Il TAR Lazio chiarisce i casi in cui la CILA è insufficiente per il cambio di destinazione d’uso, sottolineando la necessità di permessi in presenza di modifiche urbanistiche rilevanti.
Molti pensano che trasformare uno spazio accessorio come una cantina, un locale seminterrato in una sala prove musicale sia una questione semplice, ma non è sempre così. Quando l’uso cambia e lo spazio si trasforma, entrano in gioco norme urbanistiche e edilizie stringenti che non ammettono scorciatoie. Capire quando serve un permesso e quando invece basta una comunicazione come la CILA può evitare spiacevoli sorprese e sanzioni.
La sentenza n. 15623-2025 del Tar Lazio offre un importante chiarimento su quei casi in cui la musica in cantina potrebbe diventare un problema di legalità.
Da magazzino a sala musica: la CILA è davvero sufficiente?
Uno dei ricorrenti del caso affrontato dal Tar è comproprietario dell’immobile in questione. Nel 2016 è stato presentato un esposto al Comune che vi segnalava lavori edilizi; nel 2017, dopo sopralluogo, sono stati rilevati interventi abusivi effettuati al piano seminterrato di circa 400 m2, originariamente adibito a magazzino, trasformato in una sala di registrazione musicale con opere interne di tramezzatura e la creazione di un locale wc.
Nel 2017 è stata presentata una CILA per manutenzione straordinaria riferita a modifiche interne, dichiarata senza aumento di superficie né carico urbanistico. Nel 2019 è nata un associazione culturale no profit che ha ricevuto in comodato l’immobile. Nel 2021 gli uffici comunali hanno ribadito che si trattava di un cambio di destinazione d’uso abusivo da deposito a sala di registrazione con incremento di carico urbanistico, non autorizzato.
È stata quindi emessa una determina di sospensione dei lavori e nel 2022 il Comune ha definitivamente accertato la natura abusiva delle opere realizzate, sottolineando che la trasformazione richiedeva un permesso di costruire e non poteva essere coperta da CILA. Nel 2023 il Comune ha ordinato la demolizione o rimozione degli interventi edilizi abusivi.
I ricorrenti hanno impugnato gli atti comunali sostenendo:
- erronea interpretazione delle norme edilizie e urbanistiche (D.P.R. 380/2001, D.M. 2 marzo 2018, art. 71 D.Lgs. 117/2017);
- vizio procedurale, mancata istruttoria e abuso di potere;
- la natura delle opere, amovibili e interne, legittima la realizzazione con CILA senza aumento di volume o variazione strutturale;
- la destinazione d’uso dell’associazione, ente del terzo settore, sarebbe compatibile con zone territoriali ai sensi del D.M. 1444/1968, indipendentemente dalla destinazione urbanistica originaria;
- la modifica d’uso funzionale (senza opere) dovrebbe essere libera e non soggetta ad autorizzazione edilizia;
- alla CILA originaria del 2017 sarebbe seguito un intervento sanante nel 2023, sospendendo l’efficacia dell’ordine di demolizione.
Il Comune ha resistito, sostenendo che:
- il cambio di destinazione d’uso da magazzino (categoria C2) a sala di registrazione musicale ha comportato un aumento della superficie utile lorda e del carico urbanistico, non autorizzato da un permesso di costruire o SCIA alternativa;
- la semplice presentazione di una CILA, e ancor meno ex post, non può legittimare un intervento che integra una vera ristrutturazione edilizia con mutamento della destinazione d’uso;
- la giurisprudenza conferma che la trasformazione di locali accessori in ambienti abitabili o destinati a uso direzionale/commerciale integra modifiche rilevanti soggette a permesso di costruire;
- l’art. 71 del D.Lgs. 117/2017, che disciplina le zone in cui gli enti del terzo settore possono operare, non esclude l’applicazione delle norme edilizie e igienico-sanitarie necessarie per garantire abitabilità e sicurezza, che richiedono il rilascio del titolo abilitativo;
- l’attività svolta dall’associazione implica la presenza continuativa di persone, incompatibile con la destinazione a magazzino;
- le due CILA, del 2017 e la sanatoria del 2023, sono inidonee a sanare la situazione, essendo intervenute entrambe dopo la realizzazione delle opere abusive.
Tar Lazio: il mutamento di destinazione d’uso da locale accessorio a spazio ad attività funzionalmente autonome con aumento di carico urbanistico non può essere legittimato mediante CILA, ma richiede titolo abilitativo specifico
Il TAR ha rigettato il ricorso e i motivi aggiunti, ritenendoli infondati. Ha evidenziato che:
- l’ordinanza di sospensione del 2021 è cessata di efficacia, ma resta valido l’accertamento del 2022 e l’ingiunzione alla demolizione;
- la destinazione d’uso originaria dell’immobile è quella di magazzino e nessun titolo successivo ha legittimato un diverso uso;
- il mutamento di destinazione d’uso rilevante è un vero e proprio intervento di ristrutturazione edilizia che necessita del permesso di costruire o SCIA alternativa, non sostituibile con CILA;
- il mutamento del caso in esame rileva urbanisticamente e comporta l’aumento del carico urbanistico e superficie utile lorda: un magazzino è spazio accessorio non concepito per ospitare persone; Le opere realizzate al piano interrato determinano un cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante con le correlate conseguenze in termini di qualificazione dell’intervento e delle connesse conseguenze sanzionatorie. A differenza dell’ipotesi in cui il garage venga trasformato – con o senza opere – in magazzino o deposito, rimanendo quindi spazio accessorio, senza permanenza di persone, la trasformazione in vano destinato alla residenza, anche a tralasciare i profili igienico-sanitari di abitabilità, si configura come un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l’originario permesso di costruire.” (CdS, VII, 31 gennaio 2024, n. 954).
- Il ruolo dell’associazione come ente del terzo settore non neutralizza gli obblighi urbanistici e edilizi né la necessità dei titoli abilitativi;
- la giurisprudenza afferma che anche il solo mutamento senza opere richiede comunque conformità alle disposizioni urbanistiche e quindi un’effettiva autorizzazione;
- le CILA presentate, essendo successive e senza efficacia sanante riguardo gli abusi già realizzati, non possono legittimare l’intervento.
Per tali motivi, il ricorso non è stato accolto.