tratto da biblus.acca.it

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 5602/2025, dichiara illegittimo l’affidamento diretto alla RAI dell’organizzazione e sfruttamento economico e commerciale del Festival di Sanremo. Ci si trova di fronte ad una manifestazione culturale storica, di grande interesse pubblico, ma neppure in questi casi si può derogare ai principi dell’evidenza pubblica e della concorrenza.

La vicenda inizia nel marzo del 2023, quando una società di edizione musicale, produzione e realizzazione di eventi e opere a carattere musicale, trasmette al Comune di Sanremo una manifestazione d’interesse ad acquisire la titolarità dei diritti di sfruttamento economico e commerciale del Festival di Sanremo e del relativo marchio, in vista della scadenza della convenzione Comune di Sanremo/RAI per l’organizzazione della 72.ma e 73.ma edizione del Festival.

Il Comune di Sanremo ha tentato di giustificare l’affidamento diretto invocando 3 linee argomentative:

  1. tutela del patrimonio culturale immateriale, sulla base della Convenzione UNESCO del 2003. Il Collegio ha tuttavia escluso che il Festival possa essere ricondotto a tale categoria, evidenziandone l’assenza di ritualità comunitaria e riconoscimento formale;
  2. cooperazione istituzionale atipica, secondo cui l’intesa con RAI sarebbe una scelta organizzativa fuori dal perimetro codificato degli appalti. Anche questa tesi è stata respinta: il Consiglio ha rilevato come l’assenza di una formale e motivata scelta di modello organizzativo escluda tale configurazione;
  3. esclusione dal Codice dei contratti pubblici, ex art. 56, lett. f) del D.Lgs. 36/2023, relativo alla produzione di programmi televisivi. Il Consiglio ha invece ritenuto che l’oggetto della concessione non fosse un “programma”, bensì l’uso esclusivo di un marchio pubblico e l’organizzazione di una manifestazione autonoma, attività non rientranti nella deroga invocata.

Il Festival è un evento autonomo di titolarità pubblica

Il punto centrale della sentenza ruota attorno alla qualificazione del Festival di Sanremo come evento autonomo di titolarità pubblica, distinto dal format televisivo che lo ha tradizionalmente veicolato. Il marchio “Festival della Canzone Italiana”, registrato e detenuto dal Comune di Sanremo, costituisce un bene immateriale pubblico, il cui sfruttamento economico non può avvenire in via diretta, se non nel rispetto dei principi generali del diritto amministrativo: trasparenza, parità di trattamento e concorrenza.

Il Consiglio ha altresì evidenziato che, pur in assenza di una vera e propria concessione di servizi, l’affidamento dell’uso del marchio genera un rapporto giuridico attivo per l’ente, con effetti economici rilevanti. Tale rapporto, pur sottratto alla piena applicazione delle norme procedurali del Codice dei contratti, resta tuttavia soggetto ai principi generali enunciati negli articoli 1, 2, 3 e 13 del D.Lgs. 36/2023.

Il successo delle edizioni  passate non giustifica l’affidamento diretto!

La sentenza chiarisce che l’evidenza pubblica deve rimanere la regola e che eventuali deroghe devono essere motivate in modo circostanziato. Il consolidato rapporto storico con RAI, il successo delle passate edizioni o l’affinità culturale tra l’emittente e l’evento non sono, secondo il Collegio, elementi idonei a giustificare un affidamento diretto. L’infungibilità del servizio non è stata dimostrata né sussistono peculiarità tali da impedire la concorrenza.

In assenza di una scelta formalizzata che riconosca l’inscindibilità tra produzione televisiva e gestione dell’evento, la rinnovata convenzione con la RAI si configura come una prassi consolidata priva di base normativa, in contrasto con la disciplina vigente.

Il Consiglio di Stato ha rigettato l’appello del Comune: anche eventi simbolici e consolidati, come il Festival di Sanremo, devono rispettare le regole fondamentali del diritto pubblico e della contrattualistica amministrativa.

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