Il TAR Lazio, con la sentenza n. 16146 del 10 settembre 2025, ha fornito alcune precisazioni di rilievo in materia di affidamento di servizi di natura intellettuale, soffermandosi su tre aspetti spesso controversi:
- l’obbligo (o meno) di indicare i costi della manodopera e il contratto collettivo applicabile;
- la legittimità del ricorso a lavoratori autonomi per prestazioni accessorie;
- la presunta indeterminatezza di offerte che includono risorse aggiuntive.
Offerta migliorativa e principio di immodificabilità: quando l’extra non è una violazione
Uno dei punti di contesa riguardava l’offerta presentata dall’aggiudicatario, un raggruppamento temporaneo d’imprese (RTI), che aveva proposto un gruppo di lavoro più ampio di quello richiesto dalla gara, il cosiddetto “flexible pool“. Il ricorrente ha sostenuto che questa fosse un’offerta plurima o alternativa, in violazione del principio di immodificabilità.
Il TAR, tuttavia, ha respinto questa argomentazione, stabilendo un principio di grande rilevanza: un miglioramento opzionale e gratuito non costituisce una modifica dell’offerta. La sentenza ha precisato che la valorizzazione di risorse aggiuntive, che non alterano le condizioni essenziali della prestazione e il cui costo non è riportato nell’offerta economica, non viola la par condicio tra i concorrenti. L’aggiudicatario si è limitato a offrire un servizio più performante senza alterare i termini contrattuali o il prezzo base, dimostrando l’unicità e la serietà della sua proposta.
L’offerta plurima o alternativa si configura solo quando un concorrente presenta due o più opzioni reciprocamente incompatibili o che generano incertezza sull’oggetto della proposta. Un’offerta che introduce un miglioramento, senza modificare gli elementi economici o le specifiche essenziali, non solo è lecita ma può rappresentare un punto di forza.
Sub-affidamenti e lavoratori autonomi
Altro punto fondamentale riguarda la possibilità di affidare a lavoratori autonomi alcune attività secondarie. Il TAR ha chiarito che, trattandosi di prestazioni accessorie e non prevalenti, non si ricade nella disciplina restrittiva del subappalto prevista dal D.lgs. 36/2023.
Per esempio, in un incarico di direzione lavori, l’appaltatore principale può affidare ad un consulente esterno attività specifiche come rilievi topografici o verifiche specialistiche, senza che ciò costituisca “subappalto” in senso stretto.
Servizi a “natura intellettuale” e costi della manodopera
L’ultimo e forse più tecnico punto della sentenza riguarda l’obbligo di indicare i costi della manodopera e il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) applicato. Il ricorrente ha lamentato la mancata indicazione di questi elementi sia nell’offerta dell’aggiudicatario sia nei documenti di gara.
Il TAR ha rigettato anche questa argomentazione, confermando che l’appalto in questione è da qualificarsi come servizio di natura prevalentemente intellettuale. La giurisprudenza ha chiarito che i servizi intellettuali si distinguono per l’impossibilità di standardizzare le prestazioni, che richiedono un’elevata componente professionale e l’ideazione di soluzioni personalizzate. La presenza di un pool di persone non è sufficiente, di per sé, a snaturare l’appalto, se la prevalenza del lavoro è concettuale e non meramente esecutiva.
Per questa tipologia di servizi, la sentenza ha ribadito un principio consolidato: non vi è l’obbligo di indicare separatamente i costi della manodopera. Di conseguenza, è venuto meno anche il motivo di ricorso legato alla mancata indicazione del CCNL.