Tratto da: Lavori Pubblici  

Quando può dirsi legittima l’applicazione del principio di equivalenza nelle gare? Quali limiti incontra la discrezionalità tecnica della Commissione nella valutazione delle offerte? È sufficiente una motivazione implicita per giustificare il punteggio massimo a un prodotto difforme rispetto ai requisiti minimi del bando?

 

Sono questi gli interrogativi al centro della sentenza del 3 luglio 2025 n. 5029 con cui il TAR Campania ha accolto il ricorso di un operatore economico secondo classificato, annullando l’aggiudicazione disposta all’esito di una gara telematica per l’acquisto di apparecchiature medicali. Il nodo della controversia ruota attorno alla portata applicativa del principio di equivalenza funzionale, alla valutazione dei requisiti tecnici minimi e all’obbligo di motivazione delle scelte discrezionali della stazione appaltante.

Nel caso in esame, la ricorrente, seconda classificata, ha impugnato l’aggiudicazione lamentando che il prodotto offerto dalla controinteressata fosse carente di almeno sei requisiti minimi indicati nella documentazione di gara, non sanabili attraverso il ricorso al principio di equivalenza funzionale. La Stazione Appaltante, pur sollecitata a rivedere la valutazione, ha confermato la precedente decisione senza fornire una motivazione specifica.

Il ricorso ha contestato due profili principali:

  • l’ammissione della controinteressata nonostante la difformità strutturale del prodotto offerto rispetto alle specifiche minime;
  • l’illogicità dell’attribuzione del punteggio massimo su alcuni parametri qualitativi, malgrado l’assenza di caratteristiche tecniche dichiarate come “non disponibili”.

La ricorrente ha sostenuto che le difformità rilevate non riguardavano specifiche secondarie ma caratteristiche essenziali, la cui mancanza avrebbe dovuto determinare l’esclusione o, quanto meno, una penalizzazione in termini di punteggio.

Una tesi che il TAR ha condiviso, specificando come la SA abbia superato i limiti della discrezionalità concessi dall’ordinamento nella valutazione delle offerte. Vediamo il perché.

Nel valutare il caso, il Collegio ha ribadito i principi consolidati in materia:

  • il principio di equivalenza si fonda sul diritto unionale ed è finalizzato ad ampliare la partecipazione e la concorrenza, consentendo l’ammissione di prodotti con specifiche diverse, purché funzionalmente idonei allo scopo.
  • tale principio è applicabile anche ai requisiti minimi, ma solo se questi sono finalizzati a un obiettivo chiaramente identificabile e raggiungibile con soluzioni alternative;
  • il giudizio di equivalenza può essere implicito solo quando la documentazione tecnica dell’offerta consente di ricavare chiaramente la conformità funzionale. In caso contrario, è necessario motivare espressamente.

Nel caso di specie, la Commissione si è limitata ad affermare l’equivalenza, senza fornire elementi che consentissero di comprendere in che modo il prodotto, pur difforme, fosse in grado di soddisfare lo scopo perseguito dalla lex specialis.

Proprio per questo motivo il TAR ha dovuto sostituirsi alla stazione appaltante nella valutazione. 

In via generale, va ricordato che la discrezionalità tecnica delle stazioni appaltanti non è insindacabile: il giudice amministrativo può sindacarla nei casi di manifesta illogicità, contraddittorietà, travisamento dei fatti o carenza istruttoria, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.

Nel caso concreto, la Commissione si era limitata a ritenere implicitamente “equivalente” un prodotto che presentava evidenti difformità strutturali rispetto alle specifiche richieste. Tuttavia:

  • non risultava alcuna motivazione espressa o tecnica a supporto del giudizio di equivalenza;
  • la documentazione tecnica allegata dall’aggiudicataria non consentiva di ricavare nemmeno in via implicita la conformità funzionale del prodotto alle esigenze dell’Amministrazione;
  • non erano stati esplicitati gli scopi funzionali dei requisiti minimi richiesti, tali da permettere alla Commissione di valutare correttamente un’alternativa tecnica.

In questa situazione, l’omessa motivazione e l’assenza di un’istruttoria tecnica adeguata hanno determinato un vizio di eccesso di potere, rendendo il giudizio di equivalenza non solo opinabile, ma manifestamente irragionevole e tecnicamente insostenibile.

Tra le difese sollevate dalla controinteressata, vi è stata anche quella relativa alla presunta configurabilità di un “bando fotografia”, ovvero di una lex specialis eccessivamente dettagliata e selettiva, tale da prefigurare – di fatto – un solo possibile prodotto in grado di soddisfarne i requisiti tecnici.

Il cosiddetto bando fotografia si verifica quando l’Amministrazione, nel predisporre le specifiche tecniche della gara, delinea la prestazione richiesta in modo talmente preciso e modellato su un prodotto specifico da restringere ingiustificatamente il confronto concorrenziale, violando i principi di imparzialità, parità di trattamento e massima apertura al mercato.

Nel caso di specie, tuttavia, il TAR ha escluso questa eventualità. È stato infatti accertato, anche mediante la produzione documentale in giudizio, che esistevano sul mercato almeno due dispositivi conformi ai requisiti minimi fissati dalla lex specialis: quello offerto dalla ricorrente e un ulteriore strumento prodotto da altro operatore economico.

Pertanto, le caratteristiche tecniche richieste non erano ritagliate su misura per un solo fornitore, ma individuavano prestazioni oggettivamente riscontrabili in più prodotti disponibili sul mercato. Nessuna clausola escludente o artificiosamente selettiva è stata dunque ravvisata dal Collegio.

Il ricorso è stato accolto, determinando l’annullamento dell’aggiudicazione e la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato, chiarendo così che:

  • il principio di equivalenza non può essere usato in modo generico o difensivo per giustificare l’ammissione di prodotti non conformi alle specifiche minime del bando;
  • la motivazione del giudizio di equivalenza è necessaria e deve fondarsi su una comparazione tecnica concreta e verificabile;
  • l’attribuzione del punteggio deve essere coerente con le prestazioni effettivamente offerte, pena il vizio di eccesso di potere per illogicità o arbitrarietà;
  • la discrezionalità tecnica non è insindacabile, quando si traduce in una valutazione manifestamente irragionevole o priva di fondamento istruttorio.
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