Tratto da: Lavori Pubblici  

Come deve essere interpretata la lex specialis quando non prevede espressamente una sanzione espulsiva? La mancata produzione di un allegato formale può comportare l’esclusione del concorrente, anche se i dati richiesti risultano comunque presenti nell’offerta? E, soprattutto, quale ruolo assume oggi il principio del risultato nelle procedure di gara regolate dal nuovo Codice dei contratti (D.Lgs. n. 36/2023)?

 

Tra le maggiori innovazioni del nuovo Codice dei contratti, i principi generali contenuti del Titolo I, Parte I, del Libro I, rappresentano probabilmente quelle sulle quali è stato necessario soffermarsi di più. Soprattutto il principio del risultato (art. 1) e quello della fiducia (art. 2) hanno già generato una copiosa giurisprudenza, alla quale si aggiunge la recente sentenza n. 2642 del 14 luglio 2025, mediante la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia ha affrontato una controversia relativa all’affidamento di un servizio di ristorazione scolastica.

Al centro della vicenda, la contestazione sulla mancata allegazione di una tabella tecnica da parte dell’aggiudicataria e la conseguente richiesta di esclusione avanzata dalla ricorrente. Occasione ideale per il TAR che ha ribadito un concetto già espresso dalla giustizia amministrativa: il nuovo Codice dei contratti pubblici deve essere letto alla luce del principio del risultato, che orienta l’azione amministrativa verso la tutela sostanziale dell’interesse pubblico, riducendo al minimo il peso dei formalismi non essenziali.

Nel caso di specie, il TAR ha respinto il ricorso principale del ricorrente, ritenendo infondata la censura relativa all’omessa produzione della “Tabella n. 1”. La lex specialis, infatti, non prevedeva alcuna comminatoria di esclusione per tale mancanza e i dati richiesti risultavano comunque contenuti in altri allegati dell’offerta tecnica.

La gara, interamente gestita in via telematica, aveva ad oggetto un appalto di durata quinquennale dal valore stimato di oltre otto milioni di euro, con facoltà di proroga per alcuni mesi. Alla procedura hanno preso parte soltanto due operatori economici, entrambi ammessi dopo la verifica della documentazione amministrativa.

La Commissione, nel corso delle sedute, ha attribuito i punteggi tecnici e chiesto chiarimenti sulla documentazione presentata, che sono stati forniti dai concorrenti. Nella fase finale, relativa alle offerte economiche, il raggruppamento poi risultato aggiudicatario ha consolidato il proprio vantaggio in graduatoria.

L’amministrazione ha quindi disposto l’aggiudicazione e la stipula del contratto. L’altro operatore ha impugnato l’esito davanti al TAR, denunciando violazioni dei principi di par condicio, segretezza e corretta applicazione dei criteri tecnici, chiedendo l’annullamento dell’aggiudicazione o, in subordine, il risarcimento del danno.

Entrando nel dettaglio, vengono avanzate le seguenti censure:

  • contestazione della mancata produzione della “tabella n. 1” da parte dell’aggiudicataria, ritenuta una violazione grave e tale da comportare l’esclusione dalla gara o, in subordine, l’assegnazione di punteggio nullo sul criterio B.1 relativo alle soluzioni migliorative delle derrate.
  • critica all’ammissione da parte della Stazione appaltante di documentazione integrativa presentata dall’aggiudicataria in un momento successivo, ritenuta un uso illegittimo del soccorso istruttorio. Secondo la ricorrente, tale modalità (file Word/Excel senza marcatura temporale) avrebbe violato principi fondamentali come digitalizzazione, segretezza, immodificabilità dell’offerta, par condicio e fiducia.
  • in via ulteriormente subordinata, si lamenta che l’aggiudicataria avrebbe dovuto ricevere un punteggio più basso (almeno 2,02 punti in meno) perché avrebbe offerto quantità di derrate superiori a quelle consentite dalle prescrizioni dei CAM, senza che la Commissione rilevasse tale anomalia.

    Sul primo profilo di ricorso, relativo alla mancata produzione della tabella n. 1, il TAR Lombardia ha chiarito che la censura non può trovare accoglimento. La lex specialis, infatti, non prevedeva alcuna comminatoria di esclusione in caso di omissione e limitava le cause espulsive ai soli documenti espressamente indicati a pena di esclusione.

    Da qui l’impossibilità di estendere la portata sanzionatoria a un allegato che aveva la funzione di agevolare la redazione dell’offerta, senza costituire di per sé oggetto di valutazione. È vero che il modello veniva definito “obbligatorio”, ma il Collegio ha richiamato l’orientamento consolidato secondo cui né l’avverbio “obbligatoriamente” né il verbo “dovere” bastano a giustificare un’esclusione, trattandosi di un’ipotesi da interpretare sempre in senso restrittivo.

    L’aspetto decisivo è che i dati richiesti dalla tabella erano comunque presenti nella documentazione tecnica presentata dall’aggiudicataria: ciò che rileva, dunque, è il contenuto sostanziale e non la veste formale.

    In questo senso, il TAR ribadisce che il nuovo Codice, con il principio del risultato, impone di dare prevalenza all’effettiva idoneità dell’offerta a soddisfare l’interesse pubblico, senza sacrificare la concorrenza e la par condicio a formalismi privi di incidenza reale.

    Quanto al secondo profilo, centrato sull’uso del soccorso istruttorio, il TAR sottolinea come la documentazione richiesta all’aggiudicataria non abbia comportato una modifica dell’offerta, ma soltanto una precisazione di dati già presenti negli allegati tecnici.

    Non si è trattato, dunque, di un’integrazione sostanziale, bensì di un chiarimento volto a rendere più intellegibile il contenuto dell’offerta stessa. Di conseguenza, non viene in rilievo alcuna violazione della par condicio o dei principi di segretezza e immodificabilità.

    Anche qui il Collegio richiama un approccio “sostanzialistico”: ciò che conta non è il supporto tecnico (Word o Excel) o il momento formale dell’invio, ma la garanzia che i contenuti non abbiano alterato l’offerta originaria.

    In quest’ottica, il principio del risultato torna ad assumere valore dirimente: la procedura non può essere messa in discussione per aspetti meramente formali se la sostanza del confronto concorrenziale rimane intatta e trasparente.

    Sul terzo profilo, con cui la ricorrente chiedeva una riduzione del punteggio tecnico attribuito all’aggiudicataria per presunta violazione delle prescrizioni sui quantitativi delle derrate, il TAR ha ritenuto la doglianza infondata.

    La Commissione, infatti, aveva esaminato l’offerta alla luce dei criteri di gara e non aveva riscontrato eccedenze tali da incidere sulla valutazione. Anche in questo caso il Collegio valorizza un approccio sostanziale: non basta ipotizzare uno scostamento quantitativo per pretendere un abbattimento del punteggio, occorre dimostrare che tale scostamento abbia realmente compromesso la par condicio o l’equilibrio della valutazione.

    In assenza di evidenze oggettive, la scelta della Commissione rimane espressione di discrezionalità tecnica non sindacabile, tanto più se coerente con il principio del risultato che impone di concentrarsi sull’idoneità complessiva dell’offerta a soddisfare l’interesse pubblico.

    Per comprendere appieno la decisione occorre richiamare il sistema dei principi introdotto dal nuovo Codice. Il ragionamento del TAR si innesta direttamente nel sistema di principi introdotto dal D.Lgs. n. 36/2023.

    L’art. 1, comma 2 – “La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del presente decreto, di seguito denominato «codice» e ne assicura la piena verificabilità” – attribuisce al principio del risultato un ruolo prioritario, trasformandolo da mero criterio interpretativo a vero e proprio parametro precettivo per l’azione amministrativa.

    Si tratta di un cambio di prospettiva significativo: non più solo regole a presidio della concorrenza, ma un insieme di principi destinati a garantire che l’attività contrattuale della pubblica amministrazione produca concretamente il miglior esito possibile per l’interesse pubblico.

    Il successivo art. 4 (Criterio interpretativo e applicativo) conferma questa impostazione, indicando chiaramente i principi generali che devono guidare le stazioni appaltanti – legalità, trasparenza, fiducia e risultato – e attribuendo loro una funzione sistematica che permea l’intera disciplina.

    La giurisprudenza amministrativa si è già più volte espressa in questo senso: si pensi, ad esempio, alla sentenza del Consiglio di Stato n. 1439/2024, che ribadisce come le clausole di gara vadano interpretate in base al loro tenore letterale e che, in caso di dubbio, occorra applicare il favor partecipationis. Lo stesso Consiglio di Stato, con la decisione n. 9719/2022, ha ricordato che le cause di esclusione sono tassative e non suscettibili di estensione.

    In questo quadro, il TAR Lombardia non fa altro che rafforzare una linea già consolidata: le regole di gara devono essere applicate con rigore, ma sempre nella prospettiva di assicurare il risultato, evitando che formalismi privi di sostanza diventino ostacolo alla partecipazione.

    Dal punto di vista operativo, la sentenza offre indicazioni molto concrete. Anzitutto, viene confermata la centralità del principio del risultato, che diventa il faro per la valutazione delle offerte: ciò che conta non è la forma esteriore dei documenti, ma la presenza effettiva dei dati e delle informazioni necessarie a garantire un confronto leale tra gli operatori.

    Questo approccio contribuisce a ridimensionare il peso dei formalismi: l’omessa allegazione di un documento non accompagnata da una chiara comminatoria espulsiva non può tradursi automaticamente in esclusione, soprattutto se i contenuti sono già stati resi disponibili attraverso altri allegati. In tal modo si rafforza anche il principio di favor partecipationis, che invita a privilegiare la massima apertura del mercato e la più ampia competizione possibile.

    La pronuncia incide anche sul delicato tema del soccorso istruttorio: la decisione mostra come le richieste della stazione appaltante non possano trasformarsi in un’inammissibile integrazione dell’offerta, ma devono restare limitate a chiarimenti che non ne alterino la sostanza.

    In definitiva, il messaggio è chiaro: il Codice dei contratti non va letto come un insieme di trappole formali, ma come uno strumento volto a consentire alle amministrazioni di conseguire nel modo più efficace il proprio interesse pubblico.

    Il TAR Lombardia, con la sentenza n. 2642/2025, ha respinto il ricorso, confermando la legittimità dell’aggiudicazione e fornito alcune chiare indicazioni operative alle stazioni appaltanti che dovranno sempre:

    • verificare che le cause di esclusione siano tassative e non estendibili oltre quanto espressamente previsto;
    • interpretare la lex specialis privilegiando la sostanza e l’interesse pubblico rispetto a rigidità formali;
    • applicare il principio del risultato come criterio guida per ogni scelta discrezionale;
    • gestire con cautela il soccorso istruttorio, limitandolo a chiarimenti che non alterino l’offerta.

    Indicazioni certamente utili anche agli operatori economici: la decisione del TAR conferma che il rispetto sostanziale delle prescrizioni prevale sugli aspetti meramente formali, rafforzando la tutela della partecipazione e della concorrenza effettiva.

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