (CAM Strade).
Il decreto – in vigore il 24 settembre 2025 – nasce dalla necessità di correggere alcuni errori materiali e integrare diversi criteri dell’allegato tecnico al decreto ministeriale originale. Vengono inoltre recepite le istanze di stazioni appaltanti e operatori del settore volte a migliorare l’efficacia di uno strumento da tutti gli stakeholders ritenuto strategico per promuovere l’economia circolare nella realizzazione delle infrastrutture viarie.
Appena disponibile, forniremo il testo del D.M. 05/08/2024 e il relativo Allegato tecnico aggiornati al D.M. 11/09/2025.
Tra le principali modifiche introdotte figurano semplificazioni di natura operativa, chiarimenti tecnici e importanti adeguamenti (come quello al nuovo Regolamento “End of waste”), come la revisione delle soglie minime di materiali riciclati nei conglomerati bituminosi.
È previsto inoltre un rinvio temporaneo per alcuni requisiti tecnici più complessi, insieme a nuove indicazioni sull’utilizzo di fonti energetiche alternative nei processi produttivi, con un’attenzione particolare alla valorizzazione dei biocarburanti.
Altre novità riguardano la definizione dei prodotti da costruzione (che fa riferimento all’art. 3 del regolamento (Ue) 2024/3110 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2024, che fissa norme armonizzate per la commercializzazione) e l’applicazione del nuovo decreto ai procedimenti in corso.
Cosa prevedono i CAM Strade
Ricordiamo che i CAM Strade – entrati ufficialmente in vigore il 21 dicembre 2024 – introducono criteri ambientali obbligatori per l’affidamento di servizi di progettazione e lavori relativi alla costruzione, manutenzione e adeguamento delle infrastrutture stradali.
I criteri si fondano sui principi dell’economia circolare e sulla sostenibilità ambientale, in linea con il Green Deal europeo e con gli obiettivi stabiliti dal Regolamento (UE) 2020/852. Un elemento chiave è la valutazione del ciclo di vita (Life Cycle Assessment – LCA), da applicare agli elementi strutturali della strada – sottofondi, fondazioni, pavimentazioni – per misurarne l’impatto ambientale complessivo.
Altrettanto centrale è l’integrazione del rischio ESG (ambientale, sociale e di governance) lungo l’intera filiera, come previsto dalla Direttiva CSDDD.
L’obbligo di applicazione dei CAM riguarda tutti gli appalti e le concessioni inerenti opere stradali e civili, inclusi servizi di progettazione tecnica, costruzione e manutenzione, secondo quanto previsto dal Codice dei Contratti Pubblici.
Per quanto concerne le aree verdi adiacenti alle infrastrutture (come piste ciclabili e parcheggi), si fa riferimento invece ai criteri ambientali minimi specificati nel D.M. 10/03/2020.
Scopriamo alcune novità introdotte dal D.M in esame.
Il decreto – in vigore il 24 settembre 2025 – nasce dalla necessità di correggere alcuni errori materiali e integrare diversi criteri dell’allegato tecnico al decreto ministeriale originale. Vengono inoltre recepite le istanze di stazioni appaltanti e operatori del settore volte a migliorare l’efficacia di uno strumento da tutti gli stakeholders ritenuto strategico per promuovere l’economia circolare nella realizzazione delle infrastrutture viarie.
Ecco le principali modifiche al D.M. 05/08/2024 e il relativo Allegato tecnico aggiornati al D.M. 11/09/2025.
Tra le principali modifiche introdotte figurano semplificazioni di natura operativa, chiarimenti tecnici e importanti adeguamenti (come quello al nuovo Regolamento “End of waste”), come la revisione delle soglie minime di materiali riciclati nei conglomerati bituminosi.
È previsto inoltre un rinvio temporaneo per alcuni requisiti tecnici più complessi, insieme a nuove indicazioni sull’utilizzo di fonti energetiche alternative nei processi produttivi, con un’attenzione particolare alla valorizzazione dei biocarburanti.
Altre novità riguardano la definizione dei prodotti da costruzione (che fa riferimento all’art. 3 del regolamento (Ue) 2024/3110 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 novembre 2024, che fissa norme armonizzate per la commercializzazione) e l’applicazione del nuovo decreto ai procedimenti in corso.
Scopriamo alcune principali novità del decreto.
Modifiche all’Ambito di applicazione
L’articolo 1 introduce una serie di modifiche importanti. Innanzitutto viene eliminato il sommario del paragrafo 2.1.3 “Specifiche del progetto” dall’Allegato 1 e, sempre nello stesso allegato, al paragrafo 1.1, vengono cancellate le disposizioni che consentivano al progettista di non applicare i criteri ambientali minimi in presenza di conflitti con altre normative tecniche di settore. Si interviene anche con una correzione terminologica, sostituendo la parola “beni” con “vincoli” nel riferimento ai beni culturali, al quarto capoverso dell’Allegato 1.1.
Una delle novità riguarda l’eliminazione della possibilità, finora riconosciuta al progettista, di decidere in autonomia di non applicare i CAM. Prima, infatti, era possibile sottrarsi agli obblighi ambientali in due situazioni specifiche: quando nel corso dei lavori si rendeva necessario l’utilizzo di un prodotto da costruzione non previsto nel progetto iniziale oppure quando particolari condizioni del sito impedivano l’applicazione completa delle specifiche tecniche.
Con le nuove regole questo non sarà più possibile. Eventuali deroghe, infatti, non potranno più essere stabilite dal progettista in corso d’opera, ma dovranno essere valutate e autorizzate dalla stazione appaltante già in fase di progettazione, attraverso il Documento di Indirizzo alla Progettazione (DIP) previsto dal Codice dei Contratti.
In sostanza, il progettista dovrà programmare fin dall’inizio il pieno rispetto di tutti i requisiti ambientali e di sostenibilità, mentre spetterà alla stazione appaltante decidere se e in quali casi concedere deroghe, evitando così interpretazioni soggettive o soluzioni improvvisate durante l’esecuzione dei lavori.
Decreto 5 Agosto 2024 (senza modifiche) | Decreto 5 Agosto 2024 (con modifiche del D.M. 11 settembre 2025) |
Le disposizioni del presente provvedimento si applicano a tutti i contratti di appalto e alle concessioni aventi per oggetto l’esecuzione di lavori e la prestazione di servizi di progettazione di infrastrutture, includendo interventi di costruzione, manutenzione e adeguamento, come definiti all’art. 2, comma 1, lettere b), c) e d), dell’allegato I.1 del Codice. Alcuni dei CPV (Common Procurement Vocabulary) di riferimento per i lavori e le opere sono il CPV 45000000 “Lavori di costruzione”, in particolare il 45233000-9 “Lavori di costruzione, di fondazione e di superficie per autostrade e strade”, ed il 71322000-1 “Servizi di progettazione tecnica per la costruzione di opere di ingegneria civile”. Per quanto riguarda le aree verdi di pertinenza stradale (aree lungo strade e piste ciclabili e aree verdi di pertinenza dei parcheggi) si applicano le specifiche tecniche e le clausole contrattuali di cui al decreto ministeriale 10 marzo 2020, “Criteri ambientali minimi per il servizio di gestione del verde pubblico e la fornitura di prodotti per la cura del verde, per gli interventi di manutenzione, riqualificazione o nuova realizzazione”. Qualora uno o più criteri ambientali minimi siano in contrasto con normative tecniche di settore, il progettista, nella relazione CAM di cui al criterio “2.1.1 Relazione CAM”, fornisce la motivazione della non applicabilità o l’applicazione parziale del criterio ambientale minimo indicando i riferimenti normativi che determinano la non applicabilità dello stesso. Nell’applicazione dei criteri si intendono fatti salvi i vincoli e le tutele, i piani, le norme e i regolamenti, qualora risultino più restrittivi. A titolo esemplificativo si citano: vincoli relativi a beni culturali, beni paesaggistici, idrogeologici, idraulici, aree naturali protette, siti rete Natura 2000, valutazioni d’impatto ambientale ecc.; piani e norme regionali (piani di assetto di parchi e riserve, piani paesistici, piani territoriali provinciali, atti amministrativi che disciplinano particolari ambiti); piani e regolamenti comunali ecc. L’applicazione parziale o la mancata applicazione di uno o più dei criteri ambientali contenuti in questo documento, tenendo conto del generale obbligo, previsto dall’art. 57 comma 2 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, di applicare le specifiche tecniche e le clausole contrattuali di questo documento, può essere stabilita dalla stazione appaltante, ad esempio nel documento di indirizzo alla progettazione, DIP di cui all’art. 3 dell’Allegato I.7 del Codice o dal progettista, per i seguenti motivi: – prodotto da costruzione non previsto dal progetto; – particolari condizioni del sito che impediscono la piena applicazione di uno o più specifiche tecniche; Il progettista, nella relazione CAM di cui al criterio “2.1.1 Relazione CAM”, fornisce dettagliata motivazione della non applicabilità o l’applicazione parziale di uno o più criteri ambientali contenuti in questo documento. |
Le disposizioni del presente provvedimento si applicano a tutti i contratti di appalto e alle concessioni aventi per oggetto l’esecuzione di lavori e la prestazione di servizi di progettazione di infrastrutture, includendo interventi di costruzione, manutenzione e adeguamento, come definiti all’art. 2, comma 1, lettere b), c) e d), dell’allegato I.1 del Codice. Alcuni dei CPV (Common Procurement Vocabulary) di riferimento per i lavori e le opere sono il CPV 45000000 “Lavori di costruzione”, in particolare il 45233000-9 “Lavori di costruzione, di fondazione e di superficie per autostrade e strade”, ed il 71322000-1 “Servizi di progettazione tecnica per la costruzione di opere di ingegneria civile”. Per quanto riguarda le aree verdi di pertinenza stradale (aree lungo strade e piste ciclabili e aree verdi di pertinenza dei parcheggi) si applicano le specifiche tecniche e le clausole contrattuali di cui al decreto ministeriale 10 marzo 2020, “Criteri ambientali minimi per il servizio di gestione del verde pubblico e la fornitura di prodotti per la cura del verde, per gli interventi di manutenzione, riqualificazione o nuova realizzazione”. Qualora uno o più criteri ambientali minimi siano in contrasto con normative tecniche di settore, il progettista, nella relazione CAM di cui al criterio “2.1.1 Relazione CAM”, fornisce la motivazione della non applicabilità o l’applicazione parziale del criterio ambientale minimo indicando i riferimenti normativi che determinano la non applicabilità dello stesso. Nell’applicazione dei criteri si intendono fatti salvi i vincoli e le tutele, i piani, le norme e i regolamenti, qualora risultino più restrittivi. A titolo esemplificativo si citano: vincoli relativi a beni vincoli culturali, beni paesaggistici, idrogeologici, idraulici, aree naturali protette, siti rete Natura 2000, valutazioni d’impatto ambientale ecc.; piani e norme regionali (piani di assetto di parchi e riserve, piani paesistici, piani territoriali provinciali, atti amministrativi che disciplinano particolari ambiti); piani e regolamenti comunali ecc. L’applicazione parziale o la mancata applicazione di uno o più dei criteri ambientali contenuti in questo documento, tenendo conto del generale obbligo, previsto dall’art. 57 comma 2 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, di applicare le specifiche tecniche e le clausole contrattuali di questo documento, può essere stabilita dalla stazione appaltante, ad esempio nel documento di indirizzo alla progettazione, DIP di cui all’art. 3 dell’Allegato I.7 del Codice o dal progettista, per i seguenti motivi: – prodotto da costruzione non previsto dal progetto; – particolari condizioni del sito che impediscono la piena applicazione di uno o più specifiche tecniche; Il progettista, nella relazione CAM di cui al criterio “2.1.1 Relazione CAM”, fornisce dettagliata motivazione della non applicabilità o l’applicazione parziale di uno o più criteri ambientali contenuti in questo documento. |
Il decreto interviene anche su altri punti significativi dell’Allegato 1. Al paragrafo 1.2, dedicato all’approccio dei CAM per il conseguimento degli obiettivi ambientali, viene modificata la numerazione del criterio relativo alle prestazioni ambientali migliorative dei prodotti da costruzione, che passa dall’identificativo 3.2.3 al nuovo 3.2.4.
Al paragrafo 1.3.1, invece, viene rivisto il terzo capoverso: viene chiarito che è già nella fase di progetto di fattibilità tecnico-economica – e non in quella di progettazione esecutiva – che il progettista deve analizzare in dettaglio i requisiti ambientali previsti dalle specifiche tecniche. In questa fase, infatti, è necessario individuare e progettare le soluzioni più idonee, così da garantire fin da subito il pieno rispetto delle prescrizioni ambientali.
Mentre, con riferimento alla manutenzione delle infrastrutture stradali esistenti, viene eliminato dal testo il parametro PR ed ecc. utilizzato per la classificazione dei dissesti, semplificando così le modalità di valutazione.
Decreto 5 Agosto 2024 (senza modifiche) | Decreto 5 Agosto 2024 (con modifiche del D.M. 11 settembre 2025) |
1.3.1 Analisi del contesto, e dei fabbisogni È necessario che la stazione appaltante preveda, a cura della stessa o tramite affidamento a professionisti esterni, l’inserimento dei criteri contenuti in questo documento fin dal primo livello di progettazione come previsto dal vigente Codice dei contratti pubblici, in modo tale che il progetto sia sempre conforme ai CAM, anche ai fini della definizione dell’importo dei lavori. In questa fase preliminare di progettazione, la valutazione di alternative progettuali, prevista dall’art. 41 comma 6 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, riguarda anche i requisiti ambientali e non solo gli aspetti tecnici della progettazione. Ove possibile, la valutazione delle alternative progettuali, ossia le alternative che possono riguardare l’intero progetto o parti significative o critiche del progetto, è fatta utilizzando metodologie di ottimizzazione, tipo LCA e LCC, al fine di massimizzare la sostenibilità degli interventi progettati. Queste metodologie possono essere inserite negli atti di gara come criteri premianti. Nel successivo livello di progettazione esecutiva, il progettista approfondisce i requisiti ambientali indicati nelle specifiche tecniche, progettando le soluzioni tecniche più appropriate al fine di garantire il loro rispetto in fase di progettazione, di consentire il rilascio di autorizzazioni e di delibere nell’ambito della concertazione (Conferenze di Servizi ecc.), in modo tale che l’opera realizzata e le sue prestazioni ambientali ed energetiche siano conformi ai CAM e non vi siano difformità. Al fine di individuare l’opera che si andrà a realizzare, la stazione appaltante dovrebbe fare un’attenta analisi delle proprie esigenze, effettuando, ove non già disponibile, un censimento ed una pianificazione del sistema stradale, valutando la reale necessità di realizzare nuove strade, a fronte della possibilità di adeguamento delle strade esistenti e della possibilità di migliorarne la sicurezza, attraverso la realizzazione di opere complementari quali la segnaletica, i rallentatori, i dissuasori oppure attraverso una diversa regolamentazione del traffico e il controllo dei limiti di velocità. La decisione se adeguare oppure riqualificare strade esistenti o, invece, realizzarne di nuove tiene conto delle effettive condizioni di utilizzo e dei relativi costi, a fronte dei risparmi conseguibili con i diversi interventi e dei relativi impatti ambientali, lungo l’intero ciclo di vita delle opere. Ciò significa che il progetto della strada è preceduto da un’analisi costi benefici, compresi quelli ambientali e sociali, connessi alla realizzazione dell’opera rispetto a eventuali soluzioni alternative (ad es. potenziamento infrastrutture esistenti) oltre a dover mirare a ridurne l’impatto ambientale sia nella fase di realizzazione sia durante l’esercizio dell’opera, con particolare riguardo a produzione e gestione dei rifiuti, consumo di energia, emissione di rumore, emissione di polveri, vibrazioni, contaminazione delle acque superficiali e sotterranee, utilizzo delle risorse naturali, incremento delle acque di ruscellamento sul suolo e nei reticoli di scolo, emissioni in atmosfera, acidificazione dei suoli ed eutrofizzazione. |
1.3.1 Analisi del contesto, e dei fabbisogni È necessario che la stazione appaltante preveda, a cura della stessa o tramite affidamento a professionisti esterni, l’inserimento dei criteri contenuti in questo documento fin dal primo livello di progettazione come previsto dal vigente Codice dei contratti pubblici, in modo tale che il progetto sia sempre conforme ai CAM, anche ai fini della definizione dell’importo dei lavori. In questa fase preliminare di progettazione, la valutazione di alternative progettuali, prevista dall’art. 41 comma 6 del decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, riguarda anche i requisiti ambientali e non solo gli aspetti tecnici della progettazione. Ove possibile, la valutazione delle alternative progettuali, ossia le alternative che possono riguardare l’intero progetto o parti significative o critiche del progetto, è fatta utilizzando metodologie di ottimizzazione, tipo LCA e LCC, al fine di massimizzare la sostenibilità degli interventi progettati. Queste metodologie possono essere inserite negli atti di gara come criteri premianti. Nel progetto di fattibilità tecnico – economica, il progettista approfondisce i requisiti ambientali indicati nelle specifiche tecniche, progettando le soluzioni tecniche più appropriate al fine di garantire il loro rispetto in fase di progettazione, di consentire il rilascio di autorizzazioni e di delibere nell’ambito della concertazione (Conferenze di servizi ecc.), in modo tale che l’opera realizzata e le sue prestazioni ambientali ed energetiche siano conformi ai CAM e non vi siano difformità. Al fine di individuare l’opera che si andrà a realizzare, la stazione appaltante dovrebbe fare un’attenta analisi delle proprie esigenze, effettuando, ove non già disponibile, un censimento ed una pianificazione del sistema stradale, valutando la reale necessità di realizzare nuove strade, a fronte della possibilità di adeguamento delle strade esistenti e della possibilità di migliorarne la sicurezza, attraverso la realizzazione di opere complementari quali la segnaletica, i rallentatori, i dissuasori oppure attraverso una diversa regolamentazione del traffico e il controllo dei limiti di velocità. La decisione se adeguare oppure riqualificare strade esistenti o, invece, realizzarne di nuove tiene conto delle effettive condizioni di utilizzo e dei relativi costi, a fronte dei risparmi conseguibili con i diversi interventi e dei relativi impatti ambientali, lungo l’intero ciclo di vita delle opere. Ciò significa che il progetto della strada è preceduto da un’analisi costi benefici, compresi quelli ambientali e sociali, connessi alla realizzazione dell’opera rispetto a eventuali soluzioni alternative (ad es. potenziamento infrastrutture esistenti) oltre a dover mirare a ridurne l’impatto ambientale sia nella fase di realizzazione sia durante l’esercizio dell’opera, con particolare riguardo a produzione e gestione dei rifiuti, consumo di energia, emissione di rumore, emissione di polveri, vibrazioni, contaminazione delle acque superficiali e sotterranee, utilizzo delle risorse naturali, incremento delle acque di ruscellamento sul suolo e nei reticoli di scolo, emissioni in atmosfera, acidificazione dei suoli ed eutrofizzazione. |
CAM strade e Life Cycle Assessment paragrafo 1.3.2
Sono state introdotte modifiche significative anche per gli studi LCA (Life Cycle Assessment). L’aggiornamento del decreto chiarisce la metodologia LCA semplificata e aggiorna i riferimenti normativi relativi al criterio premiante 3.2.2, che riguarda gli appalti di lavori basati su studi LCA.
In caso di affidamento di lavori su progetto già approvato e corredato da studio LCA, salvo diversa indicazione della stazione appaltante, si applica una metodologia semplificata, che si concentra su un numero limitato di fasi del ciclo di vita e fornisce le informazioni necessarie a soddisfare i requisiti minimi della relazione di sostenibilità previsti dal D.Lgs. 36/2023.
Inoltre, per ulteriore chiarezza, ricordiamo, che il criterio premiante si applica esclusivamente ai lavori a misura per i quali il Progetto di Fattibilità Tecnica ed Economica (PFTE) sia stato redatto, verificato e approvato comprensivo della relazione di sostenibilità.
Le Stazioni Appaltanti devono specificare negli atti di gara:
- le parti del progetto per cui sono ammesse proposte migliorative;
- la disponibilità del rapporto LCA redatto in fase di PFTE;
- il modello digitale importabile nei principali software di modellazione LCA;
- il software impiegato e la banca dati utilizzata in progetto.
Nel caso di adozione di quest’ultimo criterio, la Stazione Appaltante dovrà prevedere l’affiancamento di professionalità adeguate sia in fase di preparazione dei documenti di gara, per definire i requisiti tecnici che gli OE devono rispettare per assicurare confrontabilità tra le offerte proposte, sia nella commissione di gara, che per le fasi di verifica e valutazione delle offerte pervenute.
I documenti di gara dovranno quindi fornire indicazioni con riferimento a:
- metodo e dati di inventario;
- confronto sulla base dell’equivalente funzionale;
- definizione del ciclo di vita dell’infrastruttura viaria e dei suoi confini elementi stradali che rientrano nell’ambito dei criteri;
- indicatori delle categorie del ciclo di vita da utilizzare a fini della valutazione.
Dovrà, inoltre, essere allegata ai documenti di gara, l’intera Relazione LCA di progetto.
Inoltre, a seguito delle modifiche:
- riguardo al modulo A4, non sono più ricompresi gli impatti dovuti alla demolizione delle preesistenze, a meno che tali lavori non siano oggetto di separato appalto;
- non è più previsto che la relazione LCA sia accompagnata da un attestato di verifica condotta in accordo alla ISO 14071.
Decreto 5 Agosto 2024 (senza modifiche) | Decreto 5 Agosto 2024 (con modifiche del D.M. 11 settembre 2025) |
Tenuto conto dei principi di sostenibilità economica e ambientale e degli elaborati di progetto richiamati dal D. Lgs. 36/2023, gli studi LCA (valutazione ambientale del ciclo di vita – Life Cycle Assessment) di cui alla Relazione di Sostenibilità dell’opera del progetto di fattibilità tecnico-economica, PFTE, (art 9 commi c e d, All. I7 d.lgs. 36/2023) dovranno essere condotti secondo le norme UNI EN 15643, UNI EN 17472 e UNI EN 15804, secondo il livello pertinente per l’applicazione. Lo studio LCA, che qui si vuole utilizzare per applicare i presenti criteri premiale alla sola fase di aggiudicazione lavori o all’eventuale appalto integrato, avente per oggetto la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori sulla base di un PFTE approvato, laddove non diversamente prescritto, può essere eseguito anche adottando una metodologia semplificata limitata a un numero ridotto di fasi del ciclo di vita, comunque assolvendo i contenuti minimi richiesti dalla Relazione di Sostenibilità prevista dal decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, riferiti ai soli consumi di energia, materia ed emissioni di CO2. Dovrebbero, dunque, essere considerati almeno i moduli e le fasi evidenziate nella Tabella 1 (a meno di diversa specifica del progettista nella relazione PFTE), come da UNI EN 17472, dalla quale sono esclusi a priori i moduli relativi a benefici e carichi oltre il confine di sistema (Fasi D), recanti informazioni oltre il ciclo di vita della costruzione. Sono altresì esclusi, per la finalità di applicazione dei criteri CAM, gli studi, pure previsti dalla UNI EN 17472, relativi alla valutazione delle prestazioni economiche (LCC) e sociali dell’opera, limitandosi così l’applicazione della richiamata norma alla sola valutazione della prestazione ambientale.Tabella 1- Moduli e fasi da includere nello studio LCA semplificatoCome evidenziato in Tabella 1, andranno considerati almeno i moduli relativi alla fase di Produzione e costruzione (tutti, da A1 ad A5). Riguardo al modulo A4, in questo vanno ricompresi anche gli impatti dovuti alla demolizione delle preesistenze, a meno che tali lavori non siano oggetto di separato appalto. Devono, inoltre, essere considerati tutti i moduli della fase di fine vita (da C1 a C4) e, nel caso in cui la Stazione Appaltante disponga di un suo PMS (Pavement Management System di livello di rete) per il mantenimento in efficienza della rete stradale di competenza, si dovrebbe valutare l’opportunità di inserire gli impatti connessi alle attività di manutenzione (Modulo B2) prevedibili durante nella vita di servizio dell’infrastruttura. Nello studio LCA di progetto, il contributo ambientale delle diverse fasi deve essere dichiarato separatamente, per maggiore trasparenza. Gli scenari di analisi, coerenti con i requisiti specificati nella UNI EN 17472, andranno, pertanto, riferiti alle fasi prima specificate, evidenziate in Tab. 1 (eventualmente integrate dai moduli ulteriormente specificati dal progettista). Lo studio LCA di progetto, al netto delle ulteriori opere puntuali o impiantistiche per le quali si rimanda alle metodologie pertinenti, dovrebbe basarsi sulla definizione di equivalenti funzionali rif. UNI EN 17472) principalmente focalizzati sul corpo stradale e sulle pavimentazioni stradali, o che contengano almeno i componenti di seguito specificati:nel caso di nuove costruzioni o per gli interventi di riqualificazione:
Il periodo di riferimento dello studio (Reference Study Period, RSP) va posto pari alla durata di vita utile dell’infrastruttura (Reference Service Life, RSL), o quella dichiarata in progetto, in relazione alla importanza dell’opera.
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Tenuto conto dei principi di sostenibilità economica e ambientale e degli elaborati di progetto richiamati dal D. Lgs. 36/2023, gli studi LCA (valutazione ambientale del ciclo di vita – Life Cycle Assessment) di cui alla Relazione di Sostenibilità dell’opera del progetto di fattibilità tecnico-economica, PFTE, (art 9 commi c e d, All. I7 d.lgs. 36/2023) dovranno essere condotti secondo le norme UNI EN 15643, UNI EN 17472 e UNI EN 15804, secondo il livello pertinente per l’applicazione.
La metodologia LCA, che qui si vuole utilizzare in riferimento al criterio premiante 3.2.2, in caso di affidamento lavori sulla base di progetto approvato corredato da studio LCA, laddove non diversamente prescritto, è una metodologia semplificata limitata a un numero ridotto di fasi del ciclo di vita, che fornisce informazioni utili ad assolvere ai contenuti minimi richiesti dalla relazione di sostenibilità prevista dal decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36. Dovrebbero, dunque, essere considerati almeno i moduli e le fasi evidenziate nella Tabella 1 (a meno di diversa specifica del progettista nella relazione PFTE), come da UNI EN 17472, dalla quale sono esclusi a priori i moduli relativi a benefici e carichi oltre il confine di sistema (Fasi D), recanti informazioni oltre il ciclo di vita della costruzione. Sono altresì esclusi, per la finalità di applicazione dei criteri CAM, gli studi, pure previsti dalla UNI EN 17472, relativi alla valutazione delle prestazioni economiche (LCC) e sociali dell’opera, limitandosi così l’applicazione della richiamata norma alla sola valutazione della prestazione ambientale.
Tabella 1- Moduli e fasi da includere nello studio LCA semplificato
Come evidenziato in Tabella 1, andranno considerati almeno i moduli relativi alla fase di Produzione e costruzione (tutti, da A1 ad A5). nel caso di nuove costruzioni o per gli interventi di riqualificazione:
Il periodo di riferimento dello studio (Reference Study Period, RSP) va posto pari alla durata di vita utile dell’infrastruttura (Reference Service Life, RSL), o quella dichiarata in progetto, in relazione alla importanza dell’opera.
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Requisiti dei prodotti da costruzione e criteri di contenuto minimo di materiali riciclati
All’Allegato 1, paragrafo 2.1.2, dedicato ai contenuti del capitolato speciale d’appalto, viene precisato che, nel capitolato relativo al progetto esecutivo, il progettista deve indicare sia i requisiti dei prodotti da costruzione previsti nel progetto sia i mezzi di prova specificati nel capitolo “2.3 Specifiche tecniche per i prodotti da costruzione”, che dovranno essere forniti dall’appaltatore alla direzione lavori.
La legge in esame va a modificare il secondo capoverso, chiarendo che salvo diversa indicazione nei criteri pertinenti, quando viene richiesto un quantitativo minimo di materia recuperata, riciclata o di sottoprodotti, si considera valido un contenuto complessivo – alternativo o cumulativo – di almeno x% sul peso del prodotto. Tale percentuale si riferisce alla somma delle frazioni presenti nel prodotto e deve essere riportata nella certificazione del prodotto, specificando chiaramente i contributi delle singole frazioni, espressi in valore percentuale.
Inoltre, vengono modificati i punti ricadenti all’interno nei punti presenti del paragrafo 2.1.2, in particolare:
- al punto 6 è stata apportata una modifica al testo dove in precedenza si specificava che alcune prassi si applicavano solo se il materiale rientrava nel loro campo di applicazione, escludendo però i materiali plastici, mentre con l’aggiornamento, questa dicitura è stata sostituita dalla frase “o in conformità a successive norme tecniche basate su tale prassi”;
- dopo il punto 7 è stato aggiunto un nuovo capoverso che chiarisce come le certificazioni richieste per i materiali non siano necessarie per quelli destinati alla formazione del corpo stradale o per le miscele impiegate per la pavimentazione stradale realizzate in loco;
- aggiornamento della dicitura relativa ai prodotti da certificare. In precedenza si richiedeva che il certificato di prodotto includesse il numero identificativo, il nome del prodotto, la data di scadenza e i valori percentuali delle singole frazioni presenti, con una distinzione tra sottoprodotti interni ed esterni. Con l’aggiornamento, questa prescrizione è stata sostituita da un riferimento più specifico ai prodotti in calcestruzzo, indicando che per questi materiali occorre fare riferimento ai criteri “2.3.2 Calcestruzzi confezionati in cantiere e preconfezionati” e “2.3.3 Prodotti prefabbricati in calcestruzzo, in calcestruzzo vibrocompresso e in calcestruzzo aerato autoclavato”.
Decreto 5 Agosto 2024 (senza modifiche) | Decreto 5 Agosto 2024 (con modifiche del D.M. 11 settembre 2025) |
Nel capitolato speciale d’appalto del progetto esecutivo, il progettista riporta i requisiti dei prodotti da costruzione previsti nel progetto e i mezzi di prova di cui al capitolo “2.3 Specifiche tecniche per i prodotti da costruzione”, che l’appaltatore dei lavori dovrà fornire alla direzione lavori. In particolare, ove venga richiesto un determinato quantitativo minimo di materia recuperata, riciclata o di sottoprodotti, si intende un contenuto di, alternativamente o cumulativamente, materie recuperate, riciclate o sottoprodotti, di almeno il x% sul peso del prodotto, inteso come somma delle tre frazioni. Di conseguenza, la percentuale minima richiesta può essere raggiunta con l’apporto delle tre frazioni citate, ove non diversamente prescritto nello specifico criterio, ossia materia recuperata, riciclata, sottoprodotti. Si rammenta che il sottoprodotto, così come definito all’art. 184 bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, può derivare da scarti e sfridi di lavorazione ad uso interno allo stesso processo produttivo che li ha generati, o da scarti e sfridi di lavorazione generati da altri processi produttivi oppure da processi di simbiosi industriale.Gli aggregati naturali ottenuti dalla lavorazione di terre e rocce da scavo gestite come sottoprodotto secondo il D.P.R. 120/2017 sono compresi nella categoria di materiale qualificato come sottoprodotto. Il Progettista dovrà esplicitare nella Relazione CAM la gerarchia di valutazione delle singole categorie di materiale (riciclato – recuperato – sottoprodotto), tenuto conto del contesto in cui è inserita l’opera. Per quanto riguarda le certificazioni del valore percentuale richiesto, il progettista aggiudicatario deve chiarire che tale requisito è dimostrato tramite una delle opzioni di seguito elencate: 1. Una dichiarazione ambientale di Prodotto (DAP o, in inglese, Environmental Product Declarations o EPD), conforme alla norma UNI EN 15804 e alla norma UNI EN ISO 14025, verificata da parte di un organismo di verifica e validazione accreditato in conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17029 e UNI EN ISO 14065 per lo specifico schema, come ad esempio EPDItaly© o schema internazionale EPD© e che riporti la percentuale di contenuto di materiale riciclato, recuperato, o sottoprodotto, nel paragrafo “informazione ambientale aggiuntiva” della dichiarazione. In tale paragrafo è dichiarato che il valore percentuale è determinato con un metodo di calcolo basato sulla tracciabilità dei flussi fisici di materia per lo specifico prodotto, equivalente a quello di uno degli altri schemi di certificazione di cui ai punti successivi di questo paragrafo. I mezzi di prova del contenuto di materiale riciclato, recuperato, o sottoprodotto, dei materiali componenti il prodotto, sono quelli ammessi dagli schemi di cui ai punti successivi di questo paragrafo. Il valore percentuale, il metodo di calcolo e i mezzi di prova, sono oggetto di verifica da parte dell’organismo di verifica e validazione.; 2. certificazione di prodotto “REMADE®” o “ReMade in Italy®”; 3. certificazione di prodotto per il rilascio del marchio “Plastica seconda vita”; 4. per i prodotti in PVC è possibile fare ricorso, oltre alle certificazioni di cui ai punti precedenti, anche al marchio VinylPlus Product Label; 5. 5. una certificazione di prodotto basata sul bilancio di massa emessa da un organismo di valutazione della conformità accreditato da un ente di Accreditamento firmatario degli accordi EA/IAF MLA per lo specifico schema, quale, ad esempio la CP DOC 262; 6. una certificazione di prodotto, rilasciata, da un organismo di valutazione della conformità, in conformità alla prassi UNI/PdR 88 “Requisiti di verifica del contenuto di riciclato e/o recuperato e/o sottoprodotto, presente nei prodotti”, qualora il materiale rientri nel campo di applicazione di tale prassi. Si evidenzia che tale prassi non è applicabile ai materiali plastici; 7. Una certificazione Made green in Italy (MGI) verificata da parte di un organismo di verifica o validazione accreditato in conformità alla norma ISO 17029 e ISO 14065 per lo specifico schema, che nella DIAP riporti, quale informazione ambientale aggiuntiva, la percentuale di contenuto di materiale riciclato, recuperato, o sottoprodotto.Per i prodotti di legno o a base legno, fare riferimento al criterio “2.3.5 Prodotti di legno o a base legno”. Nel capitolato speciale d’appalto, il progettista aggiudicatario chiarisce, inoltre, che: – Il certificato di prodotto deve riportare il numero identificativo, il nome del prodotto certificato, la data di scadenza, i valori percentuali delle singole frazioni presenti nel prodotto. In particolare, per quanto riguarda i sottoprodotti è fatta distinzione tra sottoprodotto interno ed esterno. – Per quanto riguarda i materiali plastici, questi possono anche derivare da biomassa, conforme alla norma tecnica UNI EN 16640. Le plastiche a base biologica consentite sono quelle la cui materia prima sia derivante da una attività di recupero o sia un sottoprodotto generato da altri processi produttivi; Sono fatte salve le certificazioni di prodotto rilasciate fino alla data di entrata in vigore del presente documento e fino alla scadenza delle stesse; Sono fatte salve le asserzioni ambientali auto-dichiarate, conformi alla norma UNI EN ISO 14021, validate da un organismo di valutazione della conformità, in data antecedente al 4 dicembre 2022 e fino alla scadenza della convalida stessa. Se nell’autodichiarazione non è esplicitata la scadenza, la validità è di un anno a partire dalla data di emissione, ai fini della verifica dei criteri contenuti nel presente documento. |
Nel capitolato speciale d’appalto del progetto esecutivo, il progettista riporta i requisiti dei prodotti da costruzione previsti nel progetto e i mezzi di prova di cui al capitolo “2.3 Specifiche tecniche per i prodotti da costruzione”, che l’appaltatore dei lavori dovrà fornire alla direzione lavori.
Ove non diversamente specificato nei pertinenti criteri, qualora venga richiesto un determinato quantitativo minimo di materia recuperata, riciclata o di sottoprodotti, si intende un contenuto di, alternativamente o cumulativamente, materie recuperate, riciclate o sottoprodotti, di almeno il x% sul peso del prodotto, inteso quindi come somma delle frazioni presenti nel prodotto, restituito nella certificazione di prodotto specificando i contributi delle sole frazioni presenti, espressi in valore percentuale. Si rammenta che il sottoprodotto, così come definito all’art. 184 bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, può derivare da scarti e sfridi di lavorazione ad uso interno allo stesso processo produttivo che li ha generati, o da scarti e sfridi di lavorazione generati da altri processi produttivi oppure da processi di simbiosi industriale. Le certificazioni di cui ai punti precedenti non sono richieste per i materiali da utilizzare per la formazione del corpo stradale e per le miscele utilizzate per la pavimentazione stradale realizzate in loco. Per i prodotti di legno o a base legno, fare riferimento al criterio “2.3.5 Prodotti di legno o a base legno”. – Per i prodotti in calcestruzzo, fare riferimento ai criteri “2.3.2 Calcestruzzi confezionati in cantiere e preconfezionati” e “2.3.3 Prodotti prefabbricati in calcestruzzo, in calcestruzzo vibrocompresso e in calcestruzzo
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Temperatura di posa degli strati in conglomerato bituminoso
All’Allegato 1, paragrafo 2.2.3, dedicato alla temperatura di posa degli strati in conglomerato bituminoso, nel sottoparagrafo “Indicazioni alla stazione appaltante” è stata aggiornata la dicitura relativa alle eccezioni di applicazione del criterio.
In precedenza si indicava che il criterio non si applicava alle pavimentazioni chiare, ai conglomerati bituminosi prodotti con bitumi modificati ad alto tenore di polimeri e alle miscele con leganti bituminosi epossidici. La nuova formulazione sostituisce questa indicazione con un riferimento più specifico: il criterio non si applica alle pavimentazioni con indice SRI ≥ 29, ai conglomerati bituminosi prodotti con bitumi modificati aventi viscosità superiore a 0,6 Pa*s a 160 °C e alle miscele con leganti bituminosi epossidici.
Inoltre, sempre all’interno di tale paramentro sono state introdotte alcune modifiche al “Criterio”. Nel primo capoverso, la dicitura originale “Per le strade urbane e per le tratte di strade extraurbane poste a distanze inferiori ai 1000 m dai centri abitati, delimitati così come previsto …” è stata sostituita con una formulazione più precisa: “Per le strade urbane e per i tratti di strada extraurbana che siano posti a distanza inferiore ai 1000 metri in linea d’aria dal limite del centro abitato, così come definito …”.
Sempre nello stesso capoverso, dopo la lettera b), sono state soppresse le parole “prodotti con bitumi modificati ad alta viscosità”, semplificando così la definizione dei materiali a cui si applicano i criteri di temperatura di posa. Di conseguenza, per i tratti di strada posti a oltre 1000 metri dai centri abitati, è consentita una temperatura di posa massima di 150 °C per i conglomerati bituminosi con bitume normale e di 165 °C per i conglomerati bituminosi indicati nella lettera b).
In pratica, si tratta degli strati della pavimentazione realizzati con conglomerati bituminosi preparati con bitumi modificati o additivati con compound polimerici, semplificando così la classificazione dei materiali e le indicazioni operative per la posa.
Decreto 5 Agosto 2024 (senza modifiche) | Decreto 5 Agosto 2024 (con modifiche del D.M. 11 settembre 2025) |
Tale criterio non si applica alle pavimentazioni chiare, ai conglomerati bituminosi prodotti con bitumi modificati con elevato tenore di polimeri e alle miscele con leganti bituminosi epossidici.
Criterio Il capitolato speciale d’appalto descrive le caratteristiche dei materiali da utilizzare, le specifiche tecniche per la corretta posa dei conglomerati bituminosi in conformità al presente criterio e riferimenti dettagliati alle modalità e alla frequenza dei controlli rispetto alla temperatura di posa in fase di esecuzione. Verifica La Relazione tecnica di cui al criterio “2.1.1 Relazione CAM”, illustra in che modo il progetto ha tenuto conto di questo criterio progettuale. |
Tale criterio non si applica alle pavimentazioni con indice SRI maggiore o uguale a 29, ai conglomerati bituminosi prodotti con bitumi modificati con viscosità superiore a 0.6 Pa*s a 160 °C e alle miscele con leganti bituminosi epossidici.CriterioPer le strade urbane e per i tratti di strada extraurbana che siano posti a distanza inferiore ai 1000 metri in linea d’aria dal limite del centro abitato, così come definito dall’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992 n.495, “Regolamento di esecuzione e attuazione del Codice della strada”, il progetto prevede una temperatura massima di posa delle miscele bituminose di 120°C (tecnologia dei conglomerati tiepidi). Nei seguenti casi, invece, la temperatura massima di posa è di 140°C: a) strati della pavimentazione per i quali siano richiesti particolari prestazioni acustiche sulla base del criterio obbligatorio “2.2.4 Emissione acustica delle pavimentazioni” e del criterio premiante “3.2.8 Emissione acustica delle pavimentazioni”; b) strati della pavimentazione per i quali è previsto l’utilizzo di conglomerati bituminosi preparati con bitumi modificati oppure di conglomerati bituminosi additivati con compound polimerici. Oltre i 1000 metri dai centri abitati è consentita una temperatura di posa massima di 150°C per conglomerati bituminosi con bitume normale, e di 165°C per conglomerati bituminosi prodotti con bitumi modificati ad alta viscosità, di cui alla lettera b).Il capitolato speciale d’appalto descrive le caratteristiche dei materiali da utilizzare, le specifiche tecniche per la corretta posa dei conglomerati bituminosi in conformità al presente criterio e riferimenti dettagliati alle modalità e alla frequenza dei controlli rispetto alla temperatura di posa in fase di esecuzione.VerificaLa Relazione tecnica di cui al criterio “2.1.1 Relazione CAM”, illustra in che modo il progetto ha tenuto conto di questo criterio progettuale. |
Prodotti prefabbricati in calcestruzzo, calcestruzzo aerato autoclavato e calcestruzzo vibrocompresso
Al paragrafo 2.3.3, relativo ai prodotti prefabbricati in calcestruzzo, sono state introdotte alcune precisazioni per rendere il criterio più completo e aggiornato. In particolare, nel sottoparagrafo “Criterio”, la dicitura “I prodotti prefabbricati in calcestruzzo” è stata estesa per includere anche i prodotti in calcestruzzo aerato autoclavato e in calcestruzzo vibrocompresso, specificando così l’intera gamma di materiali cui si applicano i requisiti di contenuto minimo di materia riciclata, recuperata o di sottoprodotti.
Nel sottoparagrafo “Verifica”, dopo la frase relativa al criterio progettuale, è stato aggiunto un chiarimento temporaneo: per un periodo di 36 mesi dall’entrata in vigore del documento, le certificazioni dei prodotti soggetti a questo criterio possono riportare solo il valore percentuale totale di materiale riciclato, recuperato o derivante da sottoprodotti, senza la necessità di dettagliare i valori delle singole frazioni.
Decreto 5 Agosto 2024 (senza modifiche) | Decreto 5 Agosto 2024 (con modifiche del D.M. 11 settembre 2025) |
La Relazione tecnica di cui al criterio “2.1.1 Relazione CAM”, illustra in che modo il progetto ha tenuto conto di questo criterio progettuale.
2.3.3 Prodotti prefabbricati in calcestruzzo, in calcestruzzo aerato autoclavato e in calcestruzzo vibro compresso I blocchi per muratura in calcestruzzo aerato autoclavato sono prodotti con un contenuto di materie riciclate, ovvero recuperate, ovvero di sottoprodotti, di almeno il 7,5% sul peso del prodotto, inteso come somma delle tre frazioni. |
La Relazione tecnica di cui al criterio “2.1.1 Relazione CAM”, illustra in che modo il progetto ha tenuto conto di questo criterio progettuale.
2.3.3 Prodotti prefabbricati in calcestruzzo, in calcestruzzo aerato autoclavato e in calcestruzzo vibro compresso I blocchi per muratura in calcestruzzo aerato autoclavato sono prodotti con un contenuto di materie riciclate, ovvero recuperate, ovvero di sottoprodotti, di almeno il 7,5% sul peso del prodotto, inteso come somma delle tre frazioni. Per un periodo di 36 mesi dell’entrata in vigore del presente documento, per i prodotti di cui al presente criterio sono ritenuti conformi le certificazioni del contenuto di riciclato/recuperato/sottoprodotto riportanti il solo valore % totale, senza la specifica del valore delle singole frazioni |
Prodotti di legno o a base legno
Al paragrafo 2.3.5, relativo ai prodotti di legno o a base di legno, nel sottoparagrafo “Verifica” è stata eliminata l’intera dicitura precedente che specificava le modalità di verifica in base alla provenienza del materiale (materie prime vergini, materie prime seconde o legno da recupero).
In altre parole, la parte che indicava come verificare la sostenibilità dei prodotti legnosi, distinguendo tra elementi strutturali, prodotti con materie seconde o legno da recupero, non è più presente nel testo normativo.
Decreto 5 Agosto 2024 (senza modifiche) | Decreto 5 Agosto 2024 (con modifiche del D.M. 11 settembre 2025) |
Tutti i prodotti di legno o a base legno utilizzati nel progetto, se costituiti da materie prime vergini, come nel caso degli elementi strutturali, devono provenire da foreste gestite in maniera sostenibile come indicato alla lettera a) della verifica o, se costituiti prevalentemente da materie prime seconde, rispettare le percentuali di riciclato come indicato alla lettera b). Qualora il prodotto sia costituito da legno da recupero le verifica del rispetto del criterio fa riferimento al punto c). Verifica Tutti i prodotti di legno o a base legno utilizzati nel progetto, se costituiti da materie prime vergini, come nel caso degli elementi strutturali, devono provenire da foreste gestite in maniera sostenibile come indicato alla lettera a) della verifica o, se costituiti prevalentemente da materie prime seconde, rispettare le percentuali di riciclato come indicato alla lettera b). Qualora il prodotto sia costituito da legno da recupero le verifica del rispetto del criterio fa riferimento al punto c).Verifica La relazione di cui al criterio “2.1.1 Relazione CAM”, illustra in che modo il progetto ha tenuto conto di questo criterio progettuale e indica quali sono i componenti che concorrono al raggiungimento delle percentuali indicate. Inoltre: |
Tutti i prodotti di legno o a base legno utilizzati nel progetto, se costituiti da materie prime vergini, come nel caso degli elementi strutturali, devono provenire da foreste gestite in maniera sostenibile come indicato alla lettera a) della verifica o, se costituiti prevalentemente da materie prime seconde, rispettare le percentuali di riciclato come indicato alla lettera b). Qualora il prodotto sia costituito da legno da recupero le verifica del rispetto del criterio fa riferimento al punto c). Verifica Tutti i prodotti di legno o a base legno utilizzati nel progetto, se costituiti da materie prime vergini, come nel caso degli elementi strutturali, devono provenire da foreste gestite in maniera sostenibile come indicato alla lettera a) della verifica o, se costituiti prevalentemente da materie prime seconde, rispettare le percentuali di riciclato come indicato alla lettera b). Qualora il prodotto sia costituito da legno da recupero le verifica del rispetto del criterio fa riferimento al punto c).Verifica La relazione di cui al criterio “2.1.1 Relazione CAM”, illustra in che modo il progetto ha tenuto conto di questo criterio progettuale e indica quali sono i componenti che concorrono al raggiungimento delle percentuali indicate. Inoltre: |
Rinterri e riempimenti
Relativamente ai rinterri e riempimenti presenti nel paragrafo 2.4.4, , è stato aggiunto un chiarimento specifico sui materiali con contenuto di riciclato pari al 100% nel sottoparagrafo “Verifica”.
In particolare, se un prodotto è costituito esclusivamente da materiale derivante da un processo End of Waste autorizzato per il recupero e riciclaggio di rifiuti, il fabbricante può dimostrare questa percentuale tramite gli schemi di certificazione o gli strumenti previsti dal criterio “2.1.2 Contenuti del capitolato speciale d’appalto”. In alternativa, può fornire una dichiarazione del fabbricante che indichi chiaramente il contenuto di riciclato del 100%, accompagnata dall’autorizzazione al recupero e dalla documentazione prevista dalla normativa per l’EoW.
Nel caso in cui il prodotto sia soggetto a marcatura CE, la dichiarazione del fabbricante può essere sostituita dalla Dichiarazione di Prestazione (DoP) del prodotto, purché riporti in modo chiaro anche la percentuale di contenuto di riciclato del 100%.
Decreto 5 Agosto 2024 (senza modifiche) | Decreto 5 Agosto 2024 (con modifiche del D.M. 11 settembre 2025) |
Verifica
La Relazione CAM, di cui criterio “2.1.1 Relazione CAM”, illustra in che modo il progetto ha tenuto conto di questo criterio progettuale. I singoli materiali utilizzati sono conformi alle pertinenti specifiche tecniche di cui al capitolo “2.3 Specifiche tecniche per i prodotti da costruzione”. Per le miscele (betonabili o legate con leganti idraulici), oltre alla documentazione di verifica prevista nei pertinenti criteri, è presentata anche la documentazione tecnica del fabbricante per la qualifica della miscela. |
Verifica
La Relazione CAM, di cui criterio “2.1.1 Relazione CAM”, illustra in che modo il progetto ha tenuto conto di questo criterio progettuale. I singoli materiali utilizzati sono conformi alle pertinenti specifiche tecniche di cui al capitolo “2.3 Specifiche tecniche per i prodotti da costruzione”. Per un materiale il cui contenuto di riciclato è pari al 100%, in quanto costituito esclusivamente da materiale derivante da un processo End of Waste (EoW) autorizzato per il recupero e riciclaggio di un rifiuto, realizzato dal fabbricante del prodotto, è possibile dimostrare tale percentuale mediante gli schemi di certificazione o strumenti di cui al criterio “2.1.2 Contenuti del capitolato speciale d’appalto”, oppure mediante una dichiarazione del fabbricante, che riporti chiaramente l’indicazione della percentuale di contenuto di riciclato del 100% del prodotto, accompagnata dall’autorizzazione al recupero e dalla documentazione prevista dalla legge per l’EoW. Nel caso in cui Per le miscele (betonabili o legate con leganti idraulici), oltre alla documentazione di verifica prevista nei pertinenti criteri, è presentata anche la documentazione tecnica del fabbricante per la qualifica della miscela. |
Modalità di gestione dell’impianto produttivo di conglomerato bituminoso
Il decreto introduce aggiornamenti significativi relativi agli impianti di produzione del conglomerato bituminoso, con l’obiettivo di migliorare la sostenibilità ambientale e ottimizzare la gestione delle materie prime. In primo luogo, viene chiarito che gli impianti devono essere attrezzati per la corretta gestione dei materiali e per ridurre l’impatto ambientale, con linee e dispositivi adeguati alla percentuale di recupero prevista in progetto.
Una novità importante riguarda lo stoccaggio dei materiali. Ora si specifica che sabbie e granulato di conglomerato bituminoso, destinati alla miscelazione, devono essere conservati sotto tettoie o in capannoni ventilati. Questo accorgimento consente di ridurre i consumi energetici necessari per eliminare l’umidità e, contemporaneamente, di ridurre le emissioni odorigene.
Il decreto amplia anche le possibilità di utilizzo di fonti energetiche più sostenibili. Oltre al gas metano e al biometano, ora è previsto l’impiego, anche combinato, di GPL, bio GPL, HVO (Hydrotreated Vegetable Oil), biodiesel e bioetanolo per il riscaldamento degli aggregati. In aggiunta, l’impiego dei pannelli fotovoltaici viene separato in un punto specifico, per alimentare le utenze elettriche dell’impianto, garantendo maggiore flessibilità e chiarezza nell’uso delle fonti energetiche rinnovabili.
Rimane invariata la necessità di una corretta gestione dei fumi, delle polveri e delle emissioni odorigene, con indicazioni più ordinate e coerenti grazie alla nuova numerazione dei punti.
Decreto 5 Agosto 2024 (senza modifiche) | Decreto 5 Agosto 2024 (con modifiche del D.M. 11 settembre 2025) |
L’appaltatore si rifornisce in impianti per la produzione di conglomerato bituminoso idonei alla lavorazione del conglomerato bituminoso di recupero.
L’impianto di produzione del conglomerato bituminoso deve essere attrezzato per una corretta gestione delle materie prime e per la riduzione degli impatti ambientali. In particolare, gli impianti devono essere attrezzati con linee e dispositivi atti all’introduzione del granulato, adeguati alla percentuale di recupero prevista in progetto. |
L’appaltatore si rifornisce in impianti per la produzione di conglomerato bituminoso idonei alla lavorazione del conglomerato bituminoso di recupero.
L’impianto di produzione del conglomerato bituminoso deve essere attrezzato per una corretta gestione delle materie prime e per la riduzione degli impatti ambientali. In particolare, gli impianti devono essere attrezzati con linee e dispositivi atti all’introduzione del granulato, adeguati alla percentuale di recupero prevista in progetto. a)lo stoccaggio delle sabbie e del granulato di conglomerato bituminoso, immediatamente destinati alla miscelazione del conglomerato bituminoso, sotto una tettoia o in un capannone ventilato (consentendo così di ridurre i consumi energetici necessari per eliminare l’umidità contenuta nel materiale e al tempo stesso ridurre le emissioni odorigene); |
Infine, le norme del decreto si applicano anche ai procedimenti già avviati alla sua entrata in vigore, comprese gare e contratti di servizi di progettazione, lavori o progettazione esecutiva, sia che siano stati pubblicati bandi o avvisi, sia che siano stati inviati inviti a presentare offerta. È inclusa anche la progettazione interna alle stazioni appaltanti, anche se il Documento di Indirizzo alla Progettazione (DIP) è già approvato.
Quando queste norme si applicano, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono garantire tempi adeguati per la presentazione delle offerte, mentre per l’esecuzione dei contratti valgono le regole previste dal decreto legislativo n. 36/2023.
In alcuni casi, le disposizioni del decreto ministeriale del 5 agosto 2024 possono essere derogate. Questo avviene, ad esempio, per la progettazione esecutiva derivante da progetti di fattibilità non soggetti al decreto, o per lavori e contratti congiunti basati su progetti non soggetti al decreto, a condizione che i bandi o gli inviti a presentare offerte siano pubblicati o inviati entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto.
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